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Lavoro e legalità per battere la mafia
Oltre 2000 persone si danno appuntamento a Roma in questi giorni per riflettere e fare il punto della situazione sull’impegno comune per radicare la cultura del rispetto delle regole. È la seconda edizione di Contromafie dopo quella che nel novembre 2006 si era conclusa con un manifesto che vede oggi alcuni obiettivi raggiunti e altre istanze ancora inadempiute.
Ci rendiamo conto oggi che, anche a fronte di alcuni indiscutibili successi, soprattutto da parte della magistratura e delle forze dell’ordine e dei passi in avanti che abbiamo compiuto verso una maggiore consapevolezza frutto dello sforzo educativo, ancora tanto c’è da fare. Noi come organizzazioni sociali ci siamo assunti l’impegno e la responsabilità di compiere ogni passo necessario nella direzione della giustizia ma siamo altrettanto coscienti che nulla sarà possibile realizzare senza il sostegno convinto della politica. A questa spetta il compito di recidere ogni filo sospetto e di produrre leggi efficaci e comportamenti corretti.
Quanto ci amareggia in questi giorni venire a conoscenza di interlocuzioni e patteggiamenti tra pezzi delle istituzioni ed esponenti della criminalità organizzata! Quanto ci indigna sapere che l’indolenza di alcuni, la disponibilità al compromesso di altri, la corruzione di altri ancora… hanno rischiato di vanificare il coraggio e l’impegno trasparente di alcuni servitori onesti e puliti dello Stato.
Quella legge che avevamo ottenuto nel 1996 con un milione di firme e che era costata la vita di Pio La Torre, aveva intuito l’importanza di colpire le mafie nel cuore dei loro interessi e nello stesso tempo poneva un segno forte di riscatto e di liberazione sul territorio. Si trattava di trasformare il frutto del sopruso e della prepotenza in bene posto a servizio della comunità: l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie.
Oggi più che mai abbiamo contezza dell’importanza di quell’intuizione e per questo già nel 2006 chiedevamo di renderla più efficace liberando i beni dalle ipoteche bancarie, creando un’apposita agenzia per la gestione dei beni stessi e la diffusione a livello europeo dello stesso dispositivo. Abbiamo sperimentato quanto sia importante non lasciare mai soli i testimoni di giustizia e i familiari delle vittime innocenti di mafia, abbiamo compreso quanto sia fondamentale preservare la memoria per non regalare al malaffare pezzi preziosi della storia delle nostre comunità, sappiamo che è illusorio sconfiggere le mafie se non si prosciuga il contesto grigio di mentalità, di connivenze, di contiguità con la malavita. Questi obiettivi possono essere raggiunti solo con lo sforzo convergente di tutti: politica, informazione, economia… Ogni giorno ci convinciamo di più che una seria politica del lavoro è una politica contro le mafie, che il rispetto dei diritti di tutte e di tutti restringe lo spazio delle mafie, politiche sociali attente alle persone sono politiche autenticamente antimafia. Sono queste le idee guida che si confronteranno per trovare maggiore forza nel cammino di liberazione del nostro Paese. Lo vediamo anche come un contributo alla lotta contro tutte le mafie del mondo che hanno trovato nutrimento e forza dal processo di globalizzazione e che prosperano anche grazie ai collegamenti transnazionali nelle più diverse attività malavitose. Si intrecciano i destini e anche le speranze che intendiamo rafforzare concretamente in questi giorni.
Responsabile area internazionale di Libera
Tonio Dell’Olio
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venerdì 23 ottobre 2009
mercoledì 21 ottobre 2009
LA SCOPERTA DI TREMONTI
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LA SCOPERTA DI TREMONTI
di Galapagos
Su Il Foglio è stata ripubblicata ieri in prima pagina una lettera apparsa sul il manifesto martedì scorso. Il nostro lettore (a proposto delle previsioni economiche, dei guru e dei teorici che spesso ci ripensano) scriveva che sicuramente «giustificheranno domani la stabilità del lavoro così come oggi la flessibilità». Dopo sette giorni Giulio Tremonti, superministro dell'economia, sembra aver fatto sue quelle osservazioni e ci ha ripensato. Ieri, nel corso di un convegno ha sostenuto: «La mobilità non è un valore, il posto fisso è la base per progetti di vita». E ha incalzato: «In strutture sociali come la nostra il posto fisso» è «la base su cui si organizza il progetto di vita e la famiglia».
