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mercoledì 8 aprile 2020

Avanzi di Gallera


Attilio Fontana e Giulio Gallera, dovranno  cambiare mestiere, avranno un futuro assicurato nel mondo  dell’avanspettacolo e del cabaret.


Quando, per ragioni  politiche o giudiziarie o tutt’e due, i fratelli De Rege che sgovernano  la Lombardia, al secolo Attilio Fontana e Giulio Gallera, dovranno  cambiare mestiere, avranno un futuro assicurato nel mondo  dell’avanspettacolo e del cabaret.
L’altroieri, nella sit-com quotidiana  “Casa Gallera”, in onda ogni santo giorno sul sito della Regione  Lombardia e devotamente rilanciata da RaiNews24 a maggior gloria  dell’aspirante sindaco di Milano, è andata in scena una gag che, se  fosse vivo Paolo Villaggio,
ci ispirerebbe un nuovo film di Fantozzi.

Attilio Fontana e Giulio Gallera, dovranno  cambiare mestiere, avranno un futuro assicurato nel mondo  dell’avanspettacolo e del cabaret.

Attilio Fontana e Giulio Gallera, dovranno  cambiare mestiere, avranno un futuro assicurato nel mondo  dell’avanspettacolo e del cabaret.


Il  capocomico, che incidentalmente sarebbe pure l’assessore regionale al  Welfare nonché il responsabile della nota catastrofe chiamata “sanità  modello”, cedeva il microfono alla sua spalla, il vicepresidente  Fabrizio Sala. Questi, siccome c’è gloria per tutti, dava la linea al  caratterista Caparini, opportunamente mascherinato per non farsi  riconoscere, che a sua volta lanciava un filmato: un imbarazzante  autospottone con colonna sonora da kolossal hollywoodiano.
Il video  immortalava un furgone griffato Regione Lombardia e carico di scatole  piene (si presume) di mascherine, di cui il Caparini, con voce stentorea  da Cinegiornale Luce, annunciava la “distribuzione via via (sic) a  tutti i sindaci”, precisando che “è questione di qualche giorno”, ma  dimenticando di spiegare perché, se le mascherine devono ancora  arrivare,
la giunta le abbia rese obbligatorie domenica.
E lì irrompeva  un giovanotto atletico e scattante, tipico uomo del fare ma soprattutto  del dire, chiamato a sostituire il rag. Fantozzi nel ruolo del  cortigiano che urla “È un bel direttore! Un apostolo! Un santo!”. Il suo  nome è Roberto Di Stefano, sindaco forzista di Sesto S. Giovanni ma  soprattutto marito di Silvia Sardone, la pasionaria di B. che si fece  eleggere nella Lega a Bruxelles. “Come promesso”, scandiva il principe  consorte con l’aria del banditore da fiera, un filino più enfatico di  Wanna Marchi, “proprio oggi Regione Lombardia ci ha inviato 25 mila  mascherine!”. Stava per aggiungere “E per i primi prenotati una batteria  di padelle antiaderenti!”. Ma sfortuna ha voluto che fosse collegato  Mentana, che ha derubricato la televendita
a “propaganda” e sfumato il  collegamento.
In quel preciso istante è venuto giù il teatrino inscenato ogni  giorno dai De Rege padani, dopo il crollo dell’altro trompe-l’œil, il  Bertolaso Hospital che doveva ricoverare in Fiera 600 pazienti e finora  ne ha tre. E tutti hanno capito che queste baracconate servono a  nascondere i disastri (e i morti da record mondiale) della “sanità  modello” lombarda e dei suoi corifei.
A noi, che siamo gente semplice, bastavano le loro facce (e quella di  Formigoni) per sapere che il “modello Lombardia” era una truffa da  magliari, e ci siamo presi
tutti gli improperi del mondo per aver osato  scriverlo per primi.
Ora però le stesse cose le mettono nero su bianco i  presidenti degli Ordini provinciali dei medici di tutta la Lombardia in  un impietoso atto d’accusa ai vertici
 della Regione che ogni giorno si  lodano e s’imbrodano:
“assenza di strategie nella gestione del  territorio”,
“tamponi solo ai ricoverati e diagnosi di morte solo ai  deceduti in ospedale”;
“errata raccolta dati”,
“incertezza nella  chiusura di alcune aree a rischio”;
“gestione confusa delle Rsa e dei  centri diurni per anziani che ha prodotto diffusione contagio e triste  bilancio di vite umane (nella sola provincia
di Bergamo 600 morti su  6mila ospiti in un mese)”;
“mancata fornitura di protezioni individuali  ai medici e al personale sanitario che ha determinato la morte o la  malattia di molti colleghi”;
“assenza dell’igiene pubblica (isolamenti  dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti)”;
“non-governo  del territorio con saturazione dei posti letto ospedalieri”;
“sanità  pubblica e medicina territoriale trascurate e depotenziate”.
Non bastando questo j’accuse, che dovrebbe tappare la bocca ai  destinatari per il resto dei loro giorni, Gallera ammette bel bello che,  in effetti, quel che dice Conte da una settimana è vero: la legge  833/1978 consente alle Regioni di chiudere porzioni di territorio (come  Alzano e Nembro) in zone rosse per motivi sanitari. Gli sarebbe bastato  digitarla su Google, o chiedere ai “governatori” Zingaretti, Bonaccini,  De Luca e Musumeci, che hanno istituito zone rosse senza scaricabarile  con Roma. Invece Gallera, fra una televendita e l’altra, ha  personalmente “approfondito” e scoperto con soli 42 anni di ritardo che  “effettivamente la legge che ci consente di fare la zona rossa c’è”.
Con  comodo, nel giro di un altro mesetto, scoprirà che lui sapeva dal 23  febbraio dei primi contagi all’ospedale di Alzano (chiuso e riaperto in  tre ore senza sanificazione), eppure il suo comitato scientifico  ipotizzò di cinturare la zona solo il 4 marzo. Ma la giunta non lo fece  perché “pensavamo lo facesse il governo” (che stava preparando il  lockdown di tutt’Italia). Peccato che il governo, nel decreto del 23  febbraio, avesse incaricato le Regioni di segnalargli (o disporre in  proprio) le eventuali zone rosse nei rispettivi territori.
Anche Fontana ieri era in vena di scoperte: ha persino ammesso che  forse, nelle case per anziani, qualcosa è andato storto (anche perché la  Regione vi riversava i ricoverati Covid ancora infetti, moltiplicando i  contagi e i morti).
Dopo una simile Caporetto, se questa fosse gente  seria come il generale Cadorna, uscirebbe dal nuovo Pirellone con le  mani alzate: non per aver perso la guerra,
ma per non averla neppure  combattuta.
Ma le dimissioni non si addicono ai cabarettisti e, temiamo,  neppure i processi: per commettere un reato, bisogna sapere almeno  vagamente quel che si fa. E, anche da questo punto di vista, i fratelli  De Rege sono al di sotto di ogni sospetto.

di Marco Travaglio – il fatto quotidiano –

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Gli ordini dei Medici della Lombardia
 scrivono una lettera a Fontana...
https://cipiri5.blogspot.com/2020/04/disastro-provocato-da-errori-della.html

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