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venerdì 30 marzo 2012

L’articolo 18 non si tocca venerdì 30 marzo il “Sì 18-Day”

Sì 18-Day : venerdì 30 marzo

L’articolo 18 non si tocca

venerdì 30 marzo il

 “Sì 18-Day”


L'articolo 18 non si tocca. venerdì 30 marzo il. “Sì 18-Day”. La prossima settimana, il governo porterà in Parlamento le modifiche che daranno il colpo di grazia ai diritti dei lavoratori a partire dalla demolizione dell'articolo 18.



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martedì 27 marzo 2012

Milano 31 Marzo: Occupyamo Piazza Affari!

SABATO 31 MARZO MILANO ORE 14. MANIFESTAZIONE NAZIONALE da Piazza Medaglie d'Oro (Metro gialla Porta Romana) verso PIAZZA AFFARI I loro affari non devono più decidere sulle nostre vite. Contro le politiche ...
 
 
23 Mar 2012
L'articolo 18 non si tocca. venerdì 30 marzo il. “Sì 18-Day”. La prossima settimana, il governo porterà in Parlamento le modifiche che daranno il colpo di grazia ai diritti dei lavoratori a partire dalla demolizione dell'articolo 18.
 
 
 
 
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lunedì 26 marzo 2012

BLOG DI CIPIRI: Articolo 18, "Occupy Piazza Affari il 31 marzo"


Articolo 18, "Occupy Piazza Affari il 31 marzo"


Articolo 18

"Occupy Piazza Affari il 31 marzo"



BLOG DI CIPIRI: Articolo 18, "Occupy Piazza Affari il 31 marzo": Articolo 18 "Occupy Piazza Affari il 31 marzo" Pubblichiamo il contributo di Giorgio Cremaschi (presidente del Comitato Centr...


sabato 24 marzo 2012

Con la riforma Fornero la Fiat ...


 Vi ricordate la storia dei tre operai licenziati a Melfi? 

Quelli che avrebbero "ostacolato la produzione" e per i quali i giudici ordinarono il reintegro? Quelli che la Fiat non fa tornare in produzione, per protesta contro il fatto che il "padrone" non può licenziare chi abbassa la produttività? Sorpresa: per i giudici il loro licenziamento fu discriminatorio. Con la riforma Fornero la Fiat avrebbe addotto i "motivi economici". E addio al reintegro. (www.ilmanifesto.it)


L’epurazione mirata 

 

di tre operai Fiom


Difficilmente le motivazioni di una sentenza per una causa di lavoro stuzzicano l’attenzione generale. Quelle con cui i giudici di Potenza hanno spiegato l’ordine di «reintegro sul posto di lavoro» dei tre operai della Fiat-Sata di Melfi, invece, ha tutti i crismi del «caso esemplare». E cade nel pieno di una discussione politica nervosa, spesso apertamente falsificatoria della realtà, ma dalle conseguenze pericolosissime sulla vita di decine di milioni di persone: i lavoratori dipendenti di ogni ordine e grado, con ogni tipo di contratto, precari o stabili, manuali o «immateriali».
I fatti. Il 7 luglio del 2010, in piena inaugurazione del «modello Pomigliano», dentro la fabbrica lucana c’era stato un sciopero spontaneo, di quelli motivati da motivi pratici urgenti: una «linea» che corre troppo, un turno con troppa poca gente, ecc. Lo fanno in tanti operai, iscritti e delegati di diversi sindacati. La discussione con il «capo» che interviene subito è come al solito chiara e da parte operaia – come avviene in Fiat – molto attenta a rispettare i confini oltre cui l’azienda usa far scattare «sanzioni disciplinari». Pochi giorni dopo vengono licenziati in tre:Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, i primi due delegati Fiom, il terzo soltanto iscritto. La Fiat invoca «motivi disciplinari», diremmo oggi: aver ostacolato il percorso di un carrello robotizzato che avrebbe potuto portare pezzi per gli operai che invece non stavano scioperando.
Ricorso immediato al giudice, che dà loro ragione e ne ordina la riassunzione. Ricorso Fiat, con testimoni che improvvisamente cambiano versione, e temporanea vittoria Fiat. Controricorso Fiom al tribunale di Potenza e, il 23 febbraio scorso, nuova sentenza di «reintegra». Ma la Fiat non li fa tornare al lavoro, pur pagando lo stipendio. Scelta solo politica, non «produttiva», dunque.
Ora i giudici di Potenza spiegano che i tre «non hanno avuto nessun gesto di sfida nei confronti dell’azienda». Di più: «hanno esercitato un diritto costituzionalmente garantito» – quello di sciopero – «senza valicarne i limiti» e insieme ad altri operai, cui però la Fiat «non ha contestato nulla». Conclusione logica: il licenziamento dei tre rappresenta «nulla più che misure adottate per liberarsi di sindacalisti che avevano assunto posizioni di forte antagonismo». Licenziamenti «discriminatori», dunque, con «conseguente immediato pregiudizio per l’azione e la libertà sindacale».
Il problema che questa sentenza è chiarissimo: due anni fa, quando ancora l’art. 18 era un congegno «blindato» di tutela dei lavoratori, la più grande industria italiana ha utilizzato l’unica motivazione per licenziare che le potesse dare qualche chance davanti al giudice: «danno volontario alla produzione», che rientra tra i motivi disciplinari. Tre procedimenti hanno permesso di accertare che quel danno non c’è stato (se non come conseguenza naturale di uno sciopero legittimo) e che quindi la Fiat ha dato una motivazione falsa pur di liberarsi di tre «rompiscatole».
Oggi la Fiat utilizzerebbe i «motivi economici», senza star lì a cercare un casus belli difficilmente dimostrabile in tribunale (come si è visto…). Pagherebbe come indennizzo più o meno quello che ha pagato in stipendi finora e via. Se qualcuno vuol davvero capire perché l’articolo 18 non deve essere modificato, ha qui il migliore degli esempi. Da studiare.
Francesco Piccioni - il manifesto

