SCIOPERO SOCIALE : #SCIOPEROSOCIALE
#SCIOPERIAMOEXPO – ANCHE A MILANO INCROCIAMO LE BRACCIA, INCROCIAMO LE LOTTE.
Laboratorio Milanese
Venerdì 14 novembre sciopero sociale precario nazionale per fermare Jobs Act, austerità, piano casa, legge di Stabilità, decreto Sblocca Italia, contro “la ‘Buona Scuola’ di Renzi e l’entrata dei privati nei luoghi della formazione”.
A Milano l’opposizione sociale organizza la protesta lanciando l’appello #ScioperiamoExpo: il mega-evento finanziato con miliardi sottratti alla risorse collettive, sostenuto da manodopera gratuita, sottopagata e sfruttata...
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Perché #SCIOPERIAMOEXPO?
La sintesi del nuovo modello di società che ci aspetta si regge su tre pilastri: debito, cemento e precarietà in quantità sempre crescenti, e di questo Expo e le grandi opere diventano volano e simbolo, attraverso l’utilizzo di risorse pubbliche per profitti privati.
Quartieri militarizzati per proteggere i cantieri; risorse, territorio, diritti sacrificati alle logiche del megaevento; lavoro gratuito spacciato per opportunità; una città sempre più vetrina, tra sgomberi, speculazioni e spartizioni; mafie che proliferano; dispositivi di governo del territorio e procedure speciali che diventano norma e modello su scala più ampia; corporations del biotech, OGM e marchi globali del cibo spazzatura, grande distribuzione e Eataly, questa la tragicomica marmellata con cui nutrire il Pianeta; numeri sparati a caso su benefici, turisti, biglietti venduti a fronte della concreta realtà di tagli, tasse e beni comuni scippati o privatizzati.
Perchè scioperiamo Expo?
1. Perché dei 70’000 posti di lavoro promessi, ne sono stati attivati quasi 1’000, compresi gli stage formativi. Non è stato in alcun modo preso in considerazione il contratto a tempo indeterminato e svuotato quello a termine dei suoi diritti (impossibilità di scioperare per tutta la durata dell’esposizione che coincide con i mesi di presidenza italiana dell’Unione Europea). Sfruttando il contesto della crisi viene proposto il precariato come unica via per l’ eccezionalità dell’ evento anche oltre la durata dello stesso.
2. Perché avrebbero dovuto essere impiegati 18’500 volontari solo per la gestione del sito di Expo, poi ridotti a 7’000, anche se non si sa chi svolgerà il lavoro delle 10’000 persone che sono state giudicate non necessarie. Sicuramente non sono stati diminuiti i numeri dei volontari per aumentare quello dei lavoratori a contratto. La campagna di reclutamento di giovani è basata sul concetto dell’ ampliamento del curriculum e delle capacità lavorative e ha come fine il rendere possibile la “conoscenza e fruizione del patrimonio sociale, culturale e civile della città ospitante” da parte dell’ affluenza di stranieri.
3. Perché Expo nella sua globalità costerà 1,3 miliardi di soldi pubblici, che arriveranno a 10 miliardi se consideriamo autostrade (pedemontana) e opere collegate (vie d’acqua), oltre alla manutenzione della stessa città.
4. Per la corruzione presente negli alti ranghi dirigenziali di Expo spa che ha dato il via ad una ventina di arresti per tangenti e alla segnalazione di più di 40 imprese implicate con mafia.
5. Per la gestione emergenziale dell’ evento a discapito dei diritti, tra cui la possibilità di muoversi al di fuori dei protocolli sindacali e la possibilità per i paesi stranieri di non rispettare la legislazione italiana all’ interno dei padiglioni.
6. Per l’uso del Commissario unico, con poteri speciali (che possono eludere la normale legislazione giocando sullo stato di emergenza) alla sovraintendenza del mega-evento. Una delle politiche al centro del decreto “sblocca Italia” di Renzi.
8. Perché la retorica del’Esposizione esalta il modello del successo e dell’iniziativa individuale rappresentato da start-up, microimprese e sacrifici. Salario, diritti e dimensione collettiva non sono più elementi costitutivi del lavoro.
9. Perché anche questo megaevento diventa canale comunicativo per riaffermare la dicotomia di genere, funzionale ad un sistema di crisi. Si normalizzano corpi, identità, favolosità, al solo scopo di creare fette di mercato “pink”, invece che decostruire ruoli ed identità statiche.
10. Perché dietro lo slogan vuoto “nutrire il pianeta” si confermano quelle politiche agroalimentari che negano accesso al cibo e all’acqua, impongono modelli alimentari utili solo alle multinazionali, tra i primi sponsor dei sei mesi dell’evento Expo 2015.
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