Vitalizio e seggio a rischio: ecco il partito anti-urne
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Pensioni a rischio
È lunga 345 nomi la lista degli attuali parlamentari che abbandonerebbero lo scranno con una sola certezza: non incassare la lauta pensione da deputato o senatore. Nell'elenco ci sono anche l'imprenditore romano Giuseppe Ciarrapico (Pdl), il presidente dell'Adusbef, Elio Lannutti, in quota Idv, il numero uno di Legambiente, Roberto Della Seta, l'ex governatrice di Nassiriya Barbara Contini di Fli. I senatori su cui pende questa "spada di Damocle" sono 105, mentre 240 sono i deputati. Si tratta degli "esordienti": in caso di scioglimento anticipato delle camere non farebbero in tempo a maturare il requisito richiesto, a partire da questa legislatura, per ottenere l'ambito assegno vitalizio. Vale a dire, avere svolto il mandato parlamentare per almeno 5 anni, anche se collezionati in diverse fasi. In questo modo, a perdere il "bonus", in caso di chiamata anticipata alle urne, saranno anche i parlamentari della precedente legislatura, rieletti in quella attuale. Sempre ovviamente che non arrivino al requisito minimo richiesto dalle nuove regole dei 5 anni di mandato effettivo. L'assegno a cui si rinuncerebbe è piuttosto pesante. E varia, sia per senatori che deputati, da un minimo del 20% a un massimo del 60% dell'indennità parlamentare percepita, a seconda degli anni di mandato parlamentare svolto. Nel caso di un senatore, il cui stipendio, al netto di tutte le ritenute, è pari a 5.613,59 euro, l'assegno vitalizio oscilla dai 1.122,6 euro a 3.367,8 euro. Alla Camera invece l'assegno varia da 1.097,2 a 3.291,6 euro, visto che la busta paga "netta" è di 5.486,58 euro.
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