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L'agonia di Porto Marghera, Davide: per 52 giorni su un tetto e nessuno ci ha ascoltato
di Rinaldo Gianola
Il dramma della crisi a Porto Marghera, lo storico polo industriale, ha i volti e le voci degli operai che perdono il posto. Le loro storie non le sentirete mai al tg della sera.
«Mi chiamo Devis Sottile, ho 37 anni, sono sposato. Ho un figlio di pochi mesi. Vivo a San Donà di Piave. Da quindici anni lavoro come operaio alla Sirma, azienda che produce materiale refrattario, di proprietà del gruppo Gavioli. All’inizio eravamo 760, poi siamo dimagriti. Ma non abbiamo mai avuto grossi problemi. L’anno scorso il padrone ci diceva che voleva portare la società in Borsa. All’improvviso è arrivata la chiusura. Ci hanno sbattuto fuori. I più giovani sono i più colpiti, tra poche settimane non avrò nemmeno la cassa integrazione. Siamo stati per 52 giorni sul tetto della fabbrica, nessuno ci ha ascoltato. Noi lavoratori abbiamo creato una cooperativa con i nostri soldi per rilevare l’azienda. Ma non ci vogliono. La politica se ne frega, le istituzioni parlano parlano..... La sindaca del mio paese, Francesca Zaccariotto, una leghista, è stata eletta presidente della Provincia di Venezia e si è subito aumentata lo stipendio di 811 euro. Potrebbe essere la mia cassa integrazione. Mi sono iscritto a cinque agenzie interinali: due a Mestre, tre a San Donà. L’unica chiamata è stata per una sostituzione di pochi giorni a Ferragosto. Non so come andare avanti: forse vendo la casa, ma chi è interessato se ne approfitta. Non è giusto. La sera, a tavola, non so cosa dire a mia moglie».
«Sono Davide Stoppa, ho 33 anni. Ho moglie e un figlio di 19 mesi. Vivo a Santa Maria di Sala. Lavoro alla Montefibre da dodici anni. Prima avevo fatto altri lavori, anche il falegname e l’autista. Mi piace lavorare in fabbrica, stare con i miei compagni, siamo 280, moltissimi sotto i 40 anni. I giovani, gli interinali sono già stati cacciati. Il proprietario, il gruppo Orlandi, non vuole più rispettare i patti sottoscritti, si vuole liberare di noi. E pensare che il piano industriale prevedeva lo sviluppo delle fibre al carbonio, ritenuto strategico dal governo per l’industria italiana. Come si fa a credere a questi imprenditori, un giorno firmano un accordo e il giorno dopo se ne vanno? Non c’è più rispetto per i lavoratori. Se c’è la crisi affrontiamola insieme, ma non si può lasciare a casa la gente senza spiegazioni. La crisi serve per fare un’altra pulizia. A Marghera i padroni sognano di chiudere le fabbriche e di fare speculazioni: palazzi, fiere, festival. Oggi non si trova neanche un posto di lavoro, chi lo perde non sa dove sbattere la testa. Meno male che mia moglie fa l’impiegata. Io sto a casa e mi sento in colpa. Dovrei lavorare, mantenere la famiglia e sono qui in cassa integrazione. Finchè dura».
Sono ventimila quelli che hanno perso il lavoro nel Veneto dall’inizio dell’anno. Oltre 4mila posti sono stati cancellati tra Venezia e Mestre. Altri cinque-seimila occupati potrebbero presto restare a casa se a Marghera chiuderà il «ciclo del cloro» con ripercussioni occupazionali sul quadrilatero della chimica, che comprende anche Ravenna, Mantova, Ferrara. Già, «il ciclo del cloro».
Sembra di giocare al piccolo chimico, ma siamo, invece, nel mezzo di una delle più grandi concentrazioni industriali e operaie del paese. Marghera: una lunga storia di investimenti, successi e drammi, una storia unica, paradigma del contrasto perenne e irrisolto tra sviluppo industriale e ambiente, una storia di lotte e di democrazia. Quante crisi, quante battaglie ha vissuto Marghera? Ormai ce le siamo quasi dimenticate: la Montedison e l’Eni, Eugenio Cefis, Mario Schimberni, la «chimica mondiale» di Raul Gardini, il miracolo della plastica e il peso del petrolio, l’eroico operaio Gabriele Bortolozzo che portò in Tribunale gli avvelenatori, il Capannone delle assemblee operaie.
