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Dall'incontro segreto tra i sindacati, tenutosi nella sede della CGIL,
Bonanni ed Angeletti escono senza rilasciare dichiarazioni alla stampa,
mentre per Maurizio Landini, segr. FIOM: "Bisogna fermare il governo".
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Contro-proposta sull'art.18
Lavoro, documento unitario dei sindacati con l'appoggio del Pd.
Una mossa dai molteplici significati, sia per una resa dei conti interna sia per far emergere la reale volontà dell'esecutivo guidato da Mario Monti in prospettiva di un accordo sempre più difficile.
In direzione di questa operazione ha lavorato anche il Partito democratico, che ha spinto per una soluzione condivisa dai sindacati sul tema 'esplosivo' dei licenziamenti, su cui Pier Luigi Bersani ha sempre puntato molto.
In caso di sconfitta su questo fronte, infatti, il Pd rischia un ulteriore scollamento con la base elettorale in vista delle amministrative di maggio.
BERSANI E BONANNI CERCANO DI CONVINCERE CAMUSSO. Per il 19 marzo è stato fissato un pre-vertice fra i tre leader confederali, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. L'incontro è stato convocato all'ultimo momento dopo una giornata di fitti contatti telefonici, dove è emerso un nuovo asse Cisl-Pd in cui Bonanni e Bersani hanno cercato di mantenere unito il fronte a difesa dell'articolo 18, limando le intransigenze della Cgil.
PROPOSTO IL MODELLO TEDESCO. La proposta dei sindacati, già caldeggiata dallo stesso Bersani nei giorni scorsi, è quella del modello tedesco anche se qui c'è da superare l'ostacolo della Cgil che non vorrebbe alcun ritocco alla norma.
Secondo tale modello, di fronte a un licenziamento individuale per motivi economici o organizzativi senza giusta causa, spetta al giudice decidere tra il reintegro o il pagamento di un indennizzo monetario al lavoratore. Allo stesso criterio vengono sottoposti i licenziamenti disciplinari. Bonanni e Bersani lavorano a una mediazione fra governo e Cgil, anche se i margini di manovra sono strettissimi.
Bonanni alla Cgil: «Ognuno si prenda le sue responsabilità»
Lo stesso segretario della Cisl ha voluto avvertire la Cgil: «Non spaccherò il sindacato in caso di mancato accordo», ha detto al Corriere della Sera, «ma ognuno dovrà prendersi le sue responsabilità. Io fino all'ultimo lotterò per trovare un punto di convergenza. Il sindacato non può essere da meno dei partiti che hanno dato il via libera a Mario Monti sulla riforma del lavoro».Per Bonanni «lasciare solo il governo significa far perdere al sindacato la forza di poter chiedere conto delle politiche generali a tutte le istituzioni».
Altra puntualizzazione nei confronti di Susanna Camusso in merito all'articolo 18: «Far saltare tutto per non accettare qualche modifica mi sembra un atto di forte irresponsabilità», ha affermato Bonanni. «Basta chiarirci bene su quello che deve fare il giudice. Per questo non smetterò di insistere con Cgil e Uil perché si medi verso soluzioni condivise».
ANGELETTI: «NO ALLA NORMA SUI LICENZIAMENTI DISCIPLINARI». Più duro col ministro del Welfare, Elsa Fornero, è stato il leader della Uil Luigi Angeletti: «Un accordo è possibilissimo», ha detto in un'intervista alla Stampa. «Basta togliere questa impuntatura, questa norma sui licenziamenti disciplinari che non c'entra assolutamente niente con l'economia, con la flessibilità, con i posti di lavoro. È una pura questione di potere».
Angeletti ha poi chiesto di «mettere per iscritto le cause per cui un lavoratore può rischiare di essere licenziato. Non farlo serve per avere le mani libere, perché si vuole far sì che in azienda il capo ti possa dire: guarda che ti posso licenziare, quindi non rompere e sta attento. Ci sono cose che io non sono disposto ad accettare», ha concluso.
ICHINO: «L'ART.18 NON SIA UN TABÙ». Il Pd invece, tramite il senatore Pietro Ichino, ha fatto sapere che «l'articolo 18 non è un tabù. La riforma che il ministro Fornero propone segna una svolta importante per il nostro Paese, un cambio di equilibrio». La riforma, secondo Ichino, è necessaria perché serve «all'apertura agli investimenti stranieri» e sull'articolo 18 «la legge contenente la riforma può prevedere che la nuova disciplina incominci ad applicarsi subito ai rapporti nuovi, mentre ai vecchi incomincerebbe ad applicarsi fra un anno e mezzo o due, quando ci saremo messi la recessione alle spalle».
http://cipiri5.blogspot.it/2012/03/giu-le-mani-dallarticolo-18.html
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