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venerdì 25 marzo 2011

Eutelia, condannati i lavoratori, Il Padrone se la spassa a Dubai

Samuele Landi, ancora latitante a Dubai.

La beffa di Eutelia, condannati i lavoratori, Il Padrone se la spassa a Dubai



Condannati. Solo che gli ultimi a sporcarsi la fedina penale non sono i manager che hanno spolpato Eutelia, lasciato senza lavoro migliaia di persone e che si sono intascati milioni di euro di commesse. Ma i dipendenti che, nei mesi in cui venivano ignorati dai loro datori di lavoro (distratti da quella che i magistrati romani hanno definito una frode “colossale”), hanno protestato occupando la sede romana dell’azienda. A dodici di loro è stata appena notificata la sentenza del Tribunale penale di Roma: tre mesi di reclusione convertiti in una pena pecuniaria di 7.600 euro a testa. Cioè quanto ognuno di loro prende di cassa integrazione in un anno. Il delitto? Aver “invaso arbitrariamente, al fine di occuparlo, l’immobile di proprietà della società Eutelia”. E visto che erano in gruppo, scatta automaticamente anche il concorso di persone.

La giornata incriminata è stata al centro delle cronache nazionali per ben altri motivi: in molti ricorderanno l’irruzione con piede di porco del fondatore della società, Samuele Landi, all’alba del 10 novembre 2009 nell’edificio di via Bona. Con lui diciassette vigilantes, arruolati per sgomberare il presidio dei lavoratori. Questi ultimi sono stati condannati per “sostituzione di persona”, ma dovranno pagare una somma inferiore di 100 euro a quella dei dipendenti ex Eutelia: 7.500 euro a testa. Il giudice per le indagini preliminari Roberta Palmisano ha dunque accolto le richieste del pm, Fabio Santoni, emettendo un decreto penale secondo cui spacciarsi per poliziotti, svegliare i lavoratori con torce puntate in faccia e chiedere loro i documenti senza alcuna autorità sia meno grave che presidiare un’azienda mentre viene distrutta dai suoi proprietari.

A denunciare i 12 lavoratori di Agile, la società venduta per un euro da Eutelia a Omega, è stato proprio Samuele Landi, ancora latitante a Dubai. Che poi è l’unico della famiglia a non aver pagato per la bancarotta fraudolenta (il fratello Isacco è finito in manette). Dagli Emirati Arabi deve aver avuto tempo, tra un lancio e l’altro col paracadute, sua grande passione, di seguire l’esito della vicenda. Ma i 12 lavoratori non sapevano neppure di essere sotto inchiesta, l’hanno scoperto solo l’altroieri a condanna notificata (procedura prevista per alcuni reati lievi, tipo la guida in stato di ebbrezza).

Fabrizio Potetti della Fiom, che da oltre due anni segue le vicende di Eutelia, sta già lavorando con gli avvocati del sindacato per opporsi (hanno tempo 15 giorni). E spiega al Fatto che “la cosa grave è che i ragazzi in presidio non hanno mai impedito a nessuno di continuare a lavorare, tanto che, quando i poliziotti veri sono arrivati dopo l’irruzione di Landi, non hanno ordinato a nessuno di sgomberare”.

Intanto i 12 lavoratori vivono un paradosso: dopo mesi senza stipendio e 890 euro al mese di cassa integrazione, se questa condanna venisse confermata andrebbero definitivamente in rovina. “Io preferirei andare in galera tre mesi piuttosto che finire per strada – dice Luigi Civita, uno di loro – non ho mai avuto così tanta paura in vita mia. Sono più angosciato di quando ho perso il posto: perché sono uno che rispetta le regole, che non ha mai fatto nulla di male. Siamo stati noi a essere derubati. Truffati dall’azienda, ingannati dalle istituzioni e, adesso, traditi anche dalla legge”.

