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venerdì 20 agosto 2010
STORIE DI ORDINARIA DISOCCUPAZIONE
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Lottiamo per avere di più dei nostri genitori, ci opponiamo a loro, facciamo il loro esatto contrario solo per contraddirli, perché ci sentiamo migliori di loro, più di loro. Se loro si alzano alle 5 per lavorare, noi torniamo alle 5 dopo una nottata di casino! Cerchiamo l’evasione, lo sballo, il meglio. La famiglia è un demone eppure rimaniamo a casa fino a 40 anni se ci va bene. Lavorare è un ideale per noi, non fa parte del nostro quotidiano. I nostri genitori hanno sognato un mondo migliore per noi, e noi continuiamo a sognarlo perché siamo noi a doverlo realizzare e invece ci perdiamo ancora nell’ideale. Il banale, il cosiddetto normale ci spaventa, temiamo l’appiattimento e rimandiamo allora la scelta di diventare adulti… nel frattempo la vita ci scorre davanti e senza accorgercene, rimaniamo fermi, immobili di fronte all’ideale della nostra meta raggiungibile solo con la nostra immaginazione.
Siamo figli degli ideali di uguaglianza, dei diritti del lavoro in un mondo in cui tutto questo non esiste, e se i nostri genitori lottando e con sacrificio avrebbero potuto ottenerlo, per noi è diventato un sogno. Vogliamo tutto, non ci accontentiamo, non abbiamo niente.
Per noi il proverbio chi si accontenta gode è una coglionata, è una storia che appartiene ai nostri nonni, alle generazioni che avevano poco, ma avevano qualcosa.
Ci hanno illuso di poter avere tutto, continuano a farlo… con mastercard. Quale influenza? A quella ci pensa zerinol, nessuna macchia, ci pensa omino bianco, che poi è nero! Nessuna limitazione, nessun problema, ci pensano gli assorbenti con le ali che ti danno pure il coraggio di buttarti con il paracadute… se lavi i piatti c’è il sole, se lavi a terra ti specchi, se ti lavi i denti con il white di turno, i tuoi denti sono più bianchi del bianchetto!
Siamo figli e purtroppo sembra che siamo destinati a rimanere tali… genitori noi? Forse a 40 anni se metteranno in vendita i figli su e-bay. Di più non possiamo permetterci. Non c’è spazio per nuove idee in questa realtà. C’è l’appiattimento più totale, l’abbrutimento più nero, il declino più penoso. E noi rimaniamo lì, soli, con le nostre meravigliose idee per un mondo migliore, pieno di vita e colori, di stranezze viste altrove che vorremmo integrare perché noi siamo figli di un mondo globale, il più sano però. Cogliamo l’insolenza della globalizzazione e ne abbiamo preso la parte più umana… la conoscenza e l’arricchimento di altre culture. Siamo la generazione dei circa venticinquenni… tra chi studia ancora pieno di speranze e chi si affaccia ora al mondo del lavoro e ne rimane già profondamente deluso.
Pochi anni fa, pochi mesi fa pensavo che non sarei mai scesa a compromessi, che avrei lavorato onestamente senza farmi mettere i piedi in testa. Credevo che lavorare mi avrebbe permesso di vivere una vita degna, di avere una famiglia e dei figli. Oggi mi devo arrendere all’idea che in Italia, in Sicilia, questo rappresenta un’utopia e se si presenta è un caso molto raro che dovrebbe essere oggetto di studio. Per il resto, tutto quello che ho vissuto in prima persona, in seconda e per sentito dire la situazione è disastrosa. Lavorare… no, questo non è lavorare. Questa è schiavitù. Eppure ricordo di aver studiato sui libri di storia che la schiavitù era stata abolita. Non ricordo quando… forse perché in realtà non è stata abolita. Lavorare in nero non è l’unico problema in questo paese dove il lavoro c’è, ce ne sarebbe se chi ha i soldi fosse disposto a pagare i propri dipendenti.
Il lavoro c’è, non possono più farmi credere il contrario ormai. Essere in regola è a volte peggiore che essere in nero perché ti illudono di aver trovato una situazione stabile, normale e invece…
Firmi buste paga che non sono vere, lavori più ore di quelle che dovresti, fai orari notturni, turni festivi che non ti vengono riconosciuti come maggiorati.
E ancora… non ti pagano. Il massimo che riescono a darti sono degli acconti su una miseria di stipendio. Passi le tue giornate lavorative contando i soldi che sono entrati, pregando che i clienti paghino in contanti, cosicché a fine serata puoi chiedere un acconto sullo stipendio dei mesi precedenti.
E tu intanto ogni mattina ti svegli, ti fai coraggio, prendi la macchina, metti benzina e fai 20 km per andare a… Lavorare!
No, io questa la chiamo beneficienza.
E sentirsi dire continuamente che non ci sono soldi, che bisogna pazientare, che bisogna lavorare bene, che se non si incassa abbastanza è colpa di noi dipendenti… e sentire però che gli imprenditori capi vanno a farsi le vacanze all’estero, si comprano barche, hanno altre attività e tu non puoi neppure pagare la bolletta della luce.