Per Luigi Angeletti, mega segretario della Uil, dimentico di aver aver siglato tutti i protocolli che favorivano la flessibilità, «Tremonti parla come un iscritto alla Uil». Guglielmo Epifani, invece, non lo ha iscritto al suo sindacato, ma si è limitato a un più «banale»: «Sulla mobilità chiedete un commento alla Confindustria». Che da sempre non brilla per coerenza. Ultimo esempio: la posizione sull'innalzamento dell'età pensionabile sulla quale a viale dell'Astronomia sono concordi. Salvo poi assistere a livello di singole imprese, ma nel complesso tantissime, a licenziamenti di massa. Espulsioni che riguardano in particolare i lavoratori più anziani (oltre i 50 anni) e le donne. Si potrebbe obiettare: è il profitto che lo impone, le imprese fanno quel che devono fare e, semmai, è lo stato che non provvede con un legislazione adeguata che garantisca ammortizzatori sociali e formazione permanente.
A questo punto la palla torna al governo: a Tremonti e al ministro Sacconi, su tutti. Per anni hanno sostenuto come la flessibilità - in tutte le sue forme - era propedeutica allo sviluppo, a contrastare la concorrenza globale. Il risultato è stato un impoverimento del lavoro, il ritorno al dominio del capitale sul lavoro. Senza contare che un lavoro ipersfruttato e sempre ricattabile ha accompagnato una esaltazione dei profitto a una compressione dei salari a livelli di sussistenza. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, esemplificato dalla crisi attuale. Il punto è che se solo alcuni paesi adottano forme di lavoro precario e flessibile, quei paesi vanno economicamente bene. Ma quando le precarizzazione e i bassi salari sono pratica comune, a rimetterci sono tutti. Perché - lo insegna anche l'economia liberista - non c'è equilibrio tra offerta di merci e domanda. E questo fa inevitabilmente esplodere la recessione. È quello che è accaduto negli ultimi anni: profitti crescenti, consumi calanti con il precipitare nella povertà (assoluta e relativa) di milioni di nuove persone.
Sicuramente si potrebbero bilanciare gli squilibri con un'intensa operazione di distribuzione del reddito sotto forma di maggior welfare. Ma anche questa ricetta semplice non è stata seguita. Anzi, con le privatizzazioni (perfino di monopoli naturali) si è data nuova linfa al profitto. Tremonti ci pensi. A meno che la sua vera intenzione non sia quella espressa dalla vignetta di Vauro.
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giovedì 8 ottobre 2009
I «no Api» e gli operai
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I «no Api» e gli operai
Zeno Leoni
Diritto alla salute e all’ambiente o diritto al lavoro? La raffineria di Falconara è il simbolo di un conflitto creato dal profitto e da un’industria arretrata, che inquina, fa ammalare e poi licenzia
Con l’annuncio della cassa integrazione per centoquaranta dipendenti fra turnisti e personale amministrativo e giornaliero, la raffineria Api di Falconara Marittima [Ancona] non è più solamente il simbolo di una battaglia ambientale, del grande male da sconfiggere. Da giovedì 30 settembre, le sorti di quell’eco-mostro italiano che avvelena il nostro habitat da oltre mezzo secolo, si incrocia nuovamente con la vita di molti uomini che ogni mattina si alzano per non essere inghiottiti da una becera «selezione naturale». E che di perdere il posto di lavoro, per quanto logorante esso sia, proprio non possono permetterselo. Così, a poche ore dalla decisione, gli operai si sono riversati in strada per bloccare il traffico, mentre lunedì scorso circa cento di loro si sono di nuovo mobilitati chiudendo l’accesso alla raffineria dalle quattro del mattino fino alle nove e trenta. L’azienda conta circa cinquecento dipendenti con un indotto di 2.000 persone: numeri che rendono l’idea dell’impatto. «E’ un momento difficile legato a basse performance», dice l’amministratore. «E’ colpa di chi ha impedito la costruzione delle due centrali termoelettriche, quelle avrebbero portato lavoro», gli fa eco qualche sindacalista scellerato.
