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domenica 27 ottobre 2019

Cile: la Protesta non si Ferma



Cile: la Protesta non si Ferma

1 milione di persone in piazza
Paralizzata la capitale Santiago. Il malcontento è esploso nei giorni per gli aumenti dei prezzi.
Il presidente Pinera promette adesso interventi per i pensionati

Un autentico tsunami umano di un milione di persone si è abbattuto nel pomeriggio sulle grandi Alamedas del centro di Santiago del Cile, in occasione della conclusione dell’ottavo giorno di proteste sociali che nessuno si attendeva, così ampie, e che hanno preso a pretesto un minimo aumento del biglietto della metropolitana. I media cileni e gli organizzatori della manifestazione hanno concordato sulla partecipazione di «oltre un milione di persone», ossia superiore a quella che 31 anni fa portò il centro sinistra in piazza nella capitale alla vigilia del referendum voluto da Pinochet per cercare di restare al potere. «Il Cile si è svegliato!», è lo slogan che hanno ripetuto in piazza giovani, donne, anziani, studenti e lavoratori che tutti i giorni da venerdì scorso hanno riempito Plaza Italia, il luogo prediletto dai cileni per i festeggiamenti.

Di fronte alla decisione della piazza, il presidente Sebastian Pinera ha quasi subito revocato l’aumento del biglietto della metro, annunciando qualche tempo dopo i lineamenti di una `Agenda sociale concertata con i partiti´ con priorità come l’aumento delle pensioni e del salario minimo, nonché una attenuazione del costo della salute pubblica per il cittadino. Di fronte alle tensioni sviluppatesi in Ecuador, giorni fa, il capo dello Stato aveva definito il Cile come «un’oasi» rispetto alla situazione sociale, politica ed economica del resto dei Paesi della Regione. Oggi il governo cileno ha avuto però un ulteriore brusco risveglio, constatando l’enorme mobilitazione popolare nella capitale, in un periodo in cui molte regioni si trovano in stato di emergenza e varie città attivano un coprifuoco serale. I portavoce della piattaforma `Unidad Social´ hanno informato che fra gli obiettivi che la mobilitazione vuole raggiungere c’è che i militari si ritirino dalle strade, che il Parlamento abbandoni tutte le leggi antipopolari, e che si lavori ad una nuova Costituzione attraverso lo strumento delle Assemblee costituenti. Le tv mostravano in serata il centro città a Santiago completamente paralizzato, senza alcun tipo di transito veicolare, per una manifestazione che comunque prosegue in modo totalmente pacifico. Ad ovest la marea umana ha raggiunto quasi le propaggini del palazzo presidenziale della Moneda, mentre ad est arriva fino alla zona di Salvador.




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venerdì 11 ottobre 2019

Turchia attacca Curdi con jihadisti



Turchia attacca Curdi con jihadisti


Terrore turco.
Erdogan lancia l’attacco, bombe e cannonate sulle città curde
Ieri appena i soldati statunitensi hanno evacuato le due postazioni frontaliere di Ras al Ayn e Tal Abyad, la Turchia ha dato inizio alla “Operazione fonte di pace" – così l’ha chiamata il Erdogan - contro il popolo curdo nel Rojava.
È partito l’attacco militare di Erdogan ai curdi della Siria. Raid aerei e tiri di artiglieria sulle città di frontiera. Le prime vittime sono civili. Dopo la ritirata di Trump.

"Oggi la Turchia non attacca da sola al confine con il Rojava, ma con i jihadisti, con questi miliziani. Chiediamo come mai un Paese Nato possa attaccare con i jihadisti la coalizione che ha combattuto l'Isis. La Turchia può fare facilmente un genocidio, uccide tutti, bombarda tutti. Lanciamo un appello alla comunità internazionale per fermare gli attacchi e creare una zona cuscinetto in Siria". Lo ha dichiarato Dalbr Jomma Issa, una comandante delle milizie curde YPJ, in conferenza stampa alla Camera. "Purtroppo ieri sono avvenuti questi attacchi, e abbiamo le foto. La Turchia dice che attaccano zone militari, ma qui ci sono foto che mostrano che a loro non importa di civili e militari, uccidono tutti", ha dichiarato, mostrando alcune immagini stampate su un foglio. A margine, la comandante ha riferito che le forze curde hanno avuto notizie questa mattina di "un villaggio bombardato dai turchi e tantissime famiglie sono state uccise".

La comandante ha poi aggiunto: "L'idea di un intervento Onu può sicuramente aiutare. Da sempre abbiamo detto che vogliamo i caschi blu. Se le Nazioni unite riuscissero a mandare una forza tra noi e la Turchia e tra noi e il regime. Due possibilità possono fermare la guerra: o l'Onu realizza una ‘no fly zone' cuscinetto o può portare le forze delle Nazioni Unite. Ci sono tantissime dichiarazioni di diversi Paesi, alcuni hanno preso posizioni positive ma questo non basta a fermare la Turchia, chiediamo ai Paesi di prendere una nuova posizione per fermare la Turchia,
 non solo per condannare", ha affermato.

