Un delitto perfetto: l'assassinio della libertà di informazione
di Enrico Fierro
L'hanno chiamata legge "ammazzanotizia" e il nome è azzeccato. Quando verrà approvata dal Parlamento il lavoro dei giornalisti subirà un colpo durissimo, quasi mortale. E con il lavoro dei cronisti finirà il diritto dell'opinione pubblica di essere informata per tempo sui grandi fatti di cronaca e sugli abusi di chi amministra e governa.
Per tempo, dicevo, perché quando il bavaglio sarà legge non potremo pubblicare (e voi non potrete leggere) nessun atto giudiziario fino al processo. Gli atti di indagine preliminare (intercettazioni, valutazioni dei pm, interrogatori degli imputati, contenuto delle perizie) non potranno essere pubblicati neppure in maniera "parziale o per riassunto...anche se non sussiste più il segreto". Bisognerà attendere che inizi il processo, almeno 4 o 5 anni (se va bene) per sapere qualcosa.
Tutto avverrà al buio, nella più totale ignoranza dell'opinione pubblica. L'assessore Tizio ha rubato, ha trescato con l'imprenditore Caio, ha preso tangenti per la fornitura di materiale medico destinato all'ospedale X (che semmai da anni è un esempio di malasanità) un pm (del quale non si potrà fare il nome) lo ha arrestato, ebbene: nessuno potrà saperlo. Il giornalista che dovesse (come accade oggi) violare la legge rischierebbe 1 anno di arresto e una multa di 10mila euro.
E' solo un tassello (non trascurabile) del disegno autoriotartio che il governo Berlusconi sta con tenacia perseguendo.
Pugno duro sugli immigrati, ronde di privati cittadini, medici-poliziotti, manganellate ai lavoratori che protestano: è questa la ricetta dell'Orgia del potere berlusconiano (titolo de L'Espresso di questa settimana).
Che fare? Appellarsi all'opinione pubblica. Anche se per i giornalisti è difficile. La categoria ha perso molto del suo smalto e non esercita più alcun fascino presso la gente comune.
In Italia si legge poco (molto meno che negli altri paesi europei), i giornali rimangono spesso accatastati nelle edicole, invenduti. La gente si informa con le tv, pochi (al di là delle illusioni dei tifosi della Rete) su internet.
Quotidiani e settimanali di informazione spesso vengono fatti solo per il Palazzo (sempre più chiacchiericcio politico, sempre meno Paese reale). La categoria è divisa, incerta sul suo futuro (il contratto nazionale, scaduto da anni, non è stato ancora rinnovato), insomma, ci sono tutti gli ingredienti perché la legge ammazzanotizie passi nella più totale indifferenza dell'opinione pubblica. Il rischio c'è ed è concreto.
E allora siamo noi giornalisti che dobbiamo darci una mossa. Dimostrare ai lettori che siamo in prima fila per difendere l'essenza del nostro lavoro. Come? La fantasia potrà suggerire mille forme di lotta.
Per quanto mi riguarda me ne viene in mente una: mettiamoci d'accordo in tanti (per una volta superiamo le nostre divisioni e le gelosie individuali) e, appena pubblicata la legge sulla Gazzetta ufficiale, violiamola apertamente.
Prendiamo una inchiesta e pubblichiamola come abbiamo sempre fatto. Mettiamo tutto su carta: accuse, nomi degli accusati, tesi della difesa e dei pm, raccontiamo il "contesto".
Ci dovranno arrestare, multare, se saremo in tanti sarà un colpo durissimo all'immagine di questo governo di fronte al mondo intero.
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