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Fiat a Detroit, Ferrari in borsa



Fiat a Detroit

 Ferrari in borsa

Marchionne ha deciso


Il destino Fiat si compie: l’aquila a due teste spicca il volo per raggiungere il nido stabile, la casa definitiva. E il destino si chiama Detroit. Marchionne ha deciso: il quartier generale dell’ircocervo Fiat-Chrysler sarà negli Stati Uniti. Addio senza rimpianti per il manager che ha forgiato la nuova creatura a sua immagine: radici italiane, formazione nordamericana, finanza creativa. Lacrime di coccodrillo saranno invece versate a fiumi, da politici assenti, sindacalisti distratti, e dalla vasta schiera dei sedotti e abbandonati dall’Harry Potter italo-canadese.

L’agenzia Reuters si appoggia alle confidenze di una fonte molto vicina all’Ad. La gola profonda scommette su una fusione già nel 2011.

Il direttore finanziario di Chrysler, Richard Palmer, ha ribadito che la casa statunitense sta ragionando su un piano di rifinanziamento del debito e che proseguono le trattative con il dipartimento dell’Energia per un prestito agevolato. Marchionne ha detto, a inizio di quest’anno, che punta a salire al 51% di Chrysler nel 2011, ma che per una fusione tra le due società i tempi non sono così immediati. Secondo la stessa fonte vicina alla vicenda, Fiat punta ad acquistare la partecipazione nel gruppo Usa subito dopo la quotazione in borsa. Fiat, attualmente al 25% del gruppo Usa, ha la possibilità di salire al 35% a titolo gratuito se verranno soddisfatte alcune condizioni legate alla produzione e alla commercializzazione dei veicoli statunitensi. Ha poi un’opzione per acquistare un ulteriore 16% (per salire al 51%), esercitabile solo se Chrysler avrà ripagato il debito (circa 7 miliardi di dollari) con i governi Usa e canadese. Gli obiettivi di Marchionne, “Christmas wishes” come li ha definiti durante un incontro con gli analisti negli Usa nelle scorse settimane, sono: rifinanziare il debito Chrysler al fine di restituire ai governi quanto sborsato durante il piano di salvataggio del 2009, esercitare l’opzione per acquistare il 51% e riportare Chrysler a Wall Street.

Marchionne sta anche pensando alla quotazione di Ferrari. Una fonte vicina al manager dice che ha indicato per la casa automobilistica un valore di 5 miliardi di euro. Marchionne aveva detto durante un incontro con la comunità finanziaria a inizio 2011 che per Ferrari ritiene debbano essere applicati multipli del settore del lusso.

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giovedì 24 marzo 2011

Al Ministro del Lavoro - Sono una dipendente Verlcchi



Sono una dipendente Verlcchi e vi inoltro questa lettera con la speranza che il ministro ci ascolti .

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE

– Al Ministro del Lavoro –

PREMESSO CHE:

i 196 dipendenti della Verlicchi S.P.A, storica azienda bolognese leader nel settore telai per motociclo, dal mese di marzo 2010 sono in cassa integrazione a zero ore e sono arrivati alla fine anno, appena trascorso, con stipendi arretrati e buste paga mancanti.

Ad inizio del 2011 la situazione dell’azienda si è aggravata i maggiori clienti si allontanano, gli istituti di credito restringono il credito mentre si accumulano debiti e in particolar modo non vengono versati i contributi previdenziali dei dipendenti.

Fra gennaio e febbraio 2011 si prospetta l’ipotesi di un nuovo possibile acquirente, rappresentato dal Gruppo Caponi, con sede principale a Pontedera (Pi). Ma dopo un iniziale interesse e i primi contatti, il Gruppo Caponi sembra voler ritirare l'offerta di acquisizione.

A febbraio la situazione precipita e le maestranze, le poche che continuano a lavorare, fermano lo stabilimento: mancano i fondi che la nuova pseudo-proprietà ha promesso di versare. La vecchia proprietà si dice disposta ad una collaborazione paritetica, invece accade che le sorelle Verlicchi cedono le quote azionarie al fratello, il quale cede a sua volta il 100% dell'azienda (sembra in cambio di azioni del gruppo acquirente), alla JBF Pontedera srl, azienda senza capitale sociale che si occupa di "Esercizio di attivita' sportive dilettantistiche, formazione e preparazione di squadre nella disciplina sportiva e l'insegnamento della pallacanestro, e delle attivita' motorie in genere."