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venerdì 23 marzo 2012

Sì 18-Day : venerdì 30 marzo

L’articolo 18 non si tocca

venerdì 30 marzo il

 “Sì 18-Day” 


 La prossima settimana, il governo porterà in Parlamento le modifiche che daranno il colpo di grazia ai diritti dei lavoratori a partire dalla demolizione dell’articolo 18. Noi crediamo che i diritti di chi lavora siano sacri e che questa crisi si debba affrontare eliminando la precarietà, mettendo fine alle finte partite iva e ai finti contratti autonomi, incentivando gli investimenti e la ricerca, combattendo l’enorme evasione fiscale e la corruzione che sta piegando il Paese. L’abolizione dell’articolo 18 invece è solo un regalo alla Bce e all’Europa della finanza e delle lobby.
Per questo abbiamo deciso di supportare tutte le iniziative di contrasto a questa scelta irresponsabile del governo. Lo faremo nelle piazze reali ma anche nel web. Per questo lanciamo per venerdì 30 marzo un blogging day che abbiamo chiamato Sì18Day. Durante il Sì18Day ogni blogger posterà il banner dell’iniziativa sul proprio blog e manderà la notizia a 5 nuovi blog, ogni account twitter dovrà scriverà un pensiero con l’hashtag #si18day, ogni utente Facebook dovrà postare un pensiero con il link alla pagina dell’iniziativa e ogni videomaker dovrà postare una sua raccomandazione video sull’articolo 18. Vi invitiamo a diffondere.

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Il giuslavorista, Umberto Romagnoli, spiega la riforma del lavoro