Dalbr Jomma Issa ha concluso: "Se qualcuno attacca il nostro Paese dobbiamo difenderci, siamo pronti, le nostre forze sono al confine combattendo, non lasceremo mai che le forze della Turchia superino i confini, ma la Turchia non ha iniziato operazioni a terra. Noi come forza democratica in Siria prima di tutto crediamo nella forza del nostro popolo per liberare quelle zone, ma abbiamo la speranza che la comunità internazionale fermi gli attacchi in Turchia con gli aerei. Il nostro problema è questo, non abbiamo modo di difenderci dagli attacchi aerei", ha spiegato. "L'America ha tante basi militari in Siria, soprattutto sul confine con la Turchia, e queste basi sono ancora lì ma sul confine gli Usa si sono ritirati", ha riferito la comandante. "Noi abbiamo un esercito enorme e tantissime armi, ma sempre sulla terra. Se l'America dovesse fornirci armi antiaeree significherebbe che gli Usa vogliono fermare la guerra, e crediamo che l'America non voglia farlo".


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giovedì 10 ottobre 2019

Firmati Lega Disastri su Immigrazione e Profughi



Salvini: tutti i disastri su immigrazione e profughi sono firmati Lega

Salvini: tutti i disastri su immigrazione e profughi sono firmati Lega
Il Trattato di Dublino, la Bossi-Fini, gli emendamenti ai trattati Sar e Solas: se oggi ci troviamo nei 
pasticci con la gestione degli sbarchi e dei richiedenti asilo è tutta colpa di tre leggi ratificate dal 
governo Berlusconi in carica dal 2001 al 2006. Di cui la Lega era fedele alleata

Trattato di Dublino, legge Bossi-Fini, emendamenti alla convenzione Sar e Solas. Segnatevi queste tre norme, perché sono loro all’origine di tutto ciò che non funziona nell’attuale gestione dei richiedenti asilo in arrivo dall’Africa, e più nello specifico nella tragica vicenda della nave Aquarius, bloccata nella crisi diplomatica tra Italia e Malta e ora, pare, diretta in Spagna. Tre norme che, curiosamente, sono state tutte approvate tra il 2001 e il 2004. Anni in cui al governo c’era Silvio Berlusconi, insieme ad Alleanza Nazionale e - udite udite! - alla Lega Nord.

E insomma, è curioso che siamo proprio loro, gli incendiari di allora, a essere stati chiamati a gran voce dall’elettorato italiano per spegnere il fuoco. È curioso, ad esempio, che Salvini sbraiti contro la 

Convenzione di Dublino, ratificata nel 2003, secondo cui il primo Stato membro in cui vengono 
memorizzate le impronte digitali o viene registrata una richiesta di asilo è responsabile della richiesta 
d'asilo di un rifugiato. Già allora non ci voleva un genio per capire che un simile regolamento sarebbe stato un problema per i Paesi di confine, soprattutto quelli che affacciano sul Mediterraneo, in caso di crisi umanitarie. Tant’è, i nostri eroi l’hanno ratificata lo stesso.

Quel che si recupera in prossimità delle coste maltesi - come i naufraghi salvati sull'Aquarius - sbarca comunque in Italia, e sbarca col foglio di richiesta di asilo politico, perché solo così si può entrare, e 
tocca all’Italia occuparsene, perché così hanno deciso Berlusconi, Bossi e Fini. O se preferite, Forza 
Italia, la Lega e Alleanza Nazionale Nessuno, in effetti, l’aveva pensato. 
Ma i nostri valorosi governanti di allora avrebbero dovuto immaginarlo. 

Il 30 luglio 2002, pochi mesi prima, era infatti entrata in vigore la legge Bossi-Fini sull’immigrazione, la quale vincolava il permesso di soggiorno in Italia con un lavoro effettivo. Tradotto: se non ti chiamava qualcuno, in Italia non ci potevi entrare.  A meno che non ti definisci, per qualche motivo, richiedente asilo politico. Risultato? Il numero dei rifugiati cresce di anno in anno, soprattutto negli ultimi tre, e il motivo è piuttosto semplice: se vuoi sperare di arrivare ovunque in Europa l’unico modo che hai per non farti rimandare a casa è fare richiesta di asilo umanitario. Del resto, se la porta d’accesso è una sola, la macchina si ingolfa e possono passare anni prima che una richiesta sia accettata o meno, e i richiedenti asilo si accumulano, di anno in anno.

