"Abbiamo vinto". Finisce l'odissea dei "ribelli" Cim
di Felicia Masocco Pronti a resistere un minuto in più di chi li avrebbe resi disoccupati, sono scesi dalla torre miscelatrice intorno alle 15.30 di ieri, «commossi e orgogliosi» per aver vinto. Se non la guerra, almeno una battaglia. Giuliano, Luca e Giulio hanno ancora i vestiti da lavoro impolverati con cui 4 giorni fa sono saliti sulla struttura alta 37 metri che domina la distesa di ulivi di questa zona a una quarantina di chilometri a est di Roma. Ad aspettarli ci sono i colleghi, i tre che erano con loro al momento del blitz e quelli rimasti a terra. Ci sono familiari, sindacalisti, i proprietari della Cim.
Arriva anche il fondatore dell’azienda che produce intonaci, è il capostipite Filiberto Bernardoni, suona il clacson, lampeggia con i fari, la soddisfazione è di tutti. Sono abbracci, applausi, «bravi» grida qualcuno, si brinda. C’è anche Paolo costretto a scendere la sera prima per un malore causato dalla lunga esposizione al sole e dal freddo delle notti. Giuliano piange,
«Ce l’avete fatta», gli viene detto. «Per ora», risponde». Per ora è tutto sospeso, lo sfratto e le vicende della cava. Ci sono volute quattro ore di trattativa in prefettura per decidere che il 3 settembre si terrà in Regione una conferenza di servizi per capire come uscirne. Intanto lunedì riprende l’attività, non piena per via delle ferie, ma si continua.
La buona notizia è arrivata per sms, «Preparatevi a scendere» scriveva Aldo Tozzi, nella Rsu per la Filca Cisl. Lo racconta lui stesso mentre dalla tasca estrae un drappo rosso, lo mostra. Al centro ha il disegno di due ingranaggi perché non sono edili quelli che l’hanno inviato, ma metalmeccanici. È il simbolo della solidarietà degli operai della Innse di Lambrate, ormai capiscuola di questa forma di protesta che fa proseliti e inizia a far discutere.
La bandiera era stata affidata a due giornalisti che erano a Lambrate l’altra notte, perché la portassero a Marcellina. Gli operai l’hanno affiancata a quelle della Cisl e a quelle della Cgil, sulla vetta della torre. Poi l’hanno ripiegata: «Porta bene», dice Tozzi. E con la salvezza del posto di lavoro per 105 addetti, tra dipendenti diretti e indotto, il «filo» operaio tessuto a sorpresa sembra essere per i ribelli di Marcellina il secondo risultato di cui andar fieri.
C’era un ponte telefonico tra i due gruppi di lavoratori, «Dopo la loro vittoria ci hanno chiamato e dopo un secondo di silenzio ci hanno fatto un applauso», racconta Giuliano, «Ora gli telefoniamo». «Faremo un gemellaggio - continua Tozzi - li incontreremo a settembre per conoscerli di persona».
Non importa se alla Innse è stata la Fiom-Cgil a guidare la protesta che qui porta i colori della Filca-Cisl: la disoccupazione è uguale per tutti e chi lavora lo sa. In tempi di divisioni sindacali si dovrebbe tenerlo a mente. «Ci siamo ispirati a loro. Eravamo a casa mia - continua il delegato - avevo visto il telegiornale, dovevamo trovare una forma di lotta che smuovesse le acque. Facciamo come loro, ho detto. La mattina dopo in sette sono saliti su».
Quattro di questi hanno un contratto a termine. Luca, 29 anni, Enzo 47, Paolo e un altro collega. Scadono nei prossimi mesi. Verranno rinnovati? «Speriamo», rispondono in coro. «E speriamo che sia di più mesi», dice Luca che che ha la “durata” di una stagione. Anche questa è una sorpresa. A difendere l’azienda non c’è solo chi, come Giuliano ha un contratto a tempo indeterminato e, come racconta, «tutto da perdere».
A sfidare il sole per 4 giorni per portare la Cim di Marcellina sul proscenio delle cronache, c’erano anche loro, i precari. A difesa di una «speranza».
ALTRI OPERAI IN LOTTA X IL POSTO DI LAVORO ......................
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