La storia dell’Api comincia cinquantanove anni fa, nel 1950, quando l’impianto battezzato dal ministro dell’industria, Giuseppe Togni, è idoneo a produrre. E da quell’anno, come ricorda in tono celebrativo l’Api, è «un susseguirsi di ampliamenti territoriali». Si producono le nuove benzine Sprint 84/86 e Supersprint 92/94, oltre a distribuire Gpl e bitume. Oggi la raffineria è estesa su 70 ettari e raffina 3,9 milioni di tonnellate di greggio ogni anno grazie a 128 serbatoi. Il tutto corredato da una piattaforma fissa, a 16 chilometri dalla costa; isola con doppio attracco, a 4 chilometri; pontile connesso direttamente alla raffineria. Così la piovra estende sopra a Falconara i suoi tentacoli. Negli anni ‘80 e ‘90 sono i dirigenti territoriali dei Verdi a condurre una forte campagna di mobilitazione contro la centrale e il movimento riesce ad eleggere propri rappresentanti trascinati dall’onda della rabbia popolare. Un impegno pagato a caro prezzo, perché gli sgambetti sia da parte della segreteria nazionale che degli alleati negli enti locali non si contano. La svolta arriva il 25 agosto del ’99: l’esplosione di una pompa spinge Falconara e i comuni limitrofi sull’orlo di un’ecatombe, poi scongiurata. Il bilancio è di due lavoratori morti, centinaia di cittadini in fuga da due quartieri a ridosso della raffineria e dieci persone ricorse a cure mediche.
Comincia una sollevazione senza precedenti, che porta i cittadini a costituirsi parte civile e a ottenere il riconoscimento di parte lesa. Un altro punto di cesura, che ha il sapore di una nuova beffa, è il rinnovo nel 2003 della concessione all’Api, decisione shock decisa in anticipo di cinque anni [sarebbe dovuta avvenire nel 2008] da parte dell’assessore regionale ed esponente di
Rifondazione comunista. «Dal quel momento chiediamo, nel tavolo con i sindacati, di avviare un nuovo percorso – spiega Loris Calcina, dei Comitati di quartiere – che va verso l’energia alternativa, come Api Nòva fa da tempo nel sud Italia con l’eolico. Ci definirono utopistici, e così abbiamo perso sei anni». I test svolti da parte del fronte «no Api» sugli abitanti parlano di un aumento evidente degli attacchi al sistema linfatico, cioè leucemie. Nonostante il rinnovo dell’autorizzazione imponga norme di sicurezza più rigorose, Falconara assiste a una lunga serie di incidenti minori. Il più grave è nel 2007, quando la fuoriuscita in mare di olio combustibile porta al divieto di balneazione lungo il litorale. Un evento inedito. Per il prossimo lunedì, 12 ottobre, è fissato il primo sciopero annunciato, e gli operai incontreranno il sindaco Brandoni. Seguirà la mobilitazione del 19, la settimana successiva.
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I «no Api» e gli operai
Zeno Leoni
Diritto alla salute e all’ambiente o diritto al lavoro? La raffineria di Falconara è il simbolo di un conflitto creato dal profitto e da un’industria arretrata, che inquina, fa ammalare e poi licenzia
Con l’annuncio della cassa integrazione per centoquaranta dipendenti fra turnisti e personale amministrativo e giornaliero, la raffineria Api di Falconara Marittima [Ancona] non è più solamente il simbolo di una battaglia ambientale, del grande male da sconfiggere. Da giovedì 30 settembre, le sorti di quell’eco-mostro italiano che avvelena il nostro habitat da oltre mezzo secolo, si incrocia nuovamente con la vita di molti uomini che ogni mattina si alzano per non essere inghiottiti da una becera «selezione naturale». E che di perdere il posto di lavoro, per quanto logorante esso sia, proprio non possono permetterselo. Così, a poche ore dalla decisione, gli operai si sono riversati in strada per bloccare il traffico, mentre lunedì scorso circa cento di loro si sono di nuovo mobilitati chiudendo l’accesso alla raffineria dalle quattro del mattino fino alle nove e trenta. L’azienda conta circa cinquecento dipendenti con un indotto di 2.000 persone: numeri che rendono l’idea dell’impatto. «E’ un momento difficile legato a basse performance», dice l’amministratore. «E’ colpa di chi ha impedito la costruzione delle due centrali termoelettriche, quelle avrebbero portato lavoro», gli fa eco qualche sindacalista scellerato.