La JBF Pontedera appartiene al Gruppo Caponi. L'ufficio personale della Verlicchi Bologna viene immediatamente spostato presso Tecnocontrol Pontedera, dove si occuperanno di tutto: gestione buste paga, cassa integrazione, ecc.

L’Amministratore Delegato della nuova società è il Sig. Giuseppe Valdemaro Paviani, 75 anni, indagato a Brescia per associazione a delinquere in materia di reati tributari e truffa aggravata ai danni dello stato, i dirigenti sono Massimo Stella, consulente di Giacomo Commendatore ex n°1 di Eminflex e un tal Bertelli, già finito a suo tempo nei guai per bancarotta. (Fonte: Corriere della Sera, ed. Bologna del 17/2/2011).

La nuova dirigenza ha subito dichiarato: di non voler mettere un soldo nella Verlicchi (riunione del 16/2 con le autorità istituzionali) di avere 140 esuberi, di voler assumere una posizione privilegiata in un futuro e probabile fallimento e di proporre lo spostamento della causa fallimentare a Pontedera, vista la vicinanza dello stabilimento principale. Inoltre non hanno manifestato alcuna intenzione di versare gli arretrati ai dipendenti della Verlicchi.
nelle giornate del 14 e 15 marzo i dipendenti si sono fisicamente opposti al tentativo della nuova proprietà di spostare i macchinari per procedere alla loro vendita impedendo così’ lo smantellamento dell’impresa mentre intorno a loro l’intero paese e le autorità provinciali e comunali si muovevano a sostegno
Allo stato attuale delle cose la strada del fallimento è sempre più vicina. Questa situazione potrebbe essere volutamente intrapresa dalla nuova dirigenza al fine di scindere la Verlicchi in due (prima del fallimento) formando una good company e una bad company sul modello di Alitalia. Acquisirebbero di fatto l'azienda quasi a costo zero, cancellando i debiti a loro carico (che resterebbero alla bad company). Per i dipendenti, invece, si prospettano 6 mesi con rinnovo della cassa integrazione provinciale in deroga, senza alcun contributo versato e con molti interrogativi sulla mobilità alla fine dell’erogazione della cassa integrazione.

Di fatto la cassa integrazione straordinaria è cessata il 7 marzo 2011 e i dipendenti tramite il Sindacato, organizzati in presidio davanti allo stabilimento, hanno intrapreso un’azione di ingiunzione fallimentare, facendo partire di fatto la nuova CIG fallimentare, che darebbe loro la possibilità di usufruire della cassa integrazione per fallimento (12 mesi + 12 mesi), della mobilità al termine, del versamento dei contributi previdenziali e della presenza di un curatore fallimentare nominato dal tribunale di Bologna che dovrebbe pronunciarsi sull’eventuale capacità produttiva del sito produttivo per il futuro;

CHIEDE:

se è al corrente della situazione descritta in premessa, se ritiene che sia legittimo il comportamento messo in atto dalla proprietà e se non reputa doveroso intervenire al fine di attivare le procedure previste dalla legge per quanto riguarda l’ipotesi del fallimento aziendale, salvaguardando così non solo i diritti dei lavoratori ma anche le future prospettive occupazionali di un settore strategico, per la provincia di Bologna, come quello del motociclo.

On. Sandra Zampa
On. Donata Lenzi
On. Gianluca Benamati
On. Antonio La Forgia
On. Salvatore Vassallo

di Redazione IL PUNTO ROSSO a cura di Luke


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mercoledì 16 marzo 2011

OPERAI DI LOTTA musica e teatro contro il “piano Marchionne”



OPERAI DI LOTTA musica e teatro contro il “piano Marchionne”



Non si arrendono gli operai della Fiat di Pomigliano d’Arco al diktat di Marchionne e organizzano una manifestazione musicale/teatrale il 17 Marzo alle ore 20.00 al Teatro Gloria.