E oggi un’altra crisi, e ogni volta che c’è una crisi, una ristrutturazione, qui si perde un pezzo di industria, migliaia di posti. Quasi ci fosse un destino ineluttabile. È un’agonia lenta e dolorosa: i lavoratori resistono, i sindacati s’impegnano, ma, diciamo la verità, è come se fossero abbandonati, isolati. Lungo il Ponte della libertà, che accompagna il viaggiatore verso la città più bella del mondo, bisogna voltare lo sguardo giù verso il mare, la laguna. Qui si consuma uno dei tanti drammi sociali dell’autunno italiano.
«Vuoi sapere come va?» interroga Sergio Chiloiro, il segretario della Camera del lavoro, piegato a leggere la lista aggiornata delle aziende che chiudono o in crisi. «Ecco come va: qui un tempo lavoravano 50mila persone, oggi sono 13-14mila. Sono stati chiusi interi settori industriali, dal caprolattame alla Dow Chemical, è stata ridimensionata la Solvay, ci siamo seduti a tutti i tavoli, abbiamo firmato accordi, gestito esuberi e ristrutturazioni. Ma non basta mai. Non basta perchè non è mai stata detta la parola definitiva da parte del governo a una domanda: Marghera deve restare un luogo d’industria e di lavoro oppure puntiamo su alberghi, barche e servizi? Noi pensiamo che Marghera deve avere un futuro industriale, per il bene di quest’area e del Paese».
La situazione oggi è più grave del passato perchè mentre una volta i lavoratori usciti da un’azienda venivano ricollocati in un’altra impresa di Marghera, oggi questo “salvataggio” non è possibile. Non si investe più, nessuno ci mette un soldo anche se si potrebbero fare affari. L’Eni, il maggior protagonista, vorrebbe rinunciare alla chimica che pesa sui conti e necessita di investimenti, il governo non riesce a orientarne le scelte. Nel recinto di Marghera c’è il porto, lavorano ancora la Fincantieri (cantieristica) e l’Alcoa (alluminio), c’è l’energia, restano un po’ di meccanica e indotto. «Manca un piano di sviluppo, il governo e la politica si dividono e oscillano tra l’abbandono e la difesa di Marghera a giorni alterni, l’ultimo progetto serio è stato “Industria 2000” di Bersani» commenta il sindacalista dei chimici Riccardo Colletti, 45 anni, che lamenta «la mancanza di credibilità degli imprenditori: all’Unindustria eleggeranno uno delle agenzie interinali e prima c’era un albergatore...».
Ci sono casi aziendali incredibili. Non solo i fatti più noti della Sirma, della Montefibre o del commissariamento della Vinyl che potrebbe tornare in mano al trevigiano Sartor o finire al bolognese Francesco Bortolini. Loredana De Checchi della Cgil racconta della «Centro Pulitura Metalli, 48 dipendenti: il proprietario annuncia la chiusura prima dell’estate, ci sono le condizioni per la cassa integrazione, ma l’azienda si dimentica di comunicare lo stato di crisi. Arriva settembre, i lavoratori sono convinti di avere la cig, ma invece restano senza reddito». Intanto pontificano il governatore ex Publitalia, Galan, e il ministro Brunetta che sognerebbe la poltrona di sindaco, anche se non lo sopporta nessuno da queste parti. Mentre Marghera affonda e la disperazione colpisce migliaia di famiglie, circolano idee “geniali” come quella di trasformare il polo chimico in zona residenziale, alberghiera, con una fiera della nautica (d’altra parte qui costruirono il Moro di Venezia, illusione galleggiante dei Ferruzzi). Ovviamente ci vuole una bella bonifica, magari con fondi pubblici. Sembra di risentire l’ex ministro delle Partecipazioni statali, Gianni De Michelis, il re delle discoteche, che voleva far attraversare Venezia da metropolitane sopraelevate. In laguna dicono che De Michelis sia diventato consulente di Brunetta. Ora è tutto più chiaro.
