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giovedì 13 agosto 2009

Rinaldini (Fiom) fa il bilancio della lotta dell'Innse

Rinaldini (Fiom) fa il bilancio della lotta dell'Innse

13/08/2009 | Manifesto | Lavoro
«Una vittoria pulita che ridà speranza»


Il segretario della Fiom Gianni Rinaldini adesso può andare in vacanza. Dove? «Non lo so, non ho avuto tempo di pensarci in questi giorni». Dal 2 agosto, con Giorgio Cremaschi (Fiom nazionale) e Maria Sciancati (Fiom milanese), è stato in pianta stabile al presidio in via Rubattino. Ha tenuto i contatti con i cinque «gruisti», martedì notte ha festeggiato l'esito positivo della vicenda.
Che effetto fa vincere? Succede così di rado di questi tempi che uno si disabitua.
Mi sento liberato da una grande angoscia, sereno. Sì, gli operai della Innse hanno vinto. E quindi, con loro, possiamo dire: abbiamo vinto. Ho provato la stessa emozione, lo stesso entusiasmo dei 21 giorni alla Fiat di Melfi. Questa volta però abbiamo vinto a Milano. E la città ne aveva davvero bisogno. Qui l'industria, e il tessuto sociale che le era connesso, hanno subìto una devastazione senza eguali. E' la prima volta da anni che a Milano i lavoratori e il sindacato colgono una vittoria, e così pulita. Certo, il successo parla a tutto il paese, ma io ci tengo a sottolineare il fatto che tutto ciò è avvenuto a Milano.
Proviamo ad analizzare le ragioni di questa vittoria. Il primo elemento è la coincidenza temporale tra il precipitare della vicenda Innse e il precipitare della crisa economica.
La vicenda Innse è una plastica rappresentazione in piccolo dei motivi che hanno prodotto la crisi globale. C'è l'abbandono di un'azienda industriale, regalata a un rottamatore che vuole speculare sulle macchine. Tutte le più fulgide menti giocano sulla roulette della finanza e degli affari immobiliari. Poi scoppiano le bolle e dopo la sbornia ci si accorge che l'industria, la manifattura, ha ancora delle carte da giocare. Vorrà dire qualcosa se in pochi giorni, prima che si facesse avanti il gruppo Camozzi, erano pervenute altre tre manifestazioni d'interesse per acquisire l'Innse e proseguire l'attività industriale. Questa è una sonora smentita per i santoni che, senza neppure conoscere la situazione, dicevano che bisognava mollare, ricollocare altrove i 49 lavoratori e morta lì. Spero che l'esito positivo serva da lezione a questi santoni, li induca a riflettere prima di pontificare. Vadano a leggersi l'accordo. C'è scritto che nell'area dell'Innse di Lambrate si farà attività industriale fino al 2025. Una garanzia per un arco di tempo così lungo è inusuale. Significa che il Gruppo Camozzi crede in quel che fa.
Lo scenario bigio che si annuncia per settembre ha convinto il governo e le forze politiche che lo compongono che una soluzione per la Innse andava trovata?
Hanno annusato l'aria. Hanno capito che nell'opinione pubblica la lotta dell'Innse acquistava popolarità e consenso crescenti. Penso che l'intervento pedagogico di Gianni Letta sulle forze politiche lombarde della maggioranza, che all'inizio non avevano colto la valenza simbolica dell'Innse, sia servito.
Arriviamo a quello che è il cuore della vittoria all'Innse: la qualità, la stoffa, di quei 49 operai.
Questi operai hanno resistito 15 mesi, sono stati sorretti dal rapporto che hanno non con il lavoro, ma con il loro lavoro. E' gente professionalizzata, con un grandissimo orgoglio di mestiere. Cosa rara di questi tempi.
Quelli rimasti sul carroponte per una settimana sono cinquantenni. Uno, addiritutta, di anni ne ha sessanta. E' una razza in via d'estinzione? Non sembrano esserci nuove leve che raccolgano il testimone di un rapporto così intenso con il proprio lavoro.
Tutto dipende dal lavoro che si fa e dalla soggettività che ci metti. Anche in pieno autunno caldo, quando era l'operaio massa a dare la linea, non è che tutti fossero catenari. E pure adesso c'è una differenza abissale tra un operaio provetto alla Fincantieri e uno che gira i bulloni in una fabbrica di lavatrici. Comunque sia, quelli della Innse insegnano che non si è condannati alla pura resistenza. Se c'è un elemento forte di soggettività, si possono ottenere risultati.
E' innegabile che i media abbiano contribuito al successo.
L'azione eclatante ha attirato l'attenzione. Ma questo non spiega tutto, perchè i casi di operai che salgono su una ciminiera o su una torre sono numerosi. E quasi sempre nessuno se li fila. Qui, prima che i cinque salissero sul carroponte, c'era stata una lotta di lunga durata. L'azione eclatante è stata l'ultima mossa, dettata dalla razionalità non dalla disperazione: se lasciavano smontare le macchine, se le lasciavano portare via, per loro era finita.
A proposito di macchine. L'impressione è che i 49 dell'Innse siano innamorati dei loro torni e delle loro alesatrici.
Hanno fatto tre mesi di autogestione gratis. Poi, appena riuscivano a intrufolarsi dentro facevano manutenzione per tenerle pronte. Torniamo al discorso di prima, all'identità con il proprio lavoro che è un elemento in più rispetto all'identità di classe. Il nuovo proprietario, il cavaliere del lavoro Attilio Camozzi, sulle macchine la pensa come gli operai dell'Innse. Senza quelle, non avrebbe comprato.
La grande attenzione data al caso Innse ha suscitato una certa invidia da parte dei lavoratori di altre aziende in lotta. Perché di loro si parla e di noi no?
Sappiamo che i casi si contano a decine. Tocca al sindacato unificare queste lotte, metterle in contatto tra loro. Il Tg3 ha garantito un'ottima copertura alla vicenda Innse e, anche per questo, si è meritato l'attacco di Berlusconi. Bisogna che almeno il servizio pubblico restituisca una fotografia del paese reale, metta al centro il problema del lavoro. Solo così tutte le lotte avranno lo spazio mediatico che si meritano.
All'Innse si è vista all'opera una comunità. Diversa da quelle balorde o malvage di chi si mette insieme per ripulire il territorio da zingari e migranti.
La parola comunità non mi piace, indica qualcosa che esclude invece di includere. Preferisco parlare di esperienza collettiva, in cui si passava da momenti di euforia a momenti di scoramento.
Il tuo giudizio sull'accordo.
Sul versante sindacale è assolutamente pulito. Martedì sera ci avevano presentato una bozza che non contemplava la garanzia della riassunzione per tutti i 49. L'abbiamo corretta e Camozzi ha firmato. Temevamo il graffio finale, non c'è stato.
La Fiom come capitalizzerà la vittoria?
Il successo all'Innse è un messaggio di speranza per tutti i lavoratori, non solo per i metalmeccanici. Dice che la lotta paga, enon è una frase fatta. Ci dà forza per le partite del prossimo autunno, rinnovo del contratto compreso.


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