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giovedì 21 marzo 2019

Landini: per chi Lavora più Salario e Meno Tasse

Landini, «Per chi lavora più salario e meno tasse. E anche l’articolo 18»


Landini, «Per chi lavora più salario e meno tasse. E anche l’articolo 18»

Il governo ci ha voluto incontrare e questo è importante, perché siamo davanti a un cambio di linea dopo la nostra manifestazione del 9 febbraio». Anche con Renzi all’inizio ci fu dialogo ma poi finì in scontro.

Andrà allo stesso modo? «Io le cose le prendo seriamente e non ho pregiudiziali. Se è solo cortesia o
sostanza lo verificheremo confrontandoci nel merito».
Dietro la scrivania Maurizio Landini ha il ritratto di Giuseppe Di Vittorio fatto da Carlo Levi. Un quadro rimasto per anni negli scantinati della sede di Corso d’Italia dopo che l’allora segretario della Cgil lo rifiutò, offeso perché era stato raffigurato senza cravatta. Landini la cravatta non la porta quasi mai e sorride ricordando l’aneddoto.

Guardiamo al merito, allora. Il nuovo cavallo di battaglia del M5S è il salario minimo. Cosa ne pensa?
«A tutte le persone che lavorano debbono essere garantiti diritti. Non c’è solo il salario, ci sono anche altri istituti come ad esempio le ferie o la malattia. La strada migliore è dare validità erga omnes ai
contratti nazionali, che permetterebbero di considerare i trattamenti economici e normativi complessivi e di essere più aderenti alle diversità di settore»

Confindustria dice che 9 euro l’ora sarebbero troppi.
«Il problema nel nostro Paese è che i salari sono troppo bassi.
Il loro valore reale deve aumentare»

E come si fa?
«Bisogna che i contratti nazionali tornino a far crescere i salari. Ma serve anche un intervento fiscale: è necessario ridurre il peso delle tasse sul lavoro dipendente e sui pensionati, aumentando le detrazioni e rivedendo il sistema delle aliquote».

La flat tax andrebbe bene?
«No, bisogna rispettare il principio della progressività previsto dalla Costituzione. Sia per i redditi, sia per la ricchezza nel suo complesso».

Allora sta parlando della patrimoniale?
«Non mi impicco alla singola parola. Se proprio dobbiamo dargli un nome chiamiamolo contributo di equità. Ma l’importante è andare a prendere i soldi dove ci sono per rilanciare gli investimenti, quelli
pubblici sono crollati del 30% negli ultimi dieci anni, e per creare lavoro».

A proposito di lavoro, il reddito di cittadinanza è un disincentivo a cercarne uno?
«Combattere la povertà è una scelta positiva, è sul come che abbiamo le nostre perplessità. Ad
esempio vengono penalizzati i migranti, le famiglie numerose. E, soprattutto, non basta dare un lavoro a una persona per farla uscire dalla povertà. Si può essere poveri anche lavorando, è questa la
drammatica novità dei nostri tempi. Serve una rete di servizi sociali complessa, e invece qui si mettono in campo i navigator, persone che dovrebbero trovare un lavoro agli altri ma nel frattempo sono precari».

Ma cosa si aspetta sul lavoro da questo governo?
«Vorrei ricordare che il Movimento 5 Stelle aveva nel programma elettorale il ritorno dell’articolo 18.

Questo confronto potrebbe affrontare il tema di come si costruisce uno nuovo statuto dei diritti, che dia tutele anche a quelli che non ce l’hanno, come i rider e i tanti altri sfruttati».

Quindi chiede al governo di ripristinare l’articolo 18?
«La Cgil ha depositato in Parlamento una proposta di legge con un nuovo statuto dei lavoratori che
prevede anche il ripristino e l’estensione delle tutele. E che soprattutto stabilisce come i diritti siano in capo alla persona, non al rapporto di lavoro. Il che vuol dire aprire la strada a tutele reali anche alle partite Iva. Avevano promesso che le leggi di iniziative popolare avrebbero avuto un percorso
preferenziale. Ecco, ne hanno una già pronta con un milione e mezzo di firme».

Un tempo la Cgil era la cinghia di trasmissione del Pci. I tempi sono cambiati, ma come vede Nicola
Zingaretti nuovo segretario Pd?
«Sono rispettoso della loro e della nostra autonomia. Rilevo che le primarie sono stato un fatto
democratico importante. Ha vinto chi si è presentato come il candidato della discontinuità. Se il mondo del lavoro torna ad avere una sua rappresentanza è un elemento di rafforzamento della democrazia. Ma anche lì conta cosa si farà nel merito».



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