Il valore delle persone si misura nei momenti difficili della vita. Questa constatazione frutto di saggezza e buon senso sembra non essere adeguatamente considerata nei commenti e dibattiti politici che giustamente fervono durante la drammatica pandemia che stiamo vivendo.
È facile, infatti, in tempi normali, essere affascinati dall’eloquio brillante e da altre doti superficiali degli esseri umani; e ciò vale in particolare per i politici. In tempi di crisi, al contrario, tali pseudo-talenti appaiono in tutta la loro effimerità, se non addirittura nella loro falsità.
La scena mediatica di questi giorni - tra TV, giornali e cosiddetti social - nell’offrire a tutti un palco straordinario per l’efficacia con cui poter propagare il proprio messaggio, rivela in maniera implacabile la vera essenza di tutti coloro che vi fanno ricorso, nei pregi e nei difetti.
Per quanto riguarda, in particolare, gli uomini politici, senza fare esempi concreti che sarebbero controproducenti al fine di armonia collettiva che mi ripropongo (gli uomini di buona volontà non debbono seminare zizzania, ma neppure ipocrisia), è un fatto però che sta sotto gli occhi di tutti come molto spesso, in questi giorni, i falsi-buoni si rivelino poi demagoghi, gli affabulatori si trasformino in narcisi esasperati, gli pseudo-credenti in bigotti farisei
ed alcuni abili comunicatori in rabbiosi accusatori.
Tutto il contrario di quanto una comunità positiva e solidale avrebbe bisogno in questa fase. Esistono naturalmente eccezioni a tale prevalente saga dell’egocentrismo e tra queste, a mio avviso, sopra le altre, si staglia la figura di Giuseppe Conte. Il nostro presidente del Consiglio sta dimostrando di possedere doti umane e politiche – proprio nel momento più difficile della nostra vita nazionale – che sorprendono positivamente e rappresentano un elemento di fiducia per tutta la popolazione, che infatti lo ripaga con un consenso altissimo.
Massacrato da molti media per la “colpa” di non aver avuto esperienza politica prima della nomina a capo del governo, dopo anni in cui gli stessi media, però, avevano massacrato la “casta” per esaltare le virtù della società civile, Giuseppe Conte ha ben presto dimostrato un’ottima capacità di evolvere dalla sua dimensione professionale a quella politico-istituzionale, per diventare un uomo politico ben più capace, abile e professionale di tanti “professionisti” di lungo corso. Cominciamo dunque ad attribuirgli le doti primarie della intelligente duttilità e della personalità eclettica.
Visto da destra, ovviamente, egli è colui che, come nessun altro, ha umiliato Salvini e la sua Lega; pertanto – nel gioco spietato della politica italiana – non un avversario, ma un vero e proprio nemico. Visto da sinistra, il suo “peccato” di aver convissuto al governo per un anno col leader sovranista e xenofobo dovrebbe ben essere “perdonato” dai più, alla luce della fierezza e lucidità politica con la quale ha ribaltato l’insana alleanza, ma ancora permangono su di lui molte riserve in questo campo.
Vediamo perché: esclusi per pudore alcuni tenebrosi azzardi da parte di settori del centro-sinistra che si sono ostinati a credere – o far credere? – che le elezioni anticipate nel 2019 fossero preferibili all’alleanza tra M5S e PD, ebbene, escluso tutto ciò che ancora non è chiaro né confessabile, i sinceri progressisti che ancora nutrono scarsa fiducia in Conte sono uomini e donne che non hanno compreso che la politica, come la vita, è cambiamento: un flusso continuo di eventi che ci trasformano in maniera tale da rendere ciò che siamo oggi differente da ciò che eravamo ieri.
La trasformazione degli individui può essere in positivo o negativo, orientata al bene o al male, è ovvio, ma ciò che conta non sono i nostri peccati del passato, bensì le nostre auspicabili virtù dell’oggi. E, del resto, solo gli sciocchi non cambiano mai nella vita.
Se questa riflessione non fosse sufficiente a porre Giuseppe Conte in buona luce agli occhi di una parte minoritaria del centro-sinistra, almeno il merito di aver interrotto una stagione politica nefanda e contribuito a evitare la vittoria certa di Salvini e Meloni alle possibili elezioni dello scorso anno, gli andrebbe per onestà riconosciuto.