STATO DI DIRITTO – ABOLIRE L’ART. 18 LEGGE 300/70 – EQUIVALE A DISTRUGGERE LA LEGALITA’ NEL MONDO DEL LAVORO!
Di Ulisse Scintu ( Lavoratore da 43 anni) Sindacalista CO. BAS.
STATO DI DIRITTO.
La moderna concezione dello Stato è quella che vuole lo Stato garante della supremazia del diritto delle libertà dell’uomo e per questo detto Stato di diritto. Nello Stato di Diritto ogni singolo cittadino è uguale di fronte allo Stato ed ha gli stessi diritti, senza privilegi. Attraverso le leggi lo Stato democratico istituisce norme che tendono ad equilibrare eventuali posizioni di privilegio o di disagio al fine di ristabilire l’eguaglianza dei cittadini a fronte di eventuali squilibri. Le norme inoltre sono necessarie per regolare la convivenza in modo da renderla pacifica, rispettando le libertà dei singoli.
L’ART. 18 LEGGE 300/70, è un indispensabile strumento contro i licenziamenti illegittimi !
Evidenzio in premessa che, l’art. 18 della legge 300/1970, è uno strumento legale che serve a porre un freno all’illegalità sanzionatoria di cui, molto spesso, imprenditori senza scrupoli fanno uso ed abuso.
Infatti, il licenziamento, cioè il recesso a iniziative del datore di lavoro, deve essere sempre giustificato: deve cioè sussistere un giustificati motivo o una giusta causa di licenziamento.
Se il licenziamento è ingiustificato (cioè non fondato su una giusta causa o un giustificato motivo) si avranno diverse conseguenze a seconda delle dimensioni occupazionali (più o meno di 15 dipendenti).
L’ART. 18 quindi, è una forma di tutela e per i lavoratori, e contestualmente un valido deterrente, contro abusi sanzionatori, finalizzati ad estromissioni illegittime dall’azienda, di lavoratori “scomodi”.
Purtroppo, analizzando quanto accaduto nel mondo del lavoro nell’ultimo ventennio, emerge che la classe politica e i sindacati CISL e UIL, stanno contribuendo in maniera preponderante al raggiungimento che la classe padronale si è prefissato, ossia: il progressivo smantellamento del patto sociale, di cui l’art. 18 della legge 300/70 può essere definito l’architrave delle tutele e dei diritti basilari dei lavoratori.
Evidenzio che, nell’ambito della strategia di “annientamento” dei diritti fondamentali dei lavoratori, il D. lgs 61/2002 (approvato dal governo Berlusconi), sulla DEPENALIZZAZIONE DEL FALSO IN BILANCIO, assume un carattere preponderante in tale strategia.
Infatti, da oltre un anno, sia con il precedente governo Berlusconi che con l’attuale governo Monti, in una sorta di patto scellerato, la classe padronale congiuntamente a parlamentari e politicanti (di destra e purtroppo di centro sinistra), nonché con l’avvallo di pseudo sindacalisti a livello Nazionale, stanno spingendo per facilitare normative sui i LICENZIAMENTI FACILI e l’ ‘ABOLIZIONE DELL’ART. DELL’ART. 18 ( o quanto meno della sua trasformazione in peggio) !!
LAVORATORI OCCHIO!! Il falso in bilancio depenalizzato, potrebbe incoraggiare ed incentivare molte aziende a falsificare i propri bilanci alfine di risultare FRAUDOLENTEMENTE IN CRISI ……e ……. LICENZIARI I LAVORATORI !!
CIO’ STA GIA AVVENENDO DA SVARIATI ANNI!! Infatti, in molte aziende i lavoratori si trovano coinvolti nelle procedure di mobilità della legge 223/91, spesso attivate in maniera illecita, e si vedono costretti se non ricattati (prendere o lasciare!), a sottostare ad esasperanti e consolidate strategie, che le Aziende (non solo italiane) attuano alfine di “snellire gli organici” attraverso massicci processi di riorganizzazione aziendale, non escludendo ipotesi di ESTERNALIZZAZIONE FRAUDOLENTA!
Pertanto, si sollecitano i lavoratori coinvolti a lottare per il mantenimento del posto di lavoro,vigilando e non escludendo la possibilità di impugnazione della procedura CIGS (in deroga o meno) previste dalle vigenti leggi, onde scongiurare casi fraudolenti ed elusivi delle leggi; tendenti molto spesso alla precarizzazione dei lavoratori, mediante successivi trasferimenti di rami d’azienda, esternalizzazioni, appalti, soppressione illecita di reparti e quant’altro.
Concludendo, l’ART.18 …non può e non deve essere abolito!!!
Anche per evitare, che in un futuro prossimo, si corra il rischio di vedersi ” legalizzare ” norme improprie e pretestuose, basate sulla competizione selvaggia e schiavistica dei lavoratori!
L’ART. 18 – LG 300/70, ..QUINDI, ……. NON SOLO NON DEVE ESSERE ABOLITO, MA VA ESTESO A TUTTI I LAVORATORI! Poiché trattasi di un valido strumento necessario a contrastare l’abuso e l’illegalità che si manifesta nei luoghi di lavoro, risultando per quello che realmente è, ossia: un concreto parametro di misura della legalità che deve vigere in un paese civile e democratico.!!
Ulisse Scintu



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mercoledì 21 marzo 2012

ART 18 , MOBILITAZIONE , il governo mente

«Le tutele già ci sono, ma si parla di novità»

«Sul lavoro il governo mente»


Sul lavoro il governo mente. Lo ha detto un gruppo di giuslavoristi in una nota diffusa dalla Cgil dell’Emilia Romagna. Secondo i giuslavoristi sarebbero state «false» le affermazioni diffuse dagli organi d’informazioni secondo cui «il Governo Monti, per far digerire la pillola delle modifiche peggiorative a tutele esistenti per i lavoratori, avrebbe prospettato l'esistenza di due interventi nell'opposta direzione».

«IL GOVERNO MENTE»

  I due provvedimenti a cui si fa riferimento sarebbero «l'estensione alle imprese sotto i 16 dipendenti dell'istituto della reintegra in ipotesi di licenziamento discriminatorio; la previsione secondo cui i contratti a tempo determinato non potranno essere reiterati per più di 36 mesi, convertendosi, oltre tale limite temporale, in contratti a tempo indeterminato».
«Entrambe le affermazioni sono false» hanno scritto i docenti Umberto Romagnoli, Luigi Mariucci, Piergiovanni Alleva e Giovanni Orlandini assieme a una cinquantina di noti legali di tutta Italia, «in quanto tali disposizioni già esistono nel nostro ordinamento».

NESSUNA TUTELA IN PIÙ. 

 La prima, hanno sostenuto i giuslavoristi, è contenuta nell'art.3 della legge 108/90, che testualmente dispone: «Il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta e comporta, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, le conseguenze previste dall'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300».
La seconda, sempre secondo il documento diffuso dalla Cgil, è disciplinata «dall'art. 5 comma 4 bis del Dlgs. 368/01, il quale recita: 'Qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto ed un altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato'».

  LANDINI: "CONTRASTEREMO CON OGNI MEZZO DEMOCRATICO LA FOLLIA CHE CANCELLA L'ARTICOLO 18"

  "Una follia che cancella l'articolo 18". Lo ha detto il leader della Fiom, Maurizio Landini,  sottolineando che "non è da escludere alcuna iniziativa".

