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giovedì 13 gennaio 2011

Tutti contro Marchionne!




(vignetta di Zarathustra)



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Dall'estrema sinistra all'estrema destra passando per l'associazionismo tutti contro l'uomo dal maglione blu. Piovono critiche sull'accordo che Marchionne cerca di imporre ai lavoratori della Fiat Mirafiori che da domani dovranno votare il referendum. Ma il Governo sembra invece non accorgersene o fingere che è solo una parte estremista a dissentire. Dunque si profila una battaglia tra i pro-Marchionne che sono i rappresentanti della maggioranza spalleggiati in questo caso dalle forze moderate del centro-sinistra e i contro costituiti dai sindacati e partiti della sinistra e persino da alcuni esponenti dell'estrema destra. In mezzo, è il caso di dire tra l'incudine e il martello, ci sono i lavoratori costretti a scegliere se accettare il piano firmato Marchionne, giusto o sbagliato che sia, oppure perdere il posto di lavoro perché in caso di vittoria dei no il burattinaio Fiat ha deciso di spostare lo stabilimento all'estero. E intanto i toni del dibattito si inaspriscono.
Ieri il ministro del lavoro Maurizio Sacconi, intervistato nel corso della trasmissione "Mattino5" da Maurizio Belpietro, ha definito «ridicola» la critica della Cgil al Governo e, ignorando le voci dei lavoratori ha aggiunto: «I lavoratori non perdono nulla anzi guadagnano non solo la sicurezza relativa al posto di lavoro ma anche un miglioramento delle condizioni salariali. A parità di ore di lavoro cresce il salario e scatta la disposizione del Governo per cui la parte del salario legata alla produttività viene tassata al 10%». Sembra invece che da altre parti la pensino in modo completamente diverso. Tra i più decisi nel contrastare l'imposizione di Marchionne troviamo la Fiom: «Con le bugie non si producono auto ma si crea solo tensione e conflitto e c'è da chiedersi se gestire le relazioni con i lavoratori in proprio sia un'innovazione o piuttosto un ritorno al passato – ha dichiarato il responsabile del settore auto Giorgio Airaudo – Questo dice ulteriormente quanto sia libero il referendum, di domani e dopodomani. Non bisogna lasciare soli gli operai domani faremo le assemblee e crediamo vada aperta una questione democratica che riguarda le libertà nei luoghi di lavoro».
E alle critiche si allineano anche associazioni ed esponenti di estrema destra, segno che questo accordo non va giù a molti indipendentemente dalla loro posizione politica. Sui monumenti di Torino, al collo del Duca Emanuele Filiberto in sella al Caval 'd Brons, in piazza San Carlo, e del Conte Verde, davanti a Palazzo Civico, sono apparsi degli striscioni con la scritta "Io sto a Torino, non mi muovo". È opera dei volontari dell'associazione Terra del Fuoco che in questo modo mostrano solidarietà nei confronti dei lavoratori Fiat. E a Pesaro i militanti di Forza Nuova hanno esposto alcuni striscioni con lo slogan «Fiat: operai schiavi, stato complice» e stanno distribuendo volantini con al scritta «Potere arrogante, sindacati incapaci, lavoratori ricattati, Stato complice: rimuovere il Cda e nazionalizzare la Fiat». E le proteste si spostano poi oltreoceano dove addirittura uno stimato economista della Johns Hopkins University di Baltimora e Washington, Mario Macis, critica le reazioni politiche di fronte ad un accordo che delegittima di fatto le rappresentanze sindacali: «Chi ha evidentemente bisogno di consigli a mio avviso sono il governo e il Parlamento. Come notato da autorevoli osservatori quali Pietro Ichino e Tito Boeri, occorrono nuove e chiare regole della rappresentanza, ed è perfettamente possibile disegnare queste regole in modi che non mortifichino il pluralismo sindacale – spiega l'esperto di organizzazione industriale – Di fronte alla manifesta incapacità dei vertici sindacali di mettersi d'accordo su un sistema di regole, stabilire queste regole è compito della politica, che fino a questo momento si è limitata a fare il tifo ora per Marchionne ora per questo o quel sindacato, ma senza davvero fare niente per risolvere il problema alla radice».
Intanto questa mattina la Fiat ha bloccato la produzione e organizzato una serie di assemblee interne dove i quadri dirigenti stanno dicendo a gruppi formati da una quarantina di lavoratori perché dovrebbero votare sì all'accordo e insinuano che i testo di una settantina di pagine distribuito ieri dai sindacalisti della Fiom non è l'ultima versione. «Le assemblee aziendali la dicono lunga su quanto sia libero il referendum della Fiat – commenta Giorgio Airaudo – È evidente che la rappresentanza dei lavoratori è stata subappaltata all'azienda. «A questo fatto, già clamoroso, se ne aggiunge un altro gravissimo. I capi dicono ai lavoratori delle Carrozzerie che il testo dell'accordo non sarebbe l'ultima versione dell'accordo stesso. Questa è una patente bugia che, evidentemente, viene diffusa a scopi puramente propagandistici. Le cose non stanno come dice la Fiat, ma se quel che i capi stanno dicendo fosse vero, in quale luogo segreto l'accordo sarebbe stato modificato? E ancora: i sindacati firmatari ne sono stati informati? E soprattutto: su che cosa veramente si voterà nel referendum del 13 e 14 gennaio? Altro che modernità e innovazione delle relazioni sindacali, la realtà è che oggi alla Fiat i lavoratori vengono considerati come una proprietà aziendale e non è previsto nessuno spazio per una loro autonoma rappresentanza. Siamo tornati all'epoca dei padroni delle ferriere». Per domani sono invece previste assemblee organizzate dalla Fiom per discutere i termini dell'accordo insieme ai lavoratori.

di Luigi Nervo 

 COMMENTO : 
Il lato triste, veramente triste di questa triste vicenda è vedere gli operai schierati con Marchionne scagliarsi contro la Fiom, come se fosse essa e non la Fiat la responsabile di questo pesantissimo attacco ai lavoratori.
Che squallore morale vedere alla tv quell'operaia dire: "Se ci licenziano, lo stipendio ce lo paga la Fiom?"!



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