Filmati, video, pezzi di teatro, canti e musiche delle lotte operaie e contadine come tracce di un cammino da ripercorrere per meglio comprendere quanto accade nel mondo del lavoro italiano, dalla precarietà alla cancellazione sistematica di tutti i diritti.

Dai video della nascita dell’Alfa Sud alle ultime esternazioni di Sergio Marchionne, alla chiusura di Termini Imerese, alle lotte dei lavoratori di Arese (in presidio alle portinerie dello stabilimento ed in sciopero della fame da un mese), il percorso di lotta di quella grossa parte di lavoratori ed operai, che hanno permesso all’Italia e ai suoi industriali, con il loro lavoro ed i loro sacrifici, di sedersi al tavolo dei paesi maggiormente industrializzati.

Non è un caso che la data coincida con le celebrazioni per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia; nessuno più di chi ha lottato e si è sacrificato per rendere migliore il nostro paese ha diritto di festeggiare rivendicando le proprie conquiste e i propri sacrosanti diritti.

Lo sciopero generale dei sindacati di base (USB, Slai Cobas, CIB Unicobas e Snater ) dell’11 scorso, con la massiccia partecipazione registrata, ha dimostrato la vitalità di questa fetta del paese dimenticata dalla politica e dai media.

Lo Slai-cobas, inoltre, ha intrapreso, nel silenzio generale, una serie di iniziative giudiziarie nei confronti della Fiat, ricorsi che chiedono, al giudice, “l’accertamento della illegittimità della cassa integrazione protratta dal giugno 2009 (!) ad oggi e la condanna dell’azienda di Torino al reintegro dei lavoratori ed al pagamento del danno economico subito”.

Questo a riprova di quanto sinora denunciato da chi ancora, nel nostro paese, fa sindacato.

La ormai famosa e fantasiosa “fabbrica Italia”, tanto pubblicizzata dalla campagna mediatica del manager Marchionne, ha sinora prodotto due anni di cassa integrazione pagati da tutti i contribuenti italiani e la chiusura di Termini Imerese.

La manifestazione, coprodotta dagli operai della Fiat e dal gruppo musicale operaio di Pomigliano, gli “ZEZI”, vuole rompere la cappa di silenzio che sulla vicenda Fiat sembra calata e presentare il punto di vista “operaio” sul piano Marchionne.

L’intero spettacolo, cui hanno aderito vari artisti, tra cui il cantautore Gerardo Carmine Gargiulo, autore del brano “Me ne vado in Canadà” usato dagli operai Fiat di Pomigliano e Mirafiori come coro di scherno per Sergio Marchionne, sarà ripreso in video dalla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Perugia.


di Redazione IL PUNTO ROSSO a cura di STEFANO FEDERICI


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lunedì 14 marzo 2011

Pastori sardi, Chi è Stato


Pastori sardi: Chi è Stato?





Duecento pastori sardi sbarcano a Civitavecchia per portare la loro protesta a Roma. Bloccati nel porto, scontri con la polizia.

Gli scontri a Civitavecchia del 28 dicembre tra pastori sardi e polizia continuano a tenere banco all’interno del Movimento guidato da Felice Floris. Si cercano risposte, chiarimenti. La volontà è quella di capire il perchè di quel divieto a manifestare, di quel sopruso attuato dalle forze dell’ordine nei confronti dell’inerme delegazione del Mps.
Dopo le insoddisfacenti, se non inesistenti, spiegazioni adombrate dal Ministro dell’Interno Roberto Maroni, per i pastori sardi è subito pronta un’altra bastonata proveniente ancora una volta da Roma. Non sarà l’inquilino del Viminale, però, a mortificare l’intera comunità isolana, ma un suo collaboratore. Il senatore leghista Michelino Davico, nonché sottosegretario all’Interno, ha risposto giovedì all’interrogazione parlamentare presentata dal senatore sardo del Pd, Francesco Sanna, ribadendo chiaramente che “non vi è stata alcuna violazione dei principi costituzionali da parte delle forze di polizia che hanno applicato la normativa vigente impedendo il realizzarsi di ulteriori illegalità”.
Peccato, invece, che a porre in atto una violazione di legge palese quel giorno siano stati proprio gli agenti di polizia che sequestrarono a tutti gli effetti i circa 200 manifestanti sbarcati nella Penisola, con l’aggiunta della ormai consueta dose di manganellate sponsorizzata dallo Stato. Davico, però, non è dello stesso parere. Anzi, “la gestione del servizio di ordine pubblico è stata condotta con prudenza ed equilibrio, secondo un modulo operativo già sperimentato con successo”. L’uso della forza, appunto, anche nei confronti di donne e bambini, come testimoniato dai coinvolti nella vicenda. Un metodo di intervento dai risultati sicuri, sottolinea il sottosegretario della Lega Nord. Provate a chiedere ai terremotati abruzzesi, umiliati più volte da uno Stato che oltre a essersi dimenticato la loro esistenza, li manganella se solo si azzardano a manifestare il loro malcontento.