Per Landini la riforma del mercato del lavoro "non riduce la precarietà, non estende gli ammortizzatori, ma rende solo più facili i licenziamenti.
 La contrasteremo con ogni mezzo, con ogni forma di protesta democratica, nelle fabbriche e nel paese".

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ART 18  
LA CGIL 
 MOBILITAZIONE


La Cgil “farà tutto ciò che serve per contrastare la riforma del mercato del lavoro. Farà le mobilitazioni necessarie, non sarà una cosa di breve periodo”. E’ furibonda il segretario della Cgil Susanna Camusso che chiude così la due giorni di confronto serrato con il Governo sulla riforma del mercato del lavoro. Una mezza ammissione di sconfitta della sua linea da “roulette russa”, ma anche il bisogno di cambiare il passo in una situazione che ha visto ancora Corso d’Italia nell’angolo. E’ “la terza volta, dopo la riforma delle pensioni e le liberalizzazioni”, che “i provvedimenti del governo si scaricano sui lavoratori”. “Davvero una strana idea della coesione sociale”, aggiunge Camusso. Fermo restando, però, che “bisognerà sostenere chi in Parlamento proverà a modificare” questa riforma del lavoro, “facendo sentire che c'è un Paese che la vuole cambiare”.
Il Governo ha preteso il massimo esercitando sull’Art. 18 la raffinata arte dell’immobilismo perpetuo. E Cisl e Uil gli hanno strizzato l’occhiolino. E’ trionfante il segretario della Cisl Raffaele Bonanni quando annuncia che “la Cisl si assume la responsabilità sulla riforma del mercato del lavoro per non lasciare solo il Governo a decidere così come ha fatto sulla questione delle pensioni”.E’ questo quel che è accaduto ieri a palazzo Chigi mentre mezza Italia protestava contro l’attacco ai diritti. Tanto che Camusso si è vista costretta a sollevare nuovamente la questione dell’unità sindacale. “Il fatto che avevamo una ipotesi comune e l'abbiano abbandonata è un problema”. Come si coniughi questo dato con il sostegno al Pd è un mistero. Proprio stamattina, da una parte Stefano Fassino e, dall’altra, Beppe Fioroni hanno espresso due opinioni completamente divergenti sulla proposta del Governo. Staremo a vedere.
Che cosa è che non ha permesso la firma della Cgil in calce ad un testo che per il momento rimane un “verbale”? Innanzitutto, la pretesa del Governo di avere i “licenziamenti facili”. Li chiama proprio così la Cgil. E aggiunge: “Il governo non ha mai accettato alcuna modifica sulla proposta di riforma dell'articolo 18”. Tempi processuali più accelerati? “L'hanno inserito nella riforma della giustizia e immagino per questo tempi rapidi ed efficaci”, ironizza Camusso. Ed elencando i cambiamenti sull'articolo 18 relativi ai licenziamenti disciplinari e per motivi economici ribadisce come “l'effetto deterrente dell'articolo 18 sia profondamente annullato”. L’altro capitolo difficile è quello sulla precarietà. Così se da una parte c’è “qualche elemento positivo sulle forme d'ingresso”, la riforma presentata dal Governo non “cancella la precarietà”, e quella che “il ministro Fornero chiama flessibilità cattiva, è solo un primo passo”. Così come sugli ammortizzatori sociali. Dopo una giornata di incontri tecnici ad alto livello “non abbiamo ancora in mano un testo uno e siamo andati avanti e indietro per ipotesi differenti poi contraddette a seconda dei tavoli”.