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giovedì 24 settembre 2009
martedì 22 settembre 2009
I precari italiani della scuola sfidano Vespa
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I precari italiani della scuola sfidano Vespa
di Coordinamento precari scuola*
Spettabile redazione di Porta a Porta,
e per conoscenza alle redazioni giornalistiche italiane.
Il segretario del PD Franceschini propone che la Rai, per ottemperare al suo ruolo di servizio pubblico, dedichi una puntata ai problemi della scuola facendo parlare i lavoratori precari che operano nel settore della Pubblica Istruzione.
http://www.unita.it/news/italia/88526/franceschini_su_porta_a_porta_perch_non_dare_lo_stesso_tempo_ai_precari (oppure http://tinyurl.com/precari-2porta )
Chiediamo che uno o più precari, individuati dal Coordinamento Precari Scuola, siano invitati ad una vostra prossima trasmissione accettando qualsiasi tipo di contradditorio sul tema del precariato scolastico e della qualità della scuola. Certi della vostra indipendenza dalle pressioni politiche, della vostra correttezza, della necessità giornalistica di dare voce e visibilità alla parte più debole della società, restiamo in attesa di un vostro invito.
*FORUM COORDINAMENTO PRECARI SCUOLA
BLOG COORDINAMENTO PRECARI SCUOLA
GRUPPO FACEBOOK COORDINAMENTO PRECARI SCUOLA
MAIL COORDINAMENTO PRECARI SCUOLA
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I precari italiani della scuola sfidano Vespa
di Coordinamento precari scuola*
Spettabile redazione di Porta a Porta,
e per conoscenza alle redazioni giornalistiche italiane.
Il segretario del PD Franceschini propone che la Rai, per ottemperare al suo ruolo di servizio pubblico, dedichi una puntata ai problemi della scuola facendo parlare i lavoratori precari che operano nel settore della Pubblica Istruzione.
http://www.unita.it/news/italia/88526/franceschini_su_porta_a_porta_perch_non_dare_lo_stesso_tempo_ai_precari (oppure http://tinyurl.com/precari-2porta )
Chiediamo che uno o più precari, individuati dal Coordinamento Precari Scuola, siano invitati ad una vostra prossima trasmissione accettando qualsiasi tipo di contradditorio sul tema del precariato scolastico e della qualità della scuola. Certi della vostra indipendenza dalle pressioni politiche, della vostra correttezza, della necessità giornalistica di dare voce e visibilità alla parte più debole della società, restiamo in attesa di un vostro invito.
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Le tre carte di Gelmini
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Le tre carte di Gelmini
Sul finanziamento agli atenei ‘virtuosi’ il ministero fa «il gioco delle tre carte». E’ quanto denuncia l’Unione degli Universitari sottolineando che «il 29 luglio il ministero ha comunicato i risultati delle valutazioni del ‘merito’ degli Atenei per l’attribuzione di una parte del Fondo di Finanziamento Ordinario, pari al 7 per cento del Ffo del 2008. La graduatoria degli Atenei più virtuosi è stata pubblicizzata dal Ministero come una ‘grande operazione di merito e trasparenza’». «Abbiamo ricostruito la classifica dai dati ministeriali – denuncia l’Udu – peccato che il ‘merito’ decantato dalla Gelmini si trasformi in una bufala per moltissimi Atenei d’Italia».
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Le tre carte di Gelmini
Sul finanziamento agli atenei ‘virtuosi’ il ministero fa «il gioco delle tre carte». E’ quanto denuncia l’Unione degli Universitari sottolineando che «il 29 luglio il ministero ha comunicato i risultati delle valutazioni del ‘merito’ degli Atenei per l’attribuzione di una parte del Fondo di Finanziamento Ordinario, pari al 7 per cento del Ffo del 2008. La graduatoria degli Atenei più virtuosi è stata pubblicizzata dal Ministero come una ‘grande operazione di merito e trasparenza’». «Abbiamo ricostruito la classifica dai dati ministeriali – denuncia l’Udu – peccato che il ‘merito’ decantato dalla Gelmini si trasformi in una bufala per moltissimi Atenei d’Italia».
