Dopo aver fatto
irruzione nella piazza armati solo di un altoparlante e delegittimando i
sindacati , l’Apecar del “Comitato cittadini e lavoratori liberi e
pensanti” fa rotta verso il Teatro Valle Occupato per discutere in
un’assemblea pubblica del paradosso nazionale “Ilva Taranto” dove
lavoro, salute, ambiente sono ancora lontanti da una riconciliazione.
Gli scenari futuri sono disegnabili
sulla scia delle intenzioni di chi, nonostante la crisi dell’ acciaio,
ha interesse a restare nella città. Cercare una soluzione sull’ Ilva è
questione intricata, ma sul palco i membri del comitato hanno cercato di
sbrogliarla portando con loro le testimonianze dirette delle lotte che
conducono nella città ionica, giovani che tra salute e lavoro optano per
una terza via che è sintesi di tutte, la vita.
All’ apertura dell’ Assemblea un video
racconta dei quartieri a ridosso del mostro, Tamburi, Borgo, Paolo
Sesto, della Città vecchia, dei giardini impregnati di veleno, dove la
diossina è solo una delle polveri quotidianamente respirate, dove i
bambini a due mesi hanno il primo attacco d’asma. “Il sindaco- dice
Giuseppe che vive da trent’ anni nel quartiere Tamburi- ha predisposto
ben due ordinanze su quei giardini che dovrebbero essere recintati,
sottoposti a bonifiche pesanti”, ma da quando giocava con le mani
perennemente nere non è cambiato nulla. “Non so quando, ma so già di
cosa morirò, a meno che non io non resti vittima di un evento
traumatico”.
Perché Taranto è vista così dagli stessi
tarantini, un paese di “morti che camminano” dove non si è prodotto
solo un inquinamento ambientale, ma un inquinamento delle coscienze,
dove “è meglio morire di tumore che di fame”. L’azienda di Riva ha
creato anche questo, una spaccatura identitaria non solo dell’ intera
città, ma all’interno della persona stessa divisa tra la coscienza di
essere operaio dell’Ilva e la coscienza di essere cittadino di Taranto.
“Prima non c’ era possibilità di dialogo neanche con i parenti che
lavoravano all’ Ilva” racconta Francesca, membro del Comitato. I
sindacati finora hanno alimentato questa spaccatura schierandosi dalla
parte di Riva e difendendo l’azienda dai provvedimenti del Gip, è ciò
viene fuori dai racconti di Stefano, operaio e cittadino che si è
ribellato al sistema. Ma le cose sembra che stiano cambiando. Il
movimento funge da collante preciso ricomponendo una frattura che
sembrava insanabile e molti sono gli operai che si sono staccati dai
sindacati ci dice Emiliano. Taranto appare oggi così ai nostri occhi
come un laboratorio politico dove si lavora per la riconversione, il
controllo dal basso, per una nuova idea di rappresentanza.
Quando si parla delle acciaierie messe
in piedi in una città a vocazione turistica è un obbligo parlare della
classe operaia, della sinistra industrialista e della logica del
profitto “Taranto- commenta Giuseppe De Marzo di A Sud- è stata
sacrificata per ammettere una crescita economica che in realtà è
antieconomica perché non ridistribuisce i profitti” e a prova di ciò
basta dare un’ occhiata ai livelli di occupazione registrati nella città
ionica. Tra gli altri argomenti toccati dall’ assemblea- alla quale
sono intervenuti anche Lidia Giannotti di PeaceLink,il CollettivoLab_Aut
di Barletta, il Collettivo Bancarotta di Bagnoli- dal sistema di
disinformazione ai blocchi della statale 100 e 106, dagli ampliamenti
del porto all’ inchiesta bis sul colosso dell’ acciaio Ambiente Venduto,
fino all’ assenza di un registro tumori.
di Lucia Varasano
http://www.mediapolitika.com/?p=5265
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Teatro Valle Occupato
http://www.teatrovalleoccupato.it/-
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