Monti e Fornero, appoggiati da Napolitano e con l'accordo segreto con PDL, PD e Terzo Polo, aboliscono l'articolo 18. Non c'era riuscito Berlusconi 10 anni fa
RESPINGERE SUBITO CON LO SCIOPERO GENERALE IL DIKTAT DEL GOVERNO SUL LAVORO
I lavoratori già in piazza spontaneamente o su invito della FIOM
MONTI VATTENE!
Con il settimo incontro svoltosi martedì 19 marzo, siamo dunque giunti alle battute finali di questa finta trattativa imbastita dal governo Monti con le associazioni padronali e i sindacati confederali sulla “riforma del mercato del lavoro”. La proposta messa sul tavolo dal presidente del consiglio e dalla Fornero, al di la delle balle, “lo facciamo per il bene del paese” e “per dare un futuro ai giovani”, è persino peggiore delle anticipazioni avanzate nelle volte precedenti con al centro l'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la liberalizzazione dei licenziamenti individuali e la demolizione degli “ammortizzatori sociali” ciò in un ottica liberista e padronale. Forte dell'appoggio, aperto e assolutamente fuori delle norme di una repubblica parlamentare, del nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano, che ha seguito minuto per minuto questa vicenda, esercitando anche indebite pressioni sulle parti in causa, e con in tasca l'accordo segreto stretto di recente con i partiti che compongono la sua maggioranza parlamentare, PDL, PD e Terzo Polo, Monti ha potuto dire arrogantemente: questa è la riforma, prendere o lasciare.
E' stata una finta trattativa, va ribadito. Lo ha confessato Monti quando ha affermato che “non ci sarà nessun accordo tra governo e parti sociali, ci consultiamo, dialoghiamo, ma il nostro interlocutore principale è il parlamento”. Come a dire sui temi del lavoro non c'è più bisogno di “concertare” con i sindacati. Infatti per la controriforma sulle pensioni non aveva sentito nemmeno il bisogno di sentire il parere dei rappresentanti dei lavoratori; una cosa mai successa in passato. E' di fatto un cambio di relazioni industriali di stampo mussoliniano e fascista, sul modello inaugurato dal nuovo Valletta, Sergio Marchionne, per gli stabilimenti Fiat, che unisce l'abbattimento dei diritti contrattuali dei lavoratori alla cancellazione dei diritti e dell'agibilità sindacali. D'altronde, non si era mai vista una trattativa sindacale accompagnata dalla minaccia sistematica da parte del tandem liberista Monti-Fornero: comunque andremo avanti, comunque la riforma la faremo con o senza il consenso sindacale. E ciò costituisce un arretramento grave nell'ambito degli spazi democratici e del potere contrattuale che riguarda non solo la CGIL ma l'insieme del movimento sindacale italiano. Non vederlo e non contrastarlo immediatamente e fermamente rappresenta un vero e proprio suicidio per i diretti interessati.
Giù la maschera. Il vero e principale obiettivo della “riforma del mercato del lavoro” targata Monti-Fornero è l’abolizione dell'art. 18, è la libertà di licenziamento. La formula proposta per raggiungere questo obiettivo è quello di eliminare l'obbligo del reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti per ragioni economiche e per motivi disciplinari. Lasciando la norma solo per i licenziamenti discriminatori. Se passa questa modifica, la tutela deterrente contro i licenziamenti “senza giusta causa” e “senza giustificato motivo”, viene sostanzialmente cancellata, e le conseguenze per le lavoratrici e i lavoratori saranno devastanti, specie in un momento come questo di recessione produttiva e di crisi aziendali. Con la libertà di licenziare con un semplice indennizzo economico, anche quando il giudice lo sentenzierà come ingiustificato e illegittimo, si afferma il totale dominio del padrone in fabbrica e si rende debole il lavoratore che non potrà difendere i propri diritti. Demolire la tutela sui licenziamenti individuali significa nel contempo indebolire l'insieme dei diritti sindacali dei lavoratori.
Il PMLI e il suo organo, “Il Bolscevico”, l’hanno detto sin dall'inizio; il governo Monti della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale si muove in perfetta continuità con il precedente governo del neoduce Berlusconi. Il quale anche lui, 10 anni orsono, tentò di cancellare l'articolo 18. Gli fu impedito dalla mobilitazione straordinaria delle lavoratrici, dei lavoratori, dei pensionati e degli studenti culminata con la grande e storica manifestazione nazionale del 23 marzo 2002 al Circo Massimo di Roma. Ora ci prova Monti godendo dell'appoggio, tra gli altri, del PD liberale di Bersani. Anche i sindacati collaborazionisti, la CISL di Bonanni, la UIL di Angeletti e l'UGL hanno dato il loro sostanziale consenso, tradendo così in modo plateale gli interessi dei loro stessi iscritti e dei lavoratori tutti.
La CGIL però non ci sta. Resistendo alle enormi pressioni esercitate da Napolitano, dal PD e da una rumorosa e mistificatoria campagna mediatica ha detto chiaro e forte no. Il segretario generale, Susanna Camusso ha affermato: “I lavoratori sono gli unici che subiscono i provvedimenti del governo. E' stato così con le pensioni, è così con la riforma del mercato del lavoro. All'articolo 18 viene tolto completamente la sua funzione di deterrente verso i licenziamenti”. La risposta della CGIL non potrà che essere la mobilitazione. “Faremo tutto quello che serve – ha aggiunto – per contrastare questa riforma. E non sarà una cosa di breve periodo. Dobbiamo decide come accompagnare questa stagione rispetto alla quale faremo tutte le necessarie proposte per essere alla testa di un movimento che porti il lavoro come tema centrale”. Non siamo mai stati teneri con la Camusso, però non possiamo che condividere questa linea di opposizione e di lotta. Già il direttivo nazionale della Cgil ha proclamato 16 ore di sciopero di cui 8 per uno sciopero generale. Benissimo! Ma esso va indetto subito con una manifestazione nazionale a Roma.
Una mobilitazione forte e ampia dei lavoratori è già iniziata. Specie nella fabbriche metalmeccaniche, in particolare del Nord e del Centro Italia. Ci sono stati scioperi e manifestazioni spontanei o su invito della FIOM, con cortei e spesso blocchi stradali e dei binari dei treni. La parola d'ordine è: L'art.18 non si tocca! E' una mobilitazione alla quale va data continuità e va generalizzata coinvolgendo i lavoratori di tutte le categorie, i precari, i pensionati, i disoccupati, gli studenti e le larghe masse popolari.
Ci vuole un movimento di popolo per bloccare le relazioni industriali mussoliniane che massacrano i lavoratori e i sindacati, che cancellano i diritti democratici delle masse. Che tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali, religiose antifasciste e democratiche si uniscano per mandare a casa Monti, degno successore di Berlusconi, e la Marchionne del governo Monti, Elsa Fornero.
(Articolo de “Il Bolscevico”, organo del PMLI, n. 12/2012)