La storia dell’Api comincia cinquantanove anni fa, nel 1950, quando l’impianto battezzato dal ministro dell’industria, Giuseppe Togni, è idoneo a produrre. E da quell’anno, come ricorda in tono celebrativo l’Api, è «un susseguirsi di ampliamenti territoriali». Si producono le nuove benzine Sprint 84/86 e Supersprint 92/94, oltre a distribuire Gpl e bitume. Oggi la raffineria è estesa su 70 ettari e raffina 3,9 milioni di tonnellate di greggio ogni anno grazie a 128 serbatoi. Il tutto corredato da una piattaforma fissa, a 16 chilometri dalla costa; isola con doppio attracco, a 4 chilometri; pontile connesso direttamente alla raffineria. Così la piovra estende sopra a Falconara i suoi tentacoli. Negli anni ‘80 e ‘90 sono i dirigenti territoriali dei Verdi a condurre una forte campagna di mobilitazione contro la centrale e il movimento riesce ad eleggere propri rappresentanti trascinati dall’onda della rabbia popolare. Un impegno pagato a caro prezzo, perché gli sgambetti sia da parte della segreteria nazionale che degli alleati negli enti locali non si contano. La svolta arriva il 25 agosto del ’99: l’esplosione di una pompa spinge Falconara e i comuni limitrofi sull’orlo di un’ecatombe, poi scongiurata. Il bilancio è di due lavoratori morti, centinaia di cittadini in fuga da due quartieri a ridosso della raffineria e dieci persone ricorse a cure mediche.
Comincia una sollevazione senza precedenti, che porta i cittadini a costituirsi parte civile e a ottenere il riconoscimento di parte lesa. Un altro punto di cesura, che ha il sapore di una nuova beffa, è il rinnovo nel 2003 della concessione all’Api, decisione shock decisa in anticipo di cinque anni [sarebbe dovuta avvenire nel 2008] da parte dell’assessore regionale ed esponente di
Rifondazione comunista. «Dal quel momento chiediamo, nel tavolo con i sindacati, di avviare un nuovo percorso – spiega Loris Calcina, dei Comitati di quartiere – che va verso l’energia alternativa, come Api Nòva fa da tempo nel sud Italia con l’eolico. Ci definirono utopistici, e così abbiamo perso sei anni». I test svolti da parte del fronte «no Api» sugli abitanti parlano di un aumento evidente degli attacchi al sistema linfatico, cioè leucemie. Nonostante il rinnovo dell’autorizzazione imponga norme di sicurezza più rigorose, Falconara assiste a una lunga serie di incidenti minori. Il più grave è nel 2007, quando la fuoriuscita in mare di olio combustibile porta al divieto di balneazione lungo il litorale. Un evento inedito. Per il prossimo lunedì, 12 ottobre, è fissato il primo sciopero annunciato, e gli operai incontreranno il sindaco Brandoni. Seguirà la mobilitazione del 19, la settimana successiva.
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Domani sciopero generale dei metalmeccanici
venerdì 2 ottobre 2009
Boom dei disoccupati E Tremonti si butta sul sud
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Boom dei disoccupati E Tremonti si butta sul sud
Nuovi dati preoccupanti dal fronte della crisi. Ieri l'Inps ha diffuso le cifre relative alla richiesta di assegni di disoccupazione e alla cassa integrazione, conteggiate sull'ultimo anno. Ebbene, da inizio agosto 2008 a fine luglio 2009 le domande per la disoccupazione sono schizzate in alto, toccando quasi il milione (esattamente sono state 984.286): notevole anche l'incremento percentuale, pari a +52,2%. Molto pesanti i numeri relativi alla cassa integrazione: quella ordinaria è addirittura quadruplicata in un anno (+409,4% dall'1 settembre 2008 al 31 agosto 2009), mentre quella straordinaria è aumentata dell'86,7% (la media fa dunque +222,3%). Il presidente dell'Inps, Antonio Mastropasqua, come pure la maggioranza e il governo, leggono il lato positivo delle cifre: cioè il fatto che il trend starebbe comunque rallentando. L'opposizione sottolinea la gravità del momento e l'inadeguatezza degli interventi messi in campo dall'esecutivo, mentre la Cgil contesta la completezza dei dati, chiedendo all'Inps di pubblicarne altri: ad esempio quelli sui collaboratori.
