Fabbrica occupata, vittoria dei lavoratori
DI : ELISA COZZARINI
Ponzano Veneto. Hanno lavorato per anni in una fabbrica di jeans, sono 69, tutti operai migranti specializzati. Avrebbero diritto alla cassa integrazione straordinaria, ma di fatto non intascano un soldo. Il motivo? L’azienda non invia al ministero la documentazione necessaria. Hanno graffiato, tagliato e scolorito jeans alla moda in una fabbrica di Ponzano Veneto, provincia di Treviso, per anni. Oggi i 69 operai tessili specializzati della cooperativa «Lavoro & Lavoro» [tutti migranti tranne uno] avrebbero diritto alla cassa integrazione straordinaria, ma di fatto non intascano un soldo. Il motivo? L’azienda non invia al ministero la documentazione necessaria. Si vocifera infatti di debiti per centinaia di migliaia di euro con l’Inps.
La vertenza si è in parte conclusa giovedì 25 marzo, con una vittoria: il presidio alla fabbrica è terminato perché la coop ha inviato i documenti per la cassa integrazione. Sono stati recuperati 75mila euro, ma manca ancora una parte importante e se l’azienda non risponderà, sarà avviato il fallimento e sarà l’INPS a farsi carico della cassa integrazione.
Per i lavoratori e le loro famiglie la situazione diventa di giorno in giorno più difficile: ci sono le bollette, l’affitto, i mutui da pagare. E ci sono anche i documenti da rinnovare: su 69 operai, solo uno è italiano, gli altri sono tutti extracomunitari, per lo più marocchini e cinesi, mentre alcuni arrivano dall’Africa subsahariana e dal Bangladesh. «Oltre ai problemi economici, rischiamo pure di diventare clandestini», dice una ragazza africana, «non sappiamo nemmeno più a chi rivolgerci per le buste paga, persino il CUD è un problema. L’ufficio amministrativo a Treviso è chiuso, sono scomparsi tutti».
Da ottobre 2009 gli operai non ricevono lo stipendio e in gennaio hanno deciso di non tornare al lavoro. «A febbraio è stato firmato finalmente un accordo tra la Provincia e il legale rappresentante della cooperativa, probabilmente un prestanome, per gli ammortizzatori sociali», spiega Gianni Boato, della CISL, e prosegue: «Dal 15 marzo i lavoratori avrebbero potuto ricevere gli anticipi di circa 700 euro mensili. Invece, finché la cooperativa non invia la documentazione, non possono avere proprio nulla».
Sabato 13 marzo gli operai e le loro famiglie hanno iniziato a presidiare a turno la fabbrica, giorno e notte. A volte si trovano tutti insieme, con i bambini, per rendere meno duro per tutti questo momento. «Il timore è anche che si vogliano vendere i macchinari al mercato nero. Noi, come sindacato, stiamo percorrendo la strada del recupero crediti e degli ammortizzatori sociali. Inoltre stiamo lavorando per presentare un’istanza di fallimento e abbiamo chiesto l’intervento della direzione provinciale del lavoro perché si faccia giustizia», aggiunge Boato.
La fabbrica è sindacalizzata dal 2007, quando la gestione è passata alla cooperativa Lavoro & Lavoro, con sede a Milano. E sono iniziati i problemi. «Prima gli operai erano dipendenti di Erremac, poi è nata Erremac Treviso, con un solo dipendente che prendeva le commesse le passava a Lavoro & Lavoro», racconta Boato, «di fatto gli operai si autogestivano e la cooperativa era tale solo di nome, per poter avere gli sgravi fiscali di una cooperativa, ma non certo per il modo di lavorare».
Prima della crisi la fabbrica di Ponzano lavorava a pieno ritmo rispondendo alle commesse di Olimpias, un’azienda del gruppo Benetton con sede poco lontano. Poi anche Olimpias ha fatto una ristrutturazione. «Oggi la crisi pesa molto più sugli stranieri», afferma Sergio Rosato, direttore dell’agenzia regionale Veneto Lavoro: «Dai dati dei centri per l’impiego e iscrizioni alla mobilità, risulta che i disoccupati italiani sono aumentati circa dell’11 per cento, gli stranieri del 25 per cento. Ma in vista di una ripresa economica, non possiamo permetterci di perdere questa componente della popolazione, sarebbe invece importante riqualificarla, perché ne avremo bisogno. Non dimentichiamo che l’immigrazione ha arrestato il declino demografico e quindi economico della Marca trevigiana».
Gli operai di Ponzano Veneto pensavano di aver realizzato il sogno di una vita migliore in Italia, quando lavoravano anche dieci ore in fabbrica. Ora gli sta crollando il mondo addosso. Abdelkader Msatfi vive e lavora da vent’anni in provincia di Treviso. Ha iniziato a tagliare e graffiare jeans a Ponzano nel 2001. In Veneto ha tutta la sua vita: una moglie, tre figli e un mutuo da pagare. Suo figlio maggiore, di vent’anni, per fortuna ha iniziato a lavorare, mentre la seconda, diciottenne, farà la pasticcera e il più piccolo, di 12 anni, a volte sta con lui a presidiare la fabbrica, dopo la scuola. In attesa che arrivi almeno la cassa integrazione.
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