«I disoccupati over 40 in termini numerici sono il 30% in più dei giovani disoccupati.
È fenomeno che si va via via allargando, ma nessuno se ne occupa».
Susanna (nome di fantasia) a 40 anni è andata a fare uno stage in un’azienda, che alla fine non l’ha assunta. Hanno preso un ragazzino molto più giovane di lei, perché con gli incentivi costava meno. «I disoccupati over 40 in termini numerici sono il 30% in più dei giovani disoccupati. È fenomeno vecchio, che si va via via allargando, ma nessuno se ne occupa», denuncia Giuseppe Zaffarano, presidente dell’Associazione Lavoro Over 40, che con i suoi sportelli dal 2004 supporta i lavoratori senior che nessuno vuole più. È il bacino di popolazione senza lavoro più ampio, vista l’età media italiana di 45 anni e la scarsa natalità.
Zaffarano ha vissuto sulla propria pelle l’uscita dal mondo del lavoro in età avanzata, e sa bene cosa significa. «La nostra è una guerra contro la discriminazione per età», dice. Dai 35 anni in su, si contano oggi oltre 1,5 milioni di disoccupati, di cui 1 milione concentrato solo nella fascia 35-49 anni, la fascia in cui in termini percentuali è più aumentata la disoccupazione, registrano un +3,4% in un anno. «Con la crisi e la legge Fornero, che ha spostato in avanti l’età pensionabile, la disoccupazione in età matura è esplosa», dice Zaffarano.
Agli sportelli dell’Associazione Lavoro Over 40, presenti in Lombardia, Piemonte, Lazio, Campania, Umbria e Liguria, si rivolgono ogni anno circa 400 persone in condizioni disperate, dopo aver tentato tutti i canali per reinserirsi nel mondo del lavoro. «Arriva gente disoccupata anche da cinque o sei anni», racconta Loredana Stincardini, volontaria dello sportello di Perugia. «Perdi il lavoro a 34-35 anni e già sei troppo vecchio per molte aziende. In tanti in questa fascia d’età sono disoccupati di lungo periodo». Secondo i dati forniti dall’associazione, il 31% è disoccupato da due a cinque anni, il 32% da oltre cinque anni. «I trentenni man mano diventano quarantenni, e restano sempre nella stessa condizione», spiega Stincardini. E più si avanti con l’età, più la situazione peggiora. Chi ha perso il lavoro tra i 46-55 anni, nel 60% dei casi è disoccupato da più di due anni. Con ricadute personali disastrose. «Alcuni finiscono per depauperare le ricchezze personali, in tanti finiscono seduti attorno ai tavoli delle mense della Caritas», raccontano.
Il 77% dei lavoratori senior si è visto rifiutato perché “costa più dei giovani” e perché “gli incentivi economici per persone mature” sono “carenti”.
Il 31% è disoccupato da due a cinque anni, il 32% da oltre cinque anni.
Tra sgravi e competenze “più fresche”, le aziende preferiscono i più giovani. Il 77% dei lavoratori senior si è visto rifiutato perché “costa più dei giovani” e perché “gli incentivi economici per persone mature” sono “carenti”. Gli unici sgravi usati sono quelli per i lavoratori over 50 disoccupati da più di due anni: al di sotto di questa sogli d’età, si trova poco. «Senza sgravi alle assunzioni, molti finiscono così per fare al massimo qualche lavoro in nero», dice Stincardini. «Sono persone che hanno molta esperienza, con professionalità specifiche, che però andrebbero riqualificate per nuovi lavori. Servono corsi di aggiornamento e formazione. C’è chi è rimasto per 15-20 anni nella stessa azienda e che viene da un mondo in cui il lavoro si trovava nei centri per l’impiego, ma oggi non è così».
Accompagnati alla porta dal datore di lavoro, intorno a loro trovano il deserto. Il 94% dice di aver avuto un’esperienza “pessima” con i centri per l’impiego. E l’87% racconta lo stesso delle agenzie private. Eppure oltre la metà (56%) sarebbe disposto a fare “qualunque lavoro che permetta di vivere” e il 39% è pronto anche a trasferirsi in Italia o all’estero. E alla fine in tanti (57%) tentano la via del lavoro autonomo. Si ricorre all’idea di farsi un’impresa propria, insomma, più per costrizione che per voglia. E il 21% ci ha provato, ma senza successo.
«Si parla sempre di disoccupazione giovanile rappresentandola come unico problema da affrontare nel mondo del lavoro», dice Zaffarano. «È certamente un grave problema, ma non bisogna trascurare le altre classi di disoccupati». Molti di questi disoccupati sono genitori, anche se magari per ragioni economiche si sono fermati solo al primo figlio. «La disoccupazione in età matura ha ricadute più ampie», spiega Zaffarano, «perché riguarda una generazione "cerniera" tra i giovani e gli anziani. Senza la serenità del lavoro, il disoccupato maturo non può aiutare i figli negli studi e nei primi passi nel mondo del lavoro, costringendoli ad accettare qualsiasi lavoro. E le conseguenze ricadono anche sugli anziani, spesso mantenuti dai figli stessi».
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