Ricordiamo l’onda dilagante della propaganda salvinista di quel periodo che fu interrotta grazie al disarcionamento definitivo della Lega dall’alleanza coi 5 Stelle, realizzato per merito principale di Giuseppe Conte. Ora sembra veramente di vivere un’altra epoca, in cui gli incubi dell’oggi hanno fatto dimenticare rapidamente quelli di ieri, ma ci fa tremare i polsi solo l’idea che la crisi da coronavirus potesse essere gestita da un governo sovranista e xenofobo.
Col passare dei mesi il nostro presidente del Consiglio ha dimostrato doti non comuni nella politica tradizionale italiana: gentilezza nei modi, capacità di ascolto, equilibrio nelle decisioni che lo hanno caratterizzato come un leader mai egocentrico, ma, al contrario, dotato di umile autostima, cioè a dire la virtù suprema per un politico, dato che essa coniuga la fiducia in se stesso con la capacità di avere i piedi ben piantati nella terra, accanto agli ultimi. Umiltà, infatti,
viene da humus, terra, una virtù spirituale primaria.
Nel corso della infausta pandemia che stiamo vivendo, Giuseppe Conte ha saputo avere la fortezza e il controllo di non reagire neanche all’insulto (è stato definito anche come “criminale” dai suoi avversari), forse intuendo che la reattività per l’essere umano è una mala-pianta,
dalle punte dolci ma dalle radici amare.
Ha dimostrato sobrietà nello stile, fermezza nelle decisioni ed empatia coi cittadini allorché, a nome del governo, ha dovuto imporre le misure di maggior sacrificio per affrontare la diffusione del virus. Allo stesso tempo, ha dato prova di prudente abilità nel commisurare la ferma decisione nel perseguimento degli obiettivi con la necessità di mantenere la coesione sociale, la positiva relazione con tutti coloro che remano nella stessa direzione.
Non a caso, egli si conferma come l’unico punto di equilibrio possibile nella attuale alleanza di governo. Di più, Conte è l’artefice principale della convergenza strategica – che si rafforza ogni giorno di più – tra 5 Stelle e sinistre, ragione non ultima di tante riserve nell’establishment italiano.
Il consenso di cui sta godendo non è frutto della fortuna, come qualcuno ha ingenerosamente insinuato, ma viene dalla stima e fiducia della popolazione conquistati sul campo. Uno di cui, per dirla con Bersani, ci si può fidare nel comprare un’auto usata.
La drammatica vicenda dello scontro con Germania e Olanda nel corso del recente vertice dei capi di governo dell’Unione europea ha rappresentato sicuramente il secondo momento topico nella breve carriera politica di Giuseppe Conte. La sua fermezza verso gli egoismi e nazionalismi dei paesi nordici non ha mai sconfinato nel pericolo della aggressività o della minaccia di sbattere la porta, come pure l’Italia – autolesionisticamente – potrebbe essere tentata di fare.
Al contrario, mantenendo un forte ancoraggio allo spirito comunitario dei padri fondatori, ha voluto far leva sui valori della solidarietà e visione virtuosa del futuro comune al fine di ottenere l’auspicato salto di qualità nella vita politica della modesta Europa degli ultimi anni.
Abile diplomatico internazionale, ha così messo in evidenza la sua leadership etica e, al contempo, una forte capacità negoziale, allorché è stato capace di introdurre tra lo schieramento avverso degli elementi di sicura contraddizione. Non solo: la maniera con la quale egli ha affrontato e sta gestendo il negoziato europeo di questi giorni, coniugando audacia creativa e calcolo politico, sta a dimostrare come dalla crisi che stiamo vivendo – noi italiani ed europei – possiamo trarre fermento per innovazioni e virtuose trasformazioni. E tale lezione sarà comunque valida per la nostra collettività a prescindere dal risultato concreto del negoziato europeo.
Nell’affrontare una sfida politica come nessun altro leader ha dovuto fare dal dopoguerra a oggi, l’attuale presidente del Consiglio dimostra di dirigere il paese con le qualità della tenacia e della calma perseveranza, animate da uno spirito di servizio al bene comune, che appare ai più come completamente disinteressato da obiettivi personali.
Non male per un non professionista della politica.
Nel concludere, rifletto che mi appare un po’ strano che l’elogio di un uomo che ha dimostrato rettitudine e saggezza, doti preziose per il governo della nostra comunità in tempi così tumultuosi, debba venire da un semplice blogger…, ma tant’è, mi sento in buna compagnia, dato che tra il 60 e il 70% degli italiani la pensa allo stesso modo. O forse, ancor meglio, mi sento di aver dato argomenti a ciò che i freddi numeri di quelle statistiche non riescono a esprimere.
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