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martedì 7 agosto 2012

Argentina dieci anni dopo il default: la rinascita



Argentina, 10 anni dopo il default. Così rinasce un Paese



 Nel 2001 lo Stato sudamericano affrontava il tracollo economico. Oggi il Pil cresce del 7-8% l'anno e i disoccupati sono dimezzati. E nel guardare alla crisi dell'Europa, Buenos Aires rivive il suo passato. Ma ha qualcosa da insegnare...


Report 22/04/2012 - L'Argentina dieci anni dopo il default

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Report 22 aprile 2012 - Dieci anni fa, il default: chiusura delle fabbriche, disoccupazione. Come si sono risollevati?. Da Smarcamenti in campo di Michele Buono.



Faceva un caldo infernale in quei giorni di dicembre di dieci anni fa e Buenos Aires stava per esplodere da un momento all’altro. Ed esplose. Ma un decennio dopo il Paese vive una nuova stagione e racconta una storia che anche in Italia va ascoltata con attenzione.

L’Argentina del 2001 aveva un debito estero che cresceva spaventosamente e riceveva da tempo le missioni del Fondo Monetario Internazionale che imponevano tagli pesantissimi al debolissimo governo di Fernando de la Rua, lasciato solo un anno prima dal suo vicepresidente Chacho Alvarez e in balia dei mercati che non si fidavano più dei cosiddetti “tango bonds”. La scure dell’austerità chiesta dagli organismi di credito si era abbattuta prima sui lavoratori pubblici, poi sui pensionati; infine, il colpo di grazia, il blocco di tutti i conti correnti decisi dal ministro dell'Economia Domingo Cavallo.

Il corralito, termine che viene usato in spagnolo per identificare i recinti per gli animali al pascolo o, con molta più immaginazione, i box per far giocare per i bambini, diventava invece la gabbia con la quale i risparmi accumulati da milioni di argentini venivano bloccati in banche sull’orlo del fallimento. La crisi era totale; politica, sociale, economica, istituzionale. Per mesi l’Argentina navigò a vista, il paese in default, la cessazione del pagamento del debito estero, con la gente in strada a gridare "que se vayan todos", "fuori tutti".

Arrivò allora il pompiere Duhalde, peronista capace di placare la piazza dopo aver contribuito a infiammarla. Poi, nel 2003, Nestor Kirchner, un altro peronista ma molto più pragmatico ed eterodosso. Assieme al suo ministro d’economia Lavagna, Kirchner decide di ristrutturare il debito a modo suo, il governo avrebbe pagato solo una parte, il resto non era proprio possibile saldarlo. Buenos Aires decise di fare da sola, non avrebbe più accettato i "consigli" di Banca Mondiale e Fmi, non avrebbe più legato il suo destino a quello degli organismi di credito.

Oggi l’Argentina è cambiata, la situazione economica è consolidata, il Pil cresce del 7-8% all’anno, cifre da tigre asiatica. I poveri e i disoccupati sono meno della metà rispetto allo spaventoso 50% di allora, i consumi sono aumentati notevolmente, anche se l’inflazione viaggia al 20% all’anno. Tutto il sistema si regge sulle grandi esportazioni agricole verso i mercati asiatici, Cina in testa, ma nel frattempo sta rinascendo una rete di industrie nazionali, mentre lo Stato ha nazionalizzato i fondi pensionistici, la compagnia di bandiera Aerolineas Argentinas e numerose altre imprese strategiche.

Ironia della storia, oggi è il Sudamerica a guardare a crisi lontane, come quella che sta colpendo diversi paesi europei, tra cui l’Italia. "C’è una vita dopo la ristrutturazione del debito estero – ha affermato in una sua recente visita a Buenos Aires il premio Nobel dell’economia Joseph Stiglitz – la lezione argentina lo dimostra. Le misure recessive distruggono i paesi in crisi, sono il punto di grazia, perché producono più disoccupati, più poveri e più recessione proprio quando invece si dovrebbe stimolare la produzione, il consumo e la mobilità sociale".

La presidenta Cristina Fernandez, vedova di Nestor Kichner ha appena vinto le elezioni ed inaugurato il suo secondo mandato alla Casa Rosada. Nei suoi discorsi cita spesso e volentieri il caso europeo. "Stanno commettendo gli stessi errori che fecero con noi, la storia non insegna nulla", riferendosi ai grandi organismi internazionali dell’economia. Nel frattempo, anche i cicli migratori cambiano rotta. Prima erano i giovani argentini ad andarsene in Europa a cercare lavoro, oggi è in atto una migrazione al contrario e centinaia di ricercatori tornano in patria grazie al programma Raices, radici, che punta a recuperare quanto perduto con la fuga di cervelli degli anni drammatici.

A Buenos Aires, in quest'estate australe 2012 che sta per iniziare, fa sempre caldo, ma questa volta gli animi sono molto più sereni e pure il decimo anniversario dei tragici fatti del 2001, che lasciarono trentanove morti in piazza, son ricordati come un tempo lontano, che nessuno vuole vedere di nuovo.


L'Argentina, intanto, si appresta a vivere un altro momento di transizione. Il prossimo 4 gennaio, infatti, la presidente Cristina Fernandez de Kirchner, 58 anni, sarà sottoposta ad un intervento chirurgico a causa di un cancro della tiroide: lo ha reso noto il portavoce della Casa Rosada, Alfredo Scoccimarro, escludendo "una metastasi".
Dopo l'intervento, la Fernandez prenderà "un permesso medico per 20 giorni", ha aggiunto il portavoce, precisando che in tale periodo la Fernandez sarà sostituita dal vicepresidente Amado Boudou.


di Emiliano Guanella

L’esperienza dell’autogestione in Argentina



L’esperienza dell’autogestione in Argentina

leggi anke : http://cipiri5.blogspot.it/2012/08/lesperienza-dellautogestione-in.html

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