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sabato 12 settembre 2009

Ventitrè suicidi alla France Telecom

Ventitrè suicidi alla France Telecom, i sindacati: intervenga il governo

di Marina Mastroluca

L’ultima è stata una donna, quasi una ragazza. A 32 anni ha aperto la finestra dell’ufficio dove lavorava ed è volata giù dal quarto piano. È la ventitreesima dipendente di France Telecom a suicidarsi in poco più di un anno. Per l’azienda «era una persona fragile», che non è riuscita a stare al passo nonostante le fosse stato alleggerito il carico di lavoro proprio in ragione delle sue difficoltà. «Aveva appena saputo che avrebbe avuto un nuovo capo», spiegano a France Telecom, come se bastasse. Per i sindacati questa ragazza che a 32 anni preferisce piuttosto schiantarsi su un marciapiede è il segno che il malessere dei lavoratori ha ampiamente superato la soglia critica. «Non chiediamo più l’intervento della direzione di France Telecom, ma quello del governo», ha detto Pierre Morville, delegato sindacale di Cfe-Cgc.

Ventitrè suicidi sul lavoro su 100.000 dipendenti, gli ultimi sei quest’estate. Due solo nell’ultima settimana: mercoledì scorso un tecnico di Troyes si è piantato un coltello nell’addome durante una riunione nella quale aveva appreso che il suo posto di lavoro sarebbe saltato. L’11 agosto scorso un giovane tecnico di 28 si era ucciso lasciando una lettera in cui raccontava il suo disagio e la sua «collera» nei confronti dell’azienda e dei colleghi «che non rispondono quando c’è bisogno di loro» e che lo avevano relegato ad una mansione che considerava «squalificante».

Ed è sempre il lavoro - il lavoro che non c’è più, che cambia, che viene dequalificato - il perno intorno al quale ruotano le ultime parole della schiera di suicidi di France Teelcom. I sindacati hanno sintetizzato in un loro «decalogo» le ragioni della sofferenza: «intensificazione dei ritmi di lavoro», «soppressione dei posti di lavoro», mobilità, perdita di identità professionale, pressioni dell’azienda per spinegere a dimissioni volontarie, «tecniche di management che ricorrono all’intimidazione».

Che l’azienda stia facendo di tutto per spingere i lavoratori ad andarsene non è un mistero. In tre anni 22.000 dipendenti di Framnce Telecom hanno lasciato volontariamente il lavoro. Per Christophe Dejours, co-autore di uno studio sul suicidio nei posti di lavoro, la sofferenza è legata alla riorganizzazione seguita alla privatizzazione dell’azienda condotta «con grande brutalità». Ma non è solo questo. Da oltre un decennio in Francia si sono moltiplicati i suicidi sul lavoro: 300-400 casi all’anno. Tante le cause d’origine ed un solo denominatore comune: il venir meno dela solidarietà tra lavoratori, la perdita del concetto di lavoro collettivo. Senza il paraurti della collettività, l’individuo resta solo. Molti ne soffrono, qualcuno ne muore.

Suicidi a catena si sono verificati anche in altre aziende francesi, come la Renault, la Peugeot e Edf. Ma il caso di France Telecom ha i contorni di una vera emergenza. Giovedì scorso i dipendenti avevano protestato contro le condizioni di lavoro e i metodi di management, responsabili a loro dire dell’impennata di suicidi. L’azienda - in un’indiretta ammissione di responsabilità - ha proprosto la sospensione provvisoria della mobilità e l’avvio di negoziati sullo stress da lavoro, a partire dal 18 settembre prossimo. Tra le misure annunciate anche l’arruolamento di 100 responsabili delle risorse umane e di altri medici del lavoro. Lunedì prossimo il ministro del lavoro Xavier Darcos dovrebbe incontrare i responsabili dell’azienda «per lavorare insieme a soluzioni adeguate». Prima che qualcun altro si getti nel vuoto.

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