E sapete perché si accumulano? Perché l’anno dopo ancora i nostri eroi forza-leghisti si inventano un 
altro capolavoro e nel 2004 ratificano due emendamenti alle convenzioni Sar e Solas secondo i quali 
l’obbligo di fornire un luogo d’approdo sicuro per i naufraghi "ricade sul Governo contraente 
responsabile per la regione Sar in cui i sopravvissuti sono stati recuperati”. Ratificano, e probabilmente nessuno spiega loro che il fatto che la piccola isola di Malta non ratifichi sia in realtà un problema enorme, perché la sua area di search & rescue (cerca e salva)
 è immensa, rispetto alla sua superficie. 

Tradotto: quel che si recupera in prossimità delle coste maltesi - come i naufraghi salvati sull'Aquarius - sbarca comunque in Italia, e sbarca col foglio di richiesta di asilo politico, perché solo così si può entrare, e tocca all’Italia occuparsene, perché così hanno deciso Berlusconi, Bossi e Fini. O se preferite, Forza Italia, la Lega e Alleanza Nazionale.

Sì, gli stessi che oggi si stringono a coorte col titolare del Viminale, nella sua strenua battaglia contro la nave Aquarius, le sue 629 anime, le organizzazioni non governative battenti bandiera di Gibilterra, i buonisti di sinistra, gli editorialisti radical chic. Non diteglielo, a Matteo Salvini, 
che il vero nemico, la causa di tutti i suoi crucci, ce l’ha davanti. Allo specchio.

Salvini: tutti i disastri su immigrazione e profughi sono firmati Lega. Il Trattato di Dublino, la Bossi-Fini,   gli emendamenti ai trattati...




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Legge Elettorale: la Lega ha depositato in Cassazione   la richiesta di consultazione avanzata da 8   consigli regionali per un sistema maggioritario.  Seri dubbi dei costituzionalisti...


Soldi Russi alla Lega

Soldi russi alla Lega

 Spunta il “pizzino” di Savoini: il 4% destinato al partito

Ecco una delle prove che potrebbe dare la vera svolta all’inchiesta sui presunti fondi della Russia destinati alla Lega di Matteo Salvini. Uno schema, scritto a mano, ma dettagliato, su come 65 milioni di dollari sarebbero dovuti entrare nelle casse di via Bellerio. Un vero e proprio “pizzino” destinato a Gianluca Savoini, fotografato, condiviso in chat e recuperato dopo mesi dagli investigatori: nelle mani della procura di Milano, sarebbe diventato una prova fondamentale nel caso dei presunti fondi russi alla Lega.

Come riporta Repubblica, il foglio sarebbe stato scritto dall’avvocato Gianluca Meranda, presente insieme a Gianluca Savoini e al consulente bancario Francesco Vannucci, all’incontro nell’hotel Metropol di Mosca. Lo scorso 18 ottobre, gli italiani incontrarono tre funzionari russi per discutere della compravendita di gasolio russo scontato, ai fini di destinare quel margine di 65 milioni di dollari alla campagna elettorale della Lega.



Il foglio, scritto a penna da Meranda, è stato condiviso dall’avvocato nelle chat con gli altri due presenti: “Farò solo uno screenshot qui e ve lo manderò in modo che siamo sincronizzati – afferma Meranda in riferimento al pizzino, non sapendo che qualcuno stesse registrando e che quella conversazione sarebbe stata poi pubblicata da BuzzFeed -. Ok, signori, penso che le cose stiano andando nella giusta direzione”.

Sul pizzino ci sarebbero le cifre esatte della presunta tangente russa alla Lega. Della compravendita del gasolio con acquirente finale Eni, il 4% sarebbe dovuto andare al partito di Matteo Salvini, il 6% ai russi. Adesso quel foglio, sotto forma di file jpg, sarebbe una prova in mano al procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e ai pm Sergio Spadaro e Gaetano Ruta.




La prova che, anche se non si è concretizzato, l’accordo al Metropol è stato “perfezionato”. Il documento, recuperato dalla Guardia di Finanza nei telefonini dei tre italiani, indagati per corruzione internazionale, è importante perché i numeri sembrano confermare l’audio di BuzzFeed. “L’idea – diceva Meranda -, come concepita dai nostri ragazzi politici è che, con uno sconto del 4 per cento, 250mila più 250mila al mese per un anno, possono sostenere una campagna”.

Le Fiamme Gialle speravano di trovare altro materiale nelle conversazioni di Savoini su Wickr, app di messaggistica che permette l’autodistruzione delle chat, ma l’ex presidente dell’associazione Lombardia-Russia si è rifiutato di consegnare le password.

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È emerso così che un’altra delle grandi promesse di Salvini,   quella di rimandare tutti quelli che non   potevano stare in Italia al loro paese, è stata disattesa

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https://cipiri.blogspot.com/2019/10/salvini-non-ha-fatto-nulla-su-rimpatri.html



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