I parenti delle vittime ospitate nella rsa si mobilitano.
In una intervista all'Agi parlano di informazioni
tardive e sanificazioni mai fatte.
E' pronta una denuncia collettiva.
Anziani lasciati a contagiarsi tra loro e a contagiare parenti e amici che, senza sapere, varcavano la soglia della rsa in via Michelangelo 9 a Mediglia, la residenza Borromea, diventata un focolaio per l’infezione da coronavirus.
In un mese i 150 ospiti della struttura privata, sono diventati quasi la metà: in 63 sono morti. Il numero, che continua a crescere, è il più alto registrato in una casa di riposo durante questa emergenza. E, al quale, andrebbe poi sommato quello delle persone che sono state contagiate e sono morte proprio dopo essere andate a far visita all’anziano ricoverato.
Informazioni tardive? Misure per il contenimento del virus prese fuori tempo massimo? Una igienizzazione dei locali mai fatta? Sono le domande alle quali vogliono una risposta chiara i parenti e i familiari di chi si trova ancora all’interno della rsa e di quanti non ci sono più.
Una “denuncia collettiva contro ignoti è pronta a partire”. Lo racconta all’AGI Leonardo La Rocca. Sua nonna è una delle ospiti della residenza. Suo suocero non c’è più, è stato contagiato verosimilmente andandola a trovare. La Rocca insieme a un gruppo di altri parenti vuole la verità su quello che è accaduto nella palazzina di mattoncini rossi, nel comune di 12 mila abitanti della città metropolitana di Milano, che in meno di un mese si è trasformata in un pericoloso lazzaretto.
La denuncia, ai carabinieri contro ignoti, la presentiamo perché si faccia luce su come è stata gestita tutta questa faccenda, sia dentro che fuori dalla struttura - ci spiega - . Al momento siamo una quindicina di persone tutte con qualcuno che è dentro o che era dentro la rsa, ma si continuano ad aggiungere parenti perché di giorno in giorno cambiano le cose, cambia il numero dei decessi. E’ questa l’unica ragione per cui non l’abbiamo ancora fatta: continuano a chiamarci parenti di altre vittime dicendo ‘anche noi vogliamo unirci’”.
Ma ormai ci siamo, la “denuncia è imminente, la presentiamo domani”. E nel frattempo “partirà anche una diffida affinché ci sia una sanificazione della struttura socio sanitaria,
che non è stata ancora fatta”.
Ma andiamo per gradi, la denuncia su cosa si basa?
“Noi denunceremo i fatti, quelli di cui siamo a conoscenza, ognuno con la sua memoria specifica e poi i magistrati saranno bravissimi a individuare le responsabilità. E sappiamo anche che ci sono già dei fascicoli aperti in procura, probabilmente verranno uniti tutti insieme
da chi si occuperà della pratica”.
Leonardo La Rocca cerca di mantenere la calma ma la rabbia
è tanta perché tante sono le domande che esigono una risposta.
C’è un dato in particolare che “è ballerino” ed è quello relativo al “primo caso di contagio nella struttura” che risalirebbe al 4 marzo. “Alcune persone ben informate ci hanno detto che ci sarebbero stati dei casi precedenti, il 23 e 24 di febbraio. Se questo fosse vero, sarebbe di una gravità enorme. Significherebbe che hanno insabbiato e tenuto nascoste le notizie; che non hanno comunicato nulla; e molto banalmente mio suocero sarebbe ancora vivo. Se questa notizia sarà accertata significa che li hanno ammazzati. E hanno anche aperto ai parenti la settimana successiva alla prima chiusura del 23 marzo, rischiando di ammazzare anche i parenti. Sarebbe di una gravità mostruosa. Su questo confidiamo che la magistratura possa fare delle verifiche”.
I suoceri di Leonardo, come ci ha raccontato sono risultati positivi tutti e due dopo essere andati a trovare l’anziana mamma. Questo prima che esplodesse il caso.
“Per noi è verosimile pensare che si siano contagiati lì dentro perché nella settimana precedente c’era stato cattivo tempo e non si erano mossi da casa. Poi la situazione si è aggravata, mio suocero è mancato sabato”. Sapere cosa stava accadendo avrebbe potuto salvarlo: “quando lui si è ammalato, noi abbiamo fatto il triage telefonico chiamando il numero verde e alla domanda ‘ci sono stati contatti con potenziali soggetti infetti’ la risposta è stata ‘no’, perché noi non sapevamo assolatamele nulla di quello che stava accadendo lì dentro. Se mio suocero fosse entrato in ospedale 3, 4, 5 giorni prima probabilmente le cose sarebbero andate diversamente”.
Cosa hanno risposto dalla residenza Borromeo?
“C’è un rimpallo fenomenale, un trasferimento di fiammiferi accesi tra amministrazione comunale, la rsa e l’ats senza soluzione di continuità da quasi un mese, senza che sia stata fatta una ispezione, una sanificazione e neanche solo una ordinanza per programmarla. In quel posto dove stiamo sfiorando il 50 per cento dei decessi sul totale degli ospiti, ancora stanno giocando rimandandosi a vicenda di chi è la responsabilità di attivare la sanificazione".
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