Intanto ieri il ministro più «generoso» nel dichiarare è stato di gran lunga Giulio Tremonti: il titolare dell'Economia ha annunciato che il governo sta dando un'accelerata all'avvio della Banca del Sud, e che la sua regia sarà tenuta saldamente nelle mani di Palazzo Chigi. Quella che insomma era la Cassa del Mezzogiorno, per Tremonti «oggi può essere l'Agenzia a Palazzo Chigi o l'Istituto per lo sviluppo del Meridione». La raccolta sarà gestita dalle banche di credito cooperativo, sul modello del Crédit Agricole francese, e il governo agirà per fissare i criteri e le fiscalità di vantaggio. Proprio su quest'ultimo punto, il ministro ha detto che sta pensando di «abbattere la ritenuta fiscale sui depositi nelle banche che poi vengono reinvestiti nel territorio». Quanto all'iter della Banca ventura, Tremonti ha detto che «nei prossimi giorni sarà presentato il disegno di legge».
Tornando ai dati sulla disoccupazione, il presidente dell'Inps Mastropasqua offre un assist al governo quando afferma che «le risorse messe a disposizione per la cassa integrazione potrebbero essere addirittura 4 volte superiori al fabbisogno». E poi nota che comunque da luglio rallenta sia il trend delle domande di disoccupazione, che quello delle ore di cassa: se in un anno le prime sono cresciute del 52%, «nel luglio 2009 sono aumentate del 20% rispetto al luglio 2008. La stessa crescita frenata che abbiamo visto nelle richieste di cassa, da tre mesi in progressiva contrazione».
Altri numeri interessanti dal fronte Inps: l'isituto ha raggiunto un attivo di oltre 3,7 miliardi nel 2009, e nel 2010 prevede un risultato di esercizio positivo per 3 miliardi di euro e un avanzo finanziario superiore ai 4,5 miliardi. Nel 2010 gli aventi diritto alla pensione di anzianità saranno in aumento del 49% rispetto a quest'anno.
Più in generale, rispetto alla crisi, Tremonti spiega che «il tempo è stretto e quella che ci si prospetta non è l'età dell'oro». Secondo Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, «la crisi non è finita» e «la disoccupazione è un problema serio»: «In Italia è al 7,4% ma la Confindustria stima che ci sarà un peggioramento nei prossimi mesi - ha detto - Speriamo che nel 2010 possiamo arrivare a un 9,5%: noi insistiamo e chiediamo stanziamenti per gli ammortizzatori sociali e supporto alle imprese».
Il Pd, con Bersani e Treu, chiede più ammortizzatori sociali. La Cgil, con il segretario Fulvio Fammoni, dice che «finalmente emergono alcuni dei dati che da mesi chiediamo e che dimostrano quanto sia pesante la crisi». Secondo stime Cgil, «nell'intero 2009 la sola disoccupazione ordinaria raddoppierà rispetto al 2008». «In una lettera che abbiamo inviato a fine luglio al ministro del Lavoro e al Presidente dell'Inps - conclude - abbiamo chiesto: quante e quali realtà produttive raggiungeranno nei prossimi mesi il tetto massimo delle 52 settimane di cig ordinaria, i dati della disoccupazione con requisiti ridotti, quelli della gestione separata relativa ai collaboratori: conoscere in piena trasparenza lo stato delle cose è indispensabile. Un'ulteriore difficoltà di accesso ai dati non è comprensibile».