L'aula del Parlamento
La parte migliore dell’intervento, poi, arriva quando Davico cerca di scaricare le colpe della mancata giornata di protesta sugli stessi pastori sardi: “Voglio richiamare alcune scelte operate dalle forze di polizia durante la giornata del 28 dicembre, quali la proposta, fatta ai dimostranti e da questi rifiutata, di tenere una manifestazione a Civitavecchia”. Chiaro. Secondo il senatore leghista sarebbe addirittura opportuno che lo Stato si arrecasse il diritto di selezionare i luoghi in cui i cittadini possano rendere pubblico il loro dissenso, e pazienza se una manifestazione a Civitavecchia, piuttosto che a Roma di fronte al Ministero dello Sviluppo Economico o dell’Agricoltura, possa suscitare un’attenzione qualche milione di volte inferiore. Maggiore è l’importanza della serenità dei nostri governanti.
Il senatore Sanna ha risposto citando l’articolo 17 della Costituzione, quello che sancisce la libertà di riunione e di associazione, un diritto che non può essere negato preventivamente a nessuno: “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi e possono circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”.
Ancora una volta, quindi, è stata negata ai pastori sardi una valida ricostruzione dei fatti avvenuti il 28 dicembre. Gli accertamenti delle autorità preposte si sostanziano nella solita difesa d’ufficio che ritrae le forze dell’ordine come innocenti a prescindere. Non siamo nuovi a casi di questo tipo: Maroni in circa tre anni di governo è riuscito a prendere le difese di tutti, dagli agenti imputati per i disastri del G8 di Genova, ai vertici della Questura di Via Fatebenefratelli a Milano, quelli che si adoperarono per il rilascio di “Ruby Rubacuori”, la giovane marocchina i cui racconti fanno dormire sogni poco sereni al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Lo Stato ha sempre ragione, i cittadini sempre torto. Questo è il messaggio che traspare dalle ricorrenti posizioni assunte dal Ministro dell’Interno Maroni, che anche in questo caso niente ha fatto per verificare le reali responsabilità sull’accaduto.
Una mancanza istituzionale che, unita a quelle più che note dei vari Cappellacci, Prato e affini, ha portato il Movimento pastori sardi a visitare pacificamente il Vaticano durante l’udienza papale del 2 marzo, intonando un’Ave Maria in limba sarda come saluto al Pontefice. La consapevolezza, ormai, è che per ottenere un esito favorevole per la vertenza sia necessario un intervento divino. Quello delle nostre istituzioni, sempre che ci sia mai stato, non basta.

http://www.isoladeicassintegrati.com/2011/03/14/pastori-sardi-chi-e-stato/


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martedì 1 marzo 2011

Disoccupazione , record tra i giovani Rialza la testa l'inflazione



Disoccupazione all'8,6%,

 

record tra i giovani

 

Rialza la testa l'inflazione: a febbraio +2,4%





Persi da dicembre 83 mila posti, con un incremento del 2,8% su base annua. La percentuale di under 24 senza lavoro ha toccato quota 29,4%: mai così male dal 2004. Allarme anche dall'Ue per l'infiammata dei prezzi di pane e petrolio. Nel 2010 Pil +1,3%, migliora rapporto deficit/Pil a quota 4,6%