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lunedì 19 marzo 2012

SERVONO PIU' ammortizzatori sociali



 Marco Biagi


Legge Biagi? Soltanto a metà. Il governo Berlusconi “dimenticò” il welfare precario
Nella legge 30 sono rimasti lettera morta gli ammortizzatori sociali pensati dal giuslavorista ucciso dalle Brigate rosse dieci anni fa.

La chiamano “Legge Biagi”, ma la definizione è vera soltanto a metà. 
  Perché la legge 30 di riforma del lavoro, approvata durante il governo Berlusconi nel 2003, ha messo in pratica soltanto una parte delle del famoso “Libro bianco” di Marco Biagi, ucciso dalle Brigate rosse a Bologna il 19 marzo di dieci anni fa. E la metà mancante è quella degli ammortizzatori sociali – tema tornato in discussione in questi giorni con la riforma Fornero – che il giuslavorista reputava necessari anche per controbilanciare la crescente precarietà del lavoro. Primi fra tutti, l‘estensione del sussidio di disoccupazione e le politiche attive in favore dei disoccupati in cerca di impiego.


NON SI OCCUPANO DI NOI, OCCUPIAMOCI DI NOI STESSI
Il fenomeno della disoccupazione interessa ormai 4.000.000 persone – di cui, 1.000.000 over 40 – ed è trasversale, perché riguarda diversi strati sociali. Purtroppo, a oggi, gli interventi della politica non hanno prodotto risultati significativi.

Si è costituito il Movimento per i diritti dei disoccupati – MDD – con l’intento di organizzare l’intera categoria e portare a conoscenza di tutte le istituzioni – comunali, regionali, nazionali – le istanze dei disoccupati.

Ci riuniamo periodicamente presso la Camera del Lavoro, a Milano, Corso Porta Vittoria, 43.

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art.18 . Bisogna fermare il governo




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 Dall'incontro segreto tra i sindacati, tenutosi nella sede della CGIL, Bonanni ed Angeletti escono senza rilasciare dichiarazioni alla stampa, mentre per Maurizio Landini, segr. FIOM: "Bisogna fermare il governo".

 . SupportHost .


Contro-proposta sull'art.18

Lavoro, documento unitario dei sindacati con l'appoggio del Pd.

Stretta finale per la riforma del mercato del lavoro. Alla vigilia dell'incontro decisivo col governo fissato per il 20 marzo, i sindacati hanno deciso di presentarsi a palazzo Chigi con un documento unitario sull'articolo 18.
Una mossa dai molteplici significati, sia per una resa dei conti interna sia per far emergere la reale volontà dell'esecutivo guidato da Mario Monti in prospettiva di un accordo sempre più difficile.
In direzione di questa operazione ha lavorato anche il Partito democratico, che ha spinto per una soluzione condivisa dai sindacati sul tema 'esplosivo' dei licenziamenti, su cui Pier Luigi Bersani ha sempre puntato molto.
In caso di sconfitta su questo fronte, infatti, il Pd rischia un ulteriore scollamento con la base elettorale in vista delle amministrative di maggio.
BERSANI E BONANNI CERCANO DI CONVINCERE CAMUSSO. Per il 19 marzo è stato fissato un pre-vertice fra i tre leader confederali, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. L'incontro è stato convocato all'ultimo momento dopo una giornata di fitti contatti telefonici, dove è emerso un nuovo asse Cisl-Pd in cui Bonanni e Bersani hanno cercato di mantenere unito il fronte a difesa dell'articolo 18, limando le intransigenze della Cgil.
PROPOSTO IL MODELLO TEDESCO. La proposta dei sindacati, già caldeggiata dallo stesso Bersani nei giorni scorsi, è quella del modello tedesco anche se qui c'è da superare l'ostacolo della Cgil che non vorrebbe alcun ritocco alla norma.
Secondo tale modello, di fronte a un licenziamento individuale per motivi economici o organizzativi senza giusta causa, spetta al giudice decidere tra il reintegro o il pagamento di un indennizzo monetario al lavoratore. Allo stesso criterio vengono sottoposti i licenziamenti disciplinari. Bonanni e Bersani lavorano a una mediazione fra governo e Cgil, anche se i margini di manovra sono strettissimi.