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sabato 19 settembre 2009
Brescia, campi annaffiati con il latte
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Brescia, campi annaffiati con il latte.
Per protesta
Detto fatto.
Con alcune autobotti solitamente utilizzate per i liquami, gli agricoltori della Copagri hanno gettato nei campi antistanti il caseificio Ambrosi, circa 200 mila litri di latte.
Una protesta - ha spiegato il referente nazionale Roberto Cavaliere - attuata perchè «in questo momento produrre il latte costa 48 centesimi al litro e ci viene pagato invece 27 centesimi al litro».
Nei prossimi giorni verranno attuate iniziative di distribuzione gratuita del latte.
Ma non finisce qui. Una nuova iniziativa è all'orizzonte: "Martedì prossimo - sottolinea Cavaliere - per la prima volta nella storia d'Europa produttori italiani e di altre nazioni bloccheranno tutte le frontiere d'Italia».
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venerdì 18 settembre 2009
Il lavoro che cambia. L'indagine sull'occupazione
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Il lavoro che cambia. L'indagine sull'occupazione
di Bruno Ugolinitutti
«Il lavoro che cambia», era il titolo di un inchiesta promossa sei anni fa dai Democratici di sinistra. Che cosa è successo nel frattempo di fronte ad una crisi che scuote gli apparati produttivi? Come sarà il mondo del lavoro dopo la crisi? Le risposte le sta dando una seconda inchiesta, promossa questa volta dal Partito Democratico, in collaborazione con i giovani democratici, nonché con «l’Unità» e «Europa». Il titolo è rimasto quello di sei anni fa. È stata lanciata sui siti dei due quotidiani con un annuncio firmato da Cesare Damiano e Dario Franceschini. Sempre nei due siti i lettori sono invitati a compilare un questionario, redatto con il professor Mimmo Carrieri (coordinatore della ricerca). I risultati saranno analizzati e sintetizzati dalla SWG di Trieste. È stato formato un gruppo di lavoro di cui fa parte Cesare Damiano (oggi capogruppo Pd della Commissione Lavoro alla Camera). Il questionario è diviso in cinque sezioni: il profilo socio-anagrafico e situazione familiare, la situazione occupazionale, aspetti della condizione di lavoro, valutazioni e prospettive, problemi sociali e politici.
Non ci saranno solo i questionari compilati on line. A questi si sommeranno quelli cartacei distribuiti nel corso delle principali feste del Partito Democratico a cominciare da quella dedicata al lavoro, e in corso a Modena. Il materiale raccolto e analizzato confluirà, nella primavera del 2010, sempre a Modena, in un’iniziativa nazionale dedicata al tema del lavoro.
Nell’indagine di sei anni fa, spiega Damiano, erano emersi, attraverso 23 mila questionari, alcuni dati salienti. Ad esempio sulla condizione salariale, con la denuncia di buste paga mediamente pari a mille euro al mese. Nonché sul fatto che il 20% delle famiglie non ce la facevano ad arrivavano alla fine del mese. Un altro elemento riguardò la scelta della flessibilità che quando durava a lungo diventava precarietà. Non scaturiva dalle risposte dei questionari, osserva Damiano, una percezione tutta negativa sulla qualità presente in quel tipo di lavori. Ad essi però non corrispondeva una retribuzione adeguata e la certezza di poter trasformare la flessibilità in lavoro stabile. Tutto questo spinse, sottolinea ancora Damiano, ad avviare una stagione legislativa capace di affrontare tali tematiche. Così con la proposta (elaborata insieme a Tiziano Treu) di una carta dei diritti dei lavoratori, fino alla promozione di alcuni primi interventi di legge.
Resta il fatto che oggi quella fotografia costruita nel 2003 presenta aspetti deteriorati. Che cosa potrebbe scaturire dai nuovi questionari? «Intanto c’è da osservare che il mondo del lavoro paga in modo differenziato la crisi, anche se tutti vengono toccati. I primi ad essere colpiti sono coloro che hanno un lavoro a termine. Vengono lasciati a casa i lavoratori a progetto, gli interinali. L’ultima rivelazione parla di 100mila rapporti di lavoro interinali persi: sono il 30 per cento di quella forma di lavoro. Pagano i precari della pubblica amministrazione, basta vedere che cosa succede nella scuola».