Questa è la realtà di alcuni nostri imprenditori. Sono ladri, dei farabutti che sfruttano le necessità altrui, che si arricchiscono alle spalle della gente che ha bisogno, che vuole mettersi in gioco, che ha studiato, che ha delle competenze, che se solo qualcuno fosse disposto ad investire davvero su di loro, nel mondo farebbero grandi cose, del mondo farebbero un mondo strafico!
E spiegare tutto ciò ai nostri genitori è la parte più tragica. Loro sono figli del posto fisso… noi, figli di un posto che non vogliono darci! Hanno fatto sacrifici per farci studiare, per darci maggiori possibilità e anche noi abbiamo accettato di fare sacrifici fino a 25, 30, 35 anni per studiare, senza una lira in tasca, perché tutti ci hanno fatto credere che studiare ci avrebbe aperto tutte le porte.
E poi ci chiamano “fannulloni” perché ce la prendiamo comoda! Non siamo mammoni per niente, questo è quello che vogliono farci credere.
La famiglia, quell’impero, quell’istituzione che rappresenta la famiglia esiste solo dove c’è povertà, di quella vera, come da noi.
La famiglia si stringe intorno ai suoi componenti per proteggerli, per tentare di indorare pillole amare, perché l’unione fa la forza, perché il mondo fuori è una tale carognata che non ci meritiamo, perché uscire dalla bolla di sapone vuol dire andare dritti nella gabbia dei leoni, pronti a farti penare pur di non essere sbranato. Perché nel nord Europa non c’è lo stesso senso della famiglia che abbiamo noi? Perché lo Stato Vaticano influisce meno perché è più lontano? Stronzate! È vero, è più lontano dalle coscienze, perché quelli una coscienza personale e soprattutto collettiva ce l’hanno o almeno sanno cos’è! Escono di casa presto perché sanno che il lavoro lo troveranno, con o senza laurea! Ma avete mai fatto un giro su internet.it per cercare lavoro? Agenti di vendita, commerciali, mediatori creditizi, segretarie laureate e con esperienza decennale per svolgere compiti di chi forse ha la terza media. Potrebbero ridurre le facoltà universitarie a due: “Economia e Marketing dello Sfruttamento della Forza Lavoro” per chi deve comandare e “Come lasciarsi sfruttare senza soffrirne troppo” per gli altri, per i veri lavoratori.
Cosa dire a miei genitori che hanno speso milioni per la mia istruzione: Mamma, Papà non mi pagano e se mi pagano mi danno un acconto di 100 € ogni tanto su uno stipendio di 600€ mensili per 39 ore settimanali, che comprendono 6 ore almeno a settimana di orario notturno. Io mi vergogno, anche se dovrebbero essere loro a vergognarsi. Certo che se nessuno accettasse questi lavori di merda, possibilmente dovrebbero alzare la posta in gioco… il problema è che l’uomo oltre ad avere fame e a dover sfamare una famiglia, l’uomo spera nel futuro, in un mondo in cui quella frase così giusta e saggia scritta in ogni tribunale sia realtà.
Spera che il lavoro da schiavo che ha accettato possa diventare un posto sicuro da cui partire per costruire il proprio spazio d’amore, spera che le persone che lo costringono alla schiavitù possano un giorno rinsavire, guardarsi dentro, intorno e vedere che razza di mondo stanno creando…
Ma quale rinsavire? Ma quali balle ci raccontiamo? Il cambiamento richiede coraggio, umiltà, perdita di privilegi, perdita di controllo e quindi di potere.
Certo può capitare che quella scintilla chiamata consapevolezza illumini la strada di quanti ci schiacciano ogni giorno, ma la vedo dura!
Io quando ho accettato non avevo fame… forse ne ho più adesso. Avevo voglia di una libertà legittima che il mondo non vuole legittimarmi perché altrimenti non avrei avuto più bisogno di fare l’elemosina, di far realizzare la mia realtà da immobildream e tanto meno di farmi circondare da quella faccia di gesso della banca mediolanum. Le nostre vite fanno talmente pena che dobbiamo guardare quelle degli altri per sognare un po’.
I reality show, le piazzate napoletane da Maria de Filippi con le galline che si scannano, che non parlano, starnazzano!
Questo è quello che vogliono che facciamo… aspirare a essere la Belen di turno (bella perché disposta a tutto, pure a contraddirsi), di stare con il Corona di turno (bello perché ricco e ricco perché figlio di puttana!), a comprare l’oreal, unico modo per valere qualcosa… come se usare prodotti non nocivi per l’ambiente e non testati sugli animali non fosse già di per sé valere di più!
Ma che ne sappiamo di tutto questo… l’importante è aver preso come modello di riferimento uno che fa i suoi porci comodi sempre e comunque, perché tutti gli italiani vogliono essere come lui!
Non si hanno altre aspirazioni nella vita se non quelle di far soldi, meglio se calpestando gli altri, di avere potere e di “farsi” il mondo, meglio se quello di passaggio tra l’età adolescenziale e quello adulto! In fin dei conti, chi più chi meno, tutti vorrebbero avere un papi!
Jessica Angelico Mancuso
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