ROMA - Più disoccupazione, soprattutto giovanile; un forte balzo in avanti dell'inflazione; una crescita nel 2010 leggermente migliore delle previsioni, ma comunque inferiore alla media europea e destinata a rimanere tale anche il prossimo anno; un miglioramento nel rapporto tra deficit e Pil, fissato ora a quota 4,6%. Sono queste in sintesi le indicazioni che arrivano dalle statistiche diffuse oggi dall'Istat e da Bruxelles.

Pane e benzina alle stelle. A destare la maggiore preoccupazione è in particolare la corsa dei prezzi, trainata al rialzo da carburanti e alimentari, che rischia di essere spinta ancora più avanti dalle turbolenze nel mondo arabo. Secondo i calcoli provvisori dell'Istat l'inflazione a febbraio si è attestata al 2,4%, con una crescita dello 0,3% rispetto a gennaio. Si tratta del dato peggiore dal novembre 2008 quando era stato toccato il 2,7%. Sul dato hanno pesato gli aumenti dei beni alimentari e dei carburanti. In particolare, spiega l'Istat, il prezzo della benzina è aumentato a febbraio dello 0,8% su base mensile, con una crescita annua dell'11,8%. Sale anche il gasolio per riscaldamento (+1,8% su mese e +17,2% sull'anno). In forte crescita anche i prezzi dei beni alimentari: in particolare il pane aumenta dello 0,3% sul mese dell'1,2% sull'anno. Vola anche la frutta fresca, che in un mese è salita dell'1,8% e del 2,4% rispetto al febbraio 2010.

Bruxelles conferma. Le previsioni del nostro centro di statistica si discostano leggermente da quelle dell'Unione Europea secondo cui l'inflazione in Italia è destinata a salire nel 2011 attestandosi al 2,2%, in linea con la media dell'Eurozona e  al di sotto della media Ue-27 salita al 2,5%. Per il nostro Paese - sottolinea Bruxelles - si tratta di un balzo di quattro punti rispetto alle precedenti previsioni, dovuto soprattutto - si spiega - all'ipotesi di un aumento del prezzo del petrolio nei prossimi mesi.

Allarme lavoro. Decisamente allarmanti anche i dati dal mondo del lavoro. Per il terzo mese consecutivo il tasso di disoccupazione si attesta all'8,6% con una crescita di 0,2 punti percentuali su base annua. A crescere, segnala l'Istat, è soprattutto il tasso di disoccupazione giovanile (la fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni), che raggiunge il 29,4%.  Si tratta del record da gennaio del 2004, quando sono iniziate le serie storiche mensili. A dicembre 2010 il tasso di disoccupati giovanili si era attestato a 28,9%.

Giovani penalizzati. Stando all'Istat, il numero dei disoccupati è pari a 2 milioni 145 mila, registra una crescita dello 0,1% (+2 mila unità) rispetto a dicembre. Il risultato è sintesi della crescita della disoccupazione femminile e della flessione di quella maschile. Su base annua la crescita del numero di disoccupati è del 2,8% (+58 mila unità). Sempre a gennaio gli occupati sono 22 milioni 831 mila unità, in diminuzione dello 0,4% (-83 mila unità) rispetto a dicembre 2010. Nel confronto con l'anno precedente l'occupazione è in calo dello 0,5% (-110 mila unità). La diminuzione registrata nel mese è dovuta sia alla componente maschile sia a quella femminile. Il tasso di occupazione è pari al 56,7%, in calo di 0,2 punti percentuali rispetto a dicembre (il minimo dallo scorso agosto) e di 0,4 punti rispetto a gennaio 2010. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumentano dello 0,5% (80 mila unità) rispetto al mese precedente. Il tasso di inattività è pari al 37,8%, dopo tre mesi in cui risultava stabile al 37,6%.

