Schiavitù, l’Italia al terzo posto in Europa per numero di schiavi
Peggiori Polonia e Turchia. A dirlo il rapporto della Walk Free Foundation che analizza la schiavitù moderna e il traffico di esseri umani in 167 paesi. Le insufficienze del governo italiano. Al primo posto c'è la Corea del Nord. Si stima che almeno 10.000 bambini riconosciuti come rifugiati siano ora dispersi, di questi 5.000 in Italia e 1.000 in Svezia
Se tutti gli schiavi del mondo si riunnissero in un solo paese, costituirebbero il 27° stato più popoloso del mondo. Ad oggi sono 48,5 milioni le persone che vivono in stato di schiavitù o vittime del traffico di esseri umani. In questo quadro si inserisce anche l’Italia che con i suoi 129.600 schiavi è al terzo posto in Europa dietro solo a Polonia e Turchia. Questi sono solo alcuni dei dati raccolti nell’Indice Globale della schiavitù redatto dall’organizzazione non governativa Walk Free Foundation (WFF) che per il quarto anno consecutivo ha analizzato l’incidenza di schiavitù e tratta in 167 paesi del mondo.
Nessuno si salva. Il XXI secolo ha visto affermarsi quella che viene chiamata schiavitù moderna. Ovvero nuove forme di abusi e ricatti che negano alle vittime la loro libertà. A chiarire il concetto è Andrew Forrest, fondatore della WFF intervistato in occasione della pubblicazione dell’Indice Globale: “La schiavitù moderna concerne situazioni di sfruttamento cui la vittima non può sottrarsi a causa di minacce, violenza, coercizione o abuso di potere”. Forme di schiavitù sono anche lo sfruttamento della prostituzione e i matrimoni forzati o servili. Una serie di facce che nascondono un unico dramma: quello della schiavitù che, sottolineano i ricercatori, è presente in tutti i 167 paesi presi in considerazione.
I numeri. L’Indice comprende una serie di classifiche. Al primo posto per percentuale di schiavi rispetto alla popolazione c’è la Corea del Nord (4,37%) che invece è ultima per l’efficacia e l’impegno del governo nell’arginare la piaga. In termini assoluti, l’India è lo stato con il maggior numero di shiavi, sono 18,35 milioni, seguita da Cina (3,39 milioni), Pakistan (2,13 milioni), Bangladesh (1,53 milioni) e Uzbekistan (1,23 milioni). “La schiavitù moderna – continua Forrest - ha diverse forme e una può essere più comune di un’altra a seconda della regione che si prende in considerazione. Ad esempio, l’Europa rimane fonte e destinazione di lavoro forzato e sfruttamento sessuale. L’Asia ha un’elevata prevalenza di lavoro vincolato o forzato nell’edilizia e in fabbrica”.
Fortezza Europa. Nonostante il Vecchio Continente registri la minor incidenza a livello mondiale di schiavitù e traffico, ci sono paesi, tra questi anche l’Italia che ancora hanno molta strada da fare per sconfiggere il demone della schiavitù. Il 65% delle vittime di tratta proviene da stati dell’Europa orientale (Romania, Slovacchia, Lituania e Bulgaria). Mentre per quanto riguarda paesi al di fuori del continente, sono Nigeria, Cina e Brasile gli stati d’origine della maggior parte delle vittime.
Il “bel” paese col bollo "insufficiente". L’Italia si aggiudica il terzo posto nella classifica europea per numero assoluto di schiavi dopo Turchia e Polonia. Inoltre, rispetto ad altri stati, l’impegno del governo italiano è giudicato ancora insufficiente nella lotta contro lo sfruttamento tanto da collocarlo al 42° posto con un rating B (dove il massimo è AAA) nella classifica globale di azione delle istituzioni. “ Il governo – sottolinea Fiona David, executive director of Global Research di Walk Free Foundation - ha una buona legislazione e per limitare il traffico di esseri umani collabora con stati sensibili come la Nigeria. Ma ci sono tre aspetti sul quale può e dovrebbe fare ancora di più. Il primo riguarda i servizi di supporto per adulti e minori vittime di forme di schiavitù, inoltre dovrebbe aumentare il budget stanziato per combattere questa piaga. Infine sarebbe utile e virtuoso coinvolgere la società civile e unire le forze verso l’obiettivo”.
Gli schiavi del mare. Migranti e rifugiati sono particolarmente vulnerabili allo sfruttamento. Spesso per sfuggire a guerre e fame diventano vittime di trafficanti. Eppure una soluzione ci sarebbe. Basterebbe infatti assicurare dei corridoi umanitari o creare vie di fuga legali per raggiungere la salvezza. “Il recente afflusso di rifugiati – continua Andrew Forrest – ha messo a dura prova le misure di sicurezza, creando vie usate da reti criminali. Si stima che almeno 10.000 bambini riconosciuti come rifugiati siano ora dispersi, di questi 5.000 in Italia e 1.000 in Svezia. Anche se non tutti questi bambini sono stati vittima del traffico, l'Europol ha segnalato come siano presi di mira per esser poi vittime di sfruttamento sessuale, schiavitù e madonopera forzata in agricoltura o nelle fabbriche”.
I governi. Se alcuni governi come Paesi Bassi e Gran Bretagna hanno messo a punto una vera e propria strategia volta a debellare la piaga della schiavitù, altri hanno ancora molta strada da fare. Il governo britannico ha nel 2015 il Modern Slavery Act e ha nominato Kevin Hyland come Commissario indipendente anti-schiavitù. Il presidente Barack Obama ha colmato una lacuna nella legge degli Stati Uniti vietando l’importazione di prodotti realizzati con lavoro forzato o minorile. “Noi - conclude David - esortiamo i dieci paesi più grandi del mondo, compresa l’Italia, a introdurre una legge come il Modern salvery act istituito dalla Gran Bretagna nel 2015 che combatte la schiavitù conivolgendo il settore privato”. “Credo – conclude Forrest - nel ruolo critico dei leader nel governo, dell’impresa e della società civile. Attraverso un uso responsabile del potere, della forza di convinzione, della determinazione e delle volontà collettiva, tutti noi possiamo contribuire a porre fine alla schiavitù nel mondo.”
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