Bonanni alla Cgil: «Ognuno si prenda le sue responsabilità»


Lo stesso segretario della Cisl ha voluto avvertire la Cgil: «Non spaccherò il sindacato in caso di mancato accordo», ha detto al Corriere della Sera, «ma ognuno dovrà prendersi le sue responsabilità. Io fino all'ultimo lotterò per trovare un punto di convergenza. Il sindacato non può essere da meno dei partiti che hanno dato il via libera a Mario Monti sulla riforma del lavoro».
Per Bonanni «lasciare solo il governo significa far perdere al sindacato la forza di poter chiedere conto delle politiche generali a tutte le istituzioni».
Altra puntualizzazione nei confronti di Susanna Camusso in merito all'articolo 18: «Far saltare tutto per non accettare qualche modifica mi sembra un atto di forte irresponsabilità», ha affermato Bonanni. «Basta chiarirci bene su quello che deve fare il giudice. Per questo non smetterò di insistere con Cgil e Uil perché si medi verso soluzioni condivise».
ANGELETTI: «NO ALLA NORMA SUI LICENZIAMENTI DISCIPLINARI». Più duro col ministro del Welfare, Elsa Fornero, è stato il leader della Uil Luigi Angeletti: «Un accordo è possibilissimo», ha detto in un'intervista alla Stampa. «Basta togliere questa impuntatura, questa norma sui licenziamenti disciplinari che non c'entra assolutamente niente con l'economia, con la flessibilità, con i posti di lavoro. È una pura questione di potere».
Angeletti ha poi chiesto di «mettere per iscritto le cause per cui un lavoratore può rischiare di essere licenziato. Non farlo serve per avere le mani libere, perché si vuole far sì che in azienda il capo ti possa dire: guarda che ti posso licenziare, quindi non rompere e sta attento. Ci sono cose che io non sono disposto ad accettare», ha concluso.
ICHINO: «L'ART.18 NON SIA UN TABÙ». Il Pd invece, tramite il senatore Pietro Ichino, ha fatto sapere che «l'articolo 18 non è un tabù. La riforma che il ministro Fornero propone segna una svolta importante per il nostro Paese, un cambio di equilibrio». La riforma, secondo Ichino, è necessaria perché serve «all'apertura agli investimenti stranieri» e sull'articolo 18 «la legge contenente la riforma può prevedere che la nuova disciplina incominci ad applicarsi subito ai rapporti nuovi, mentre ai vecchi incomincerebbe ad applicarsi fra un anno e mezzo o due, quando ci saremo messi la recessione alle spalle».
 
http://cipiri5.blogspot.it/2012/03/giu-le-mani-dallarticolo-18.html




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giovedì 15 marzo 2012

Giù le mani dall’articolo 18





Giù le mani dall’articolo 18



La FdS lancia una petizione popolare per la difesa e l’estensione dell’articolo 18



La Federazione della Sinistra ha promosso una petizione popolare nazionale per la tutela e l’estensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che già dalle prime ore ha ricevuto centinaia di adesioni.
Dopo l’aggressione mossa poco meno di dieci anni fa dal governo Berlusconi su mandato di Confindustria e sconfitta anche grazie alla meravigliosa manifestazione della Cgil che ha visto 3 milioni di persone manifestare al Circo Massimo, l’art. 18 è ora tornato al centro degli attacchi del governo Monti e anche di molti esponenti della coalizione che lo sostiene, compresi alcuni dirigenti del Partito Democratico. Proprio l’allargamento dell’area di quanti vogliono una revisione profonda dell’articolo o addirittura una sua totale cancellazione è un dato preoccupante di fronte al quale non si può assistere in silenzio.
Siamo certi che siano tantissimi coloro i quali vogliono esprimersi direttamente in difesa e per l’estensione dell’art. 18, ribadendo inoltre l’idea che un diritto così fondamentale debba valere per tutti i lavoratori senza limitazioni di sorta.
Per questa ragione, partendo proprio in concomitanza con l’importante manifestazione della Fiom del 9 marzo a Roma, la Federazione della Sinistra ha pensato di dare modo a tutti di partecipare a questa battaglia, mettendo a disposizione lo strumento della petizione popolare, che ci auguriamo raggiunga un grande numero di adesioni in tempi brevi, in modo da incidere prima che sia troppo tardi.
Di seguito, il testo della petizione che, insieme alle firme raccolte, presenteremo al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei Deputati.