di Antonio Sciotto
INPS - Un milione di assegni: +52%. Via alla banca del Mezzogiorno
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Boom dei disoccupati E Tremonti si butta sul sud
Nuovi dati preoccupanti dal fronte della crisi. Ieri l'Inps ha diffuso le cifre relative alla richiesta di assegni di disoccupazione e alla cassa integrazione, conteggiate sull'ultimo anno. Ebbene, da inizio agosto 2008 a fine luglio 2009 le domande per la disoccupazione sono schizzate in alto, toccando quasi il milione (esattamente sono state 984.286): notevole anche l'incremento percentuale, pari a +52,2%. Molto pesanti i numeri relativi alla cassa integrazione: quella ordinaria è addirittura quadruplicata in un anno (+409,4% dall'1 settembre 2008 al 31 agosto 2009), mentre quella straordinaria è aumentata dell'86,7% (la media fa dunque +222,3%). Il presidente dell'Inps, Antonio Mastropasqua, come pure la maggioranza e il governo, leggono il lato positivo delle cifre: cioè il fatto che il trend starebbe comunque rallentando. L'opposizione sottolinea la gravità del momento e l'inadeguatezza degli interventi messi in campo dall'esecutivo, mentre la Cgil contesta la completezza dei dati, chiedendo all'Inps di pubblicarne altri: ad esempio quelli sui collaboratori.
Intanto ieri il ministro più «generoso» nel dichiarare è stato di gran lunga Giulio Tremonti: il titolare dell'Economia ha annunciato che il governo sta dando un'accelerata all'avvio della Banca del Sud, e che la sua regia sarà tenuta saldamente nelle mani di Palazzo Chigi. Quella che insomma era la Cassa del Mezzogiorno, per Tremonti «oggi può essere l'Agenzia a Palazzo Chigi o l'Istituto per lo sviluppo del Meridione». La raccolta sarà gestita dalle banche di credito cooperativo, sul modello del Crédit Agricole francese, e il governo agirà per fissare i criteri e le fiscalità di vantaggio. Proprio su quest'ultimo punto, il ministro ha detto che sta pensando di «abbattere la ritenuta fiscale sui depositi nelle banche che poi vengono reinvestiti nel territorio». Quanto all'iter della Banca ventura, Tremonti ha detto che «nei prossimi giorni sarà presentato il disegno di legge».
Tornando ai dati sulla disoccupazione, il presidente dell'Inps Mastropasqua offre un assist al governo quando afferma che «le risorse messe a disposizione per la cassa integrazione potrebbero essere addirittura 4 volte superiori al fabbisogno». E poi nota che comunque da luglio rallenta sia il trend delle domande di disoccupazione, che quello delle ore di cassa: se in un anno le prime sono cresciute del 52%, «nel luglio 2009 sono aumentate del 20% rispetto al luglio 2008. La stessa crescita frenata che abbiamo visto nelle richieste di cassa, da tre mesi in progressiva contrazione».
Altri numeri interessanti dal fronte Inps: l'isituto ha raggiunto un attivo di oltre 3,7 miliardi nel 2009, e nel 2010 prevede un risultato di esercizio positivo per 3 miliardi di euro e un avanzo finanziario superiore ai 4,5 miliardi. Nel 2010 gli aventi diritto alla pensione di anzianità saranno in aumento del 49% rispetto a quest'anno.
Più in generale, rispetto alla crisi, Tremonti spiega che «il tempo è stretto e quella che ci si prospetta non è l'età dell'oro». Secondo Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, «la crisi non è finita» e «la disoccupazione è un problema serio»: «In Italia è al 7,4% ma la Confindustria stima che ci sarà un peggioramento nei prossimi mesi - ha detto - Speriamo che nel 2010 possiamo arrivare a un 9,5%: noi insistiamo e chiediamo stanziamenti per gli ammortizzatori sociali e supporto alle imprese».
Il Pd, con Bersani e Treu, chiede più ammortizzatori sociali. La Cgil, con il segretario Fulvio Fammoni, dice che «finalmente emergono alcuni dei dati che da mesi chiediamo e che dimostrano quanto sia pesante la crisi». Secondo stime Cgil, «nell'intero 2009 la sola disoccupazione ordinaria raddoppierà rispetto al 2008». «In una lettera che abbiamo inviato a fine luglio al ministro del Lavoro e al Presidente dell'Inps - conclude - abbiamo chiesto: quante e quali realtà produttive raggiungeranno nei prossimi mesi il tetto massimo delle 52 settimane di cig ordinaria, i dati della disoccupazione con requisiti ridotti, quelli della gestione separata relativa ai collaboratori: conoscere in piena trasparenza lo stato delle cose è indispensabile. Un'ulteriore difficoltà di accesso ai dati non è comprensibile».
di Antonio Sciotto
INPS - Un milione di assegni: +52%. Via alla banca del Mezzogiorno
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