In Europa va meglio. Il dato italiano, seppure restando migliore della media, è in controtendenza rispetto a quello europeo. Lo scorso gennaio il tasso di disoccupazione nei 17 paesi dell'Eurozona ha registrato infatti una lieve flessione rispetto a dicembre 2010, passando dal 10 al 9,9%. Lo ha reso noto oggi Eurostat. Andamento analogo è stato registrato nel complesso dell'Ue, dove la disoccupazione è scesa dal 9,6 al 9,5%. Le stime dell'Istituto europeo di statistica indicano che nei 27 Paesi Ue i senza lavoro, lo scorso gennaio, erano poco più di 23 milioni, di cui 15,7 nei soli paesi dell'Eurozona. Rispetto al mese precedente è stata registrata una flessione di 43.000 unità nell'Ue a 27, e di 72.000 unità nell'Ue a 17, mentre rispetto a un anno prima i disoccupati sono risultati essere 99.000 in più nell'insieme dell'Unione e sostanzialmente gli stessi nell'Eurozona.

Migliora rapporto deficit/Pil. Dall'Istat anche le cifre su crescita e debito. Il Pil italiano nel 2010 è aumentato dell'1,3%, superiore al target del governo (+1,2%). Il rapporto deficit/Pil nello stesso anno è stato pari al 4,6%, quasi un punto in meno rispetto al 5,4% registrato nell'anno precedente. Il miglioramento, secondo l'istituto di statistica, è dovuto a un aumento dello 0,9% delle entrate totali, e a un -0,5% per le uscite. Per quanto riguarda le imposte indirette, si segnala un aumento del 5,1% in gran parte dovuto alla crescita del gettito Iva (hanno influito le norme per il contrasto dei crediti Iva inesistenti utilizzati in compensazione). In calo anche la pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al pil), risultata pari al 42,6%, inferiore di cinque decimi di punto rispetto al 43,1% del 2009.

In Italia crescita lenta. Dati per un certo verso incoraggianti che si scontrano però con le previsioni fatte da Bruxelles sulla crescita dell'Unione per il 2011. La Commissione ha corretto al rialzo le stime sia per l'eurozona che per l'Ue, indicando rispettivamente un +1,6% e +1,8%, meglio di quanto pronosticato a  novembre con un +1,5% e un +1,7%. Motivo: le migliori prospettive dell'economia globale e la fiducia delle imprese. Nell'eurozona la ripresa è trainata dalla Germania, mentre l'Italia Bruxelles conferma la stima di autunno: 1,1%, ben al di sotto della media.

Tremonti soddisfatto. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti si mostra comunque soddisfatto. "I buoni risultati di oggi - dice - sono la conseguenza dei buoni principi di sempre. Non abbiamo seguito le mode passeggere ma perseguito il bene comune". "Con la bussola giusta, con i piedi per terra un passo dopo l'altro - aggiunge - gli italiani e l'Italia stanno andando nella giusta direzione". Sferzante invece il giudizio dell'opposizione. "Record di disoccupazione giovanile, record di disoccupazione nel Sud, record di cassa integrazione, record di recessione, record di anemia nella ripresa, record di inflazione, record di pressione fiscale. Il governo Berlusconi-Bossi-Tremonti è, indubbiamente, il governo dei record", commenta Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd.

RECORD NEGATIVO


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ECOLOGIA: Senza lavoro per decreto , 150.000 famiglie a risc...



ECOLOGIA: Senza lavoro per decreto , 150.000 famiglie a risc...: "Senza lavoro per decreto: 150.000 famiglie a rischio nel fotovoltaico . … Il Governo intende ..."

