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Riprende il processo Thyssen, l'appello dei familiari delle sette vittime del rogo: "Non lasciamo soli i magistrati"
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Graziella, la mamma di Giovanni Rodinò, morto bruciato a 26 anni, dice, stanca, scoraggiata e insieme fiduciosa: "Mi piacerebbe che la maxi aula fosse piena come lo è stata il primo giorno del processo. Siamo alle fasi conclusive, non vediamo l'ora che tutto finisca. Venire a tutte le udienze per noi è stato faticoso, estenuante, doloroso. Adesso abbiamo bisogno di tornare a sentire l'abbraccio di tutta la città. I giudici devono percepire l'interesse collettivo, la vicinanza di operai e istituzioni". Luigi, il fratello di Bruno Santino, stessa età di Giovanni e stessa fine tragica, aggiunge: "Sono morti nostri, nessuno ce li darà indietro. Dovrebbero essere morti di tutti. Al posto loro potevano esserci altri ragazzi, altri uomini. Per questo vorremmo avere Torino al nostro fianco, in aula, in questi momenti decisivi. La gente comune, come noi. E gli amministratori pubblici, quelli che un tempo stavano in prima fila". L'istruttoria dibattimentale è chiusa. Al processo per la strage della Thyssenkrupp - sette operai morti, un inferno di fuoco - stanno per cominciare le udienze che porteranno alla sentenza, dopo il confronto tra le argomentazioni e le richieste delle accusa, l'intervento dei legali delle parti civili e del responsabile civile, le aringhe delle difese.
I familiari delle vittime, loro sempre presenti in aula, con i volti dei morti stampati sulle magliette e sui cartoncini esposti sui banchi, lanciano un appello, una lettera aperta divulgata attraverso il portale di "Sicurezza e lavoro", giornale torinese on line aperto per promuovere la cultura della salute e della tutela dei lavoratori. Il testo, cui tutti hanno dato un contributo, è stato scritto da Laura, la sorella di Rosario Rodinò. "Le nostre esistenze - ricordano i parenti dei sette colleghi strappati alla vita e agli affetti la notte del 6 dicembre 2007 - si sono fermate quel giorno, come le loro... Da allora ad oggi, per più di 100 udienze, si è svolto il processo contro i responsabili di quelle morti. I cittadini e i lavoratori di tutta Italia, e di Torino in particolare, sono stati con noi. Adesso il processo si chiude e i giudici dovranno prendere la loro decisione. E' di nuovo ora. Come all'inizio è importante che i cittadini e i lavoratori siano di nuovo presenti con noi, in aula e davanti alla Corte. E' importante che i giudici non siano lasciati soli nel momento in cui dovranno decidere". E ancora, sottintendendo la certezza che saranno condanne per tutti: "I conti non sono chiusi: spetta ai giudici stabilire che genere di pena meriti il comportamento degli imputati. La sentenza dovrà riconoscere il valore della vita dei nostri ragazzi".
"Che cosa ci aspettiamo? Il massimo della pena - risponde Graziella, la mamma di Rosario Rodinò, esprimendo il sentire comune - e per ogni imputato, perché ciascuno di loro ha delle pesanti responsabilità, anche se con gradi diversi, e c'è stato il tentativo di far dire il falso ai testimoni. I tedeschi avevano il potere decisionale ai massimi livelli, ma a vedere in che situazione era la fabbrica sono stati gli italiani. In prigione devono finire, almeno per un po', anche un giorno solo. I veri condannati restiamo noi, per tutta la vita. Nessuno ci riporterà a casa figli, fratelli, mariti".
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