“Noi sottoscritti/e consideriamo l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori una norma di civiltà.
L’obbligo della reintegra di chi viene ingiustamente licenziato è garanzia per ogni singolo lavoratore ed è al tempo stesso il fondamento per l’esercizio dei diritti collettivi delle lavoratrici e dei lavoratori, a partire dal diritto a contrattare salario e condizioni di lavoro dignitose.
Se l’articolo 18 fosse manomesso ogni lavoratrice e ogni lavoratore sarebbe posto in una condizione di precarietà e di ricatto permanente, essendo licenziabile arbitrariamente da parte del datore di lavoro. Se l’articolo 18 fosse manomesso verrebbero minate in radice le agibilità e libertà sindacali. Per questo motivo va respinta ogni ipotesi di manomissione o aggiramento dell’articolo 18.
L’articolo 18 va invece esteso a tutte le lavoratrici e i lavoratori nelle aziende di ogni dimensione.”
E’ possibile firmare tramite il sito www.federazionedellasinistra.com cliccando qui o sull’immagine “Giù le mani dall’art. 18″ nella colonna destra della pagina.
Massimo Rossi, Portavoce della Federazione della Sinistra


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lunedì 5 marzo 2012

BLOG DI CIPIRI: Giornata europea per la parità retributiva

Giornata europea per la parità retributiva




Uomo-donna, la 'Giornata europea per la parità retributiva'


Oggi 5 marzo è la giornata europea dedicata alla parità retributiva tra uomo e donna.

Con questa iniziativa, giunta alla seconda edizione, la Commissione Europea intende sensibilizzare il pubblico sulle disparità retributive che ancora persistono all'interno della UE a favore dei lavoratori maschi.


BLOG DI CIPIRI: Giornata europea per la parità retributiva: Uomo-donna, la 'Giornata europea per la parità retributiva' Oggi 5 marzo è la giornata europea dedicata alla parità retributiv...

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Con la FIOM il 9 marzo a Roma


 

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Con la FIOM il 9 marzo a Roma






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Con la FIOM il 9 marzo a Roma. 

Comunicato del comitato dei garanti dell'associazione

 “ Lavoro e Libertà”

Comunicato del comitato dei garanti dell'associazione “ Lavoro e Libertà”
L'Europa e l'Italia sono in una fase di profonda turbolenza economica, sociale e democratica.
La crisi nata nel 2007 non è conclusa ed una nuova fase recessiva è già iniziata. Essa nasce dal tentativo testardo delle classi dirigenti, le cui politiche hanno determinato la più grave crisi dal 1929, di volerne uscire con le stesse ricette, con gli stessi gruppi di comando della finanza e dell'economia, salvaguardando gli interessi di una ristretta cerchia sociale. Questo cocciuto tentativo porta con sé la disoccupazione di massa, l'immiserimento di milioni di persone, il fallimento di intere nazioni. E le ricette diventano sempre più estreme: il conflitto sociale è un pericolo e come tale va eliminato alla radice: niente più contratti collettivi, come in Grecia, basta tutele sindacali collettive, come alla Fiat,  quindi via pure l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, tutto deve essere declinato individualmente, basta allo Stato Sociale, il mercato deve dare risposte, basta con i servizi pubblici, l'efficienza del mercato ci penserà.
Si teorizza il fatto che la crisi rende determinati diritti un lusso che non ci si può più permettere e si vuole lasciare mano libera a quel mercato e a quelle politiche delle imprese che hanno creato la crisi.

Noi che abbiamo voluto a suo tempo costituire l'associazione “Lavoro e Libertà” proprio per combattere i primi segni di questo processo riteniamo che la situazione sia a tal punto seria da richiedere una mobilitazione attiva di ogni persona che desideri l'affermazione della giustizia sociale, dell'eguaglianza, della libera e democratica dialettica sociale basata sul conflitto. Non si tratta solo di resistere e difendersi ma anche di rivendicare la possibilità di costruire democraticamente delle soluzioni alternative, soluzioni oggi già oggetto di riflessione di molte forze nella società italiana.
In Italia la resistenza a questo processo è oggi in larga  misura incarnata dalla FIOM e dalle sue scelte politiche e di lotta. Lo sciopero generale da essa convocato per Venerdì 9 Marzo, con manifestazione a Roma è un’occasione per ciascuno di noi di partecipare a questa resistenza e per aprire una nuova fase.
Noi invitiamo quindi tutti ad aderire a tale iniziativa partecipando alla manifestazione e sviluppando nelle prossime settimane momenti di riflessione e discussione pubblica per fare crescere il massimo di consapevolezza della posta in gioco.
Fausto Bertinotti, Sergio Cofferati, Gianni Ferrara, Luciano Gallino, Francesco Garibaldo, Paolo Nerozzi, Rossana Rossanda, Aldo Tortorella, Mario Tronti




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giovedì 1 marzo 2012

Rosarno



 A Rosarno, ogni mattina, un'arancia si sveglia e sa che dovrà essere raccolta da lavoratori in nero, per diventare Fanta. A Rosarno, ogni mattina un lavoratore si sveglia e sa che dovrà essere sottopagato, per poter raccogliere le arance.
A Rosarno,
 non importa che tu sia arancia o lavoratore: sarai spremuto !!!
 
( Anna Mallamo )


Truffa a Inps da 1,6 mln, Gdf scopre 700 falsi braccianti





 ECCO IL PERCHE' DELLA RIVOLTA DEI BRACCIANTI STRANIERI A ROSARNO


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Il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Salerno ha.....continua sotto

 http://cipiri.blogspot.com/2010/10/truffa-inps-da-16-mln-gdf-scopre-700.html




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