In questi giorni, si decide la morte per decreto delle energie rinnovabili in Italia. Quindicimila famiglie rischiano di perdere in pochi mesi il posto di lavoro, un indotto che occupa altre 100.000 persone sarà colpito. E’ un prezzo altissimo, in termini sociali ed economici, che verrà pagato da uno dei pochissimi settori produttivi non colpiti dalla crisi e da un numero importante di lavoratori e famiglie.
E’ quello che succederà se il Consiglio dei Ministri approverà il decreto sulle rinnovabili nella versione che circola in questi giorni all’interno del Parlamento e su cui si leggono anticipazioni di stampa.
Dopo pochi mesi dalla (lungamente attesa) approvazione, nel mese di agosto dello scorso anno, della legge sul nuovo conto energia, lo scorso 31 gennaio la Commissione europea ha adottato, come noto, una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, causa di incertezza sul mercato e di congelamento degli investimenti.
A dispetto di queste premesse nelle bozze del decreto legislativo rinnovabili leggiamo la previsione di introdurre retroattivamente un limite vincolante di 8.000 MW. Stop ai progetti autorizzati e in corso di autorizzazione. Stop a molti cantieri in corso. Un vero e proprio tetto al fotovoltaico, più di 6 volte inferiore a quello fissato dalla Germania. È questa la prospettiva che annienterebbe il settore fotovoltaico a partire dalla prossima settimana con l’eventuale approvazione in Consiglio dei Ministri. A farne immediatamente le spese saranno circa 120.000 lavoratori impiegati direttamente e indirettamente nel fotovoltaico.
In queste condizioni un’industria nascente è condannata a morte prima ancora di essere diventata pienamente adulta. Se nell’arco di pochi giorni non si riuscirà a introdurre dei correttivi, il fotovoltaico rischia una Caporetto, con ripercussioni molto pesanti sia in termini occupazionali che di credibilità del sistema Paese. Mentre gli Stati Uniti di Obama, pur in presenza di un taglio delle spese pubbliche molto robusto, mantengono saldo il timone verso lo sviluppo delle rinnovabili, l’Italia rischia un nuovo tracollo dopo quello degli anni Ottanta.
Siamo sbigottiti, è incomprensibile. Non è abbastanza promuovere l’ambiente e la salute di noi tutti, generare ricchezza e dare lavoro a oltre 15.000 addetti diretti e fino a 100.000 indiretti, offrire l’opportunità a oltre 160.000 famiglie di diventare indipendenti energeticamente? Quali interessi si vogliono davvero tutelare? Chi sono i poteri forti che stanno eliminando ad una ad una tutte le rinnovabili? Prima l’eolico, oggi il fotovoltaico. Che destino attende un paese che distrugge sistematicamente le proprie opportunità di sviluppo?
Nonostante il parere positivo in sede di Commissioni Parlamentari (per cui lo schema di decreto attuativo della direttiva 2009/28 sull’energia da fonti rinnovabili si inserisce nel quadro della politica energetica europea volta a ridurre la dipendenza dalle fonti combustibili fossili e le emissioni di CO2) il dibattito in corso, specie per le notizie di stampa spesso espressione di interessi non necessariamente palesi e esplicati in sede politica e sociale, sembra preludere ad un intervento legislativo che andrà, si teme, in senso diametralmente opposto a quello, voluto dalla Commissione, di incoraggiamento delle politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili.
La realtà è diversa. A fronte di una crisi che non smette di mordere il tessuto produttivo, è vero che il settore delle rinnovabili si muove in netta controtendenza. Gli incentivi (che, ricordiamo, non gravano sul bilancio dello Stato ma nemmeno su quello delle famiglie, come invece si è letto in questi giorni) hanno creato un volano virtuoso che ha consentito al Paese di riavvicinarsi al gruppo dei paesi leader nel campo dell’innovazione e della capacità produttiva.
Il fotovoltaico, in un contesto così difficile come quello che abbiamo visto delinearsi negli ultimi anni, rappresenta un settore in crescita occupazionale e di fatturato, oltre che un settore tecnologicamente in evoluzione.
Confidiamo nell’equilibrio e nella saggezza del Governo e del Parlamento affinché si voglia intervenire per evitare che un altro tassello della nostra economia cada vittima di contrapposti interessi e di battaglie ideologiche. Confidiamo che saprete dare un futuro alle nostre famiglie e ai nostri figli che si trovano oggi incolpevoli nella precarietà e nell’incertezza.”

Gianluca Nunnari -
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