Renzi e i renziani del Pd ripetono che i giochi in Cgil non sono fatti e che la candidatura a leader di Maurizio Landini avanzata dalla segretaria uscente Camusso è tutt’altro che scontata. La Cgil, come tutta la sinistra, non gode di buona salute, ma con i suoi apparati, i suoi 5 milioni di iscritti, la sua ramificazione nei luoghi di lavoro e sul territorio nazionale conta nelle diatribe interne del Pd e dei cespugli vicini, pesa nel bilanciamento dei poteri locali e nazionali e incide nell’orientamento – anche elettorale – degli italiani. Dal dopoguerra, per decenni, la Cgil fungeva sostanzialmente da “cinghia di trasmissione” del Pci e anche da serbatoio di voti.
Poi, dopo la fine della prima Repubblica, il rapporto fra il sindacato e il partito si è via via stemperato fino a ribaltarsi, con la contrapposizione al Pd renziano e al governo Renzi, le bordate sulla legge Fornero, il jobs act, la “guerra” contro il referendum costituzionale, il disimpegno nelle elezioni del 4 marzo con aperture ai partiti considerati fino a poco tempo “nemici”, quali M5S e Lega. Renzi si era illuso di aver rottamato anche la Cgil e i suoi capi ex comunisti. La Cgil, invece, ha resistito, pur in difesa, preparando su più fronti il contrattacco, decisa adesso a riscattarsi proprio con Landini nuovo leader. Renzi sembra aver capito la lezione e cerca, forse in ritardo, di porvi rimedio entrando a gamba tesa, anzi tesissima, nelle questioni interne alla Confederazione che fu guidata da capi di grande statura e carisma quali i comunisti riformisti Di Vittorio, Lama, Trentin. L’obiettivo è chiaro: in un Pd comunque “a trazione” renziana non è pensabile lasciare il più forte sindacato italiano a “briglia sciolta”, tanto meno in un ruolo di contrapposizione al partito e alla sua leadership nonché sempre più vicina a non poche posizioni del governo giallo-verde, del M5S e della Lega di Salvini. Renzi vuole una Cgil cavallo di Troia contro l’attuale governo, un sindacato con alla testa un suo “emissario” e non un leader carismatico che decide e fa con la propria testa. Così, con i suoi, tende la trappola, anzi le trappole, per rendere la campagna congressuale della Cgil un campo minato, giocando ogni carta pur di fermare Landini, puntando sull’antagonista Vincenzo Colla, considerato un riformista moderato, non “nemico”. Entrambi, Landini e Colla sono emiliani e reggiani. Anche altri esponenti ex Pci del Pd e dintorni (Bersani, D’Alema&C) temono Landini leader, sempre guardinghi di chi viene da quella Fiom che già con la Flm si rese protagonista di fughe in avanti avversate da Lama e dallo stesso Berlinguer.
Ecco perché il Pd e gli altri cespugli della sinistra tentano, ognuno per propri fini, di condizionare contenuti e leadership della compagna congressuale della Cgil in corso prima dell’assise nazionale conclusiva del 23-25 gennaio 2019. In questo quadro si inserisce il recente “fattaccio” di Reggio Emilia. Il voto segreto che l’altro ieri al congresso della Cgil della città emiliana ha silurato il segretario generale della Camera del lavoro Guido Mora è infatti un segnale politico che va oltre il sindacato e oltre il territorio provinciale coinvolgendo anchePd e sinistra a livello nazionale. Un militante ha affermato che la vicenda è di una tale gravità seconda solo ai tragici fatti del 7 luglio 1960. Non è solo una questione di peso organizzativo, anche se si tratta di una confederazione di oltre 110.000 iscritti. E non è questione (solo) personale legata a un segretario di lungo corso, per altro unico candidato designato. Il colpo di mano che nel segreto dell’urna ha “freddato” Mora è legato alla lotta congressuale per il ricambio del prossimo leader nazionale del maggiore sindacato italiano. Come già sopra scritto, Susanna Camusso ha indicato come prossimo leader Maurizio Landini, ex capo duro della Fiom, etichettato quale radical populista con pulsioni che una volta sarebbero state considerate estremiste e gruppettare. C’è già chi, per fargli un favore o un dispetto non si sa, chiama Landini il Salvini sindacale. Mora, il cui affossamento nel segreto dell’urna ricorda il metodo dei “101” che bruciarono la candidatura di Prodi affondando la segreteria di Bersani, ha affermato in assemblea composta per lo più da iscritti al Pd: “Ringrazio i farabutti che sono in assemblea generale. Buona fortuna, perché ne avete bisogno”.
Gira e rigira si torna ai compagni-fratelli-coltelli dove si mischiano questioni personali e di potere con questioni politiche. Mora e quelli come Mora – su su fino a Landini – sono scomodi perché contrari alla logica del sindacato subalterno al partito, favorevoli invece a una Cgil “soggetto politico” (autonomo da imprese, partiti, governi) al limite del sindacato-partito sul crinale del sempre aborrito pansindacalismo. Non solo. Anche il Pd è nel fuoco delle turbolenze interne avviandosi verso primarie e congresso. Una lotta senza esclusione di colpi, con le varie fazioni (renziani e anti renziani) in cerca di alleati e al contempo impegnati a individuare e stanare nemici ovunque collocati. La Cgil, per il suo peso organizzativo e politico, diventa così importante terreno di scontro partitico anche in vista delle prossime scadenze elettorali. Mora viene sacrificato per “garantire” il Pd reggiano ed emiliano in vista delle elezioni comunali, un messaggio per “rassicurare” il Pd nazionale in vista delle Europee di maggio. Un campanello d’allarme anche per Landini e per chi lo sostiene? Il colpaccio di Reggio Emilia ha fatto cadere le maschere dei congiurati rischiando di diventare un boomerang per i cospiratori. Un boomerang che può andare ben oltre i confini della città emiliana.
Renzi ma non hai ancora finito di rompere i coglioni ?
Hai rovinato e distrutto tutto quello che hai potuto.
Dove passi tu non ricresce più l' erba e adesso cosa vuoi da Landini ?
Contro di lui non ce la farai. MATTEO STAI SERENO !!!
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