Eppure il governo afferma di non voler abbandonare nessuno…«Parla così e poi si fa promotore di licenziamenti di massa, senza protezione. Del resto paga la crisi anche il mondo del lavoro protetto perché il ricorso alla cassa integrazione porta la retribuzione del lavoro stabile da una media di 1200 euro mensili (per un lavoratore con oltre 30 anni di lavoro) a 800 euro al mese».
La nuova indagine, insomma, servirà ad aprire meglio gli occhi su una realtà in movimento. Sarà anche un modo per smentire coloro che vedono il Pd non adeguatamente interessato al mondo del lavoro? «Siamo l’unico partito» risponde Damiano «che mette in campo un’iniziativa del genere. Il lavoro soffre di un oscuramento, dovuto anche a 30 anni di liberismo che hanno messo sull’altare la finanza, il mercato libero e selvaggio, e hanno mandato nella polvere la manifattura e il lavoro. Noi cerchiamo di aprire dei varchi e credo che un partito come il Pd debba avere profonde radici popolari e quindi nel mondo del lavoro. L’inchiesta e la Conferenza possono essere uno strumento importante».
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Torino, processo Thyssenkrupp: in aula il sindaco Chiamparino
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Torino, processo Thyssenkrupp: in aula il sindaco Chiamparino
Dopo la Regione Piemonte, ieri, è toccato oggi al sindaco Sergio Chiamparino spiegare in udienza le ragioni della costituzione di parte civile al processo Thyssenkrupp del Comune di Torino. «Abbiamo subito un danno morale – ha spiegato il sindaco – perché è stata lesa la sicurezza sul lavoro che è uno dei fondamenti della costituzione morale della nostra città». Il Comune di Torino, diversamente dalla Regione Piemonte che ha quantificato il danno in 180 mila euro, non ha indicato una cifra, ma ha sottolineato che l’eventuale risarcimento sarà devoluto a borse di studio sulla sicurezza sul lavoro. Il sindaco di Torino ha anche ricordato un incontro con l’amministratore delegato della Thyssenkrupp, e principale imputato in questo processo, Harald Espenhan, avvenuto intorno al 2002-2003 e relativo all’eventuale riorganizzazione dello stabilimento di corso Regina, e finalizzato al mantenimento delle attività a Torino. I contatti furono poi superati dalla decisione dell’azienda di trasferire l’attività a Terni, dove le condizioni, e in particolare la bolletta energetica, erano più vantaggiose. Chiamparino ha anche precisato di aver svolto quel colloquio con l’aiuto di un interprete in quanto Espenhan a quel tempo non conosceva sufficientemente l’italiano, un argomento questo sollevato più volte dalla difesa per chiedere la traduzione degli atti. Commentando poi un documento seguestrato dagli inquirenti in una borsa di un dirigente dell’azienda siderurgica in cui si indacava la città di Torino come culla delle Br il sindaco l’ha definita «una visione o interessata e strumentale o molto strabica di quello che è successo».
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I lavoratori della Nortel mobilitati contro il licenziamento
I lavoratori della Nortel mobilitati contro il licenziamento
Sarah Di Nella
Sono 38 i lavoratori della multinazionale canadese Nortel, che a Roma e a Milano rischiano il licenziamento. Ma è solo l'inizio dello smantellamento dell'antenna italiana: il gigante delle telecomunicazioni amministrato da Ernst&Young sta vendendo i suoi pezzi al miglior offerente...
Dall’inizio di settembre, i lavoratori italiani di Nortel sono mobilitati contro il licenziamento di 38 persone. Al centro del conflitto lo studio Ernst & Young, designato dalla multinazionale canadese per guidare la procedura di fallimento in Europa. Nortel è da gennaio sotto la protezione della legge canadese su fallimenti, cosa che ha permesso al gigante delle telecomunicazioni – che conta 26 mila dipendenti nel mondo – di lanciare una procedura intracomunitaria di ristrutturazione delle sue 17 filiali europee. Un metodo inedito, permesso dalla direttiva europea 1346/2000 che autorizza una società a dirigere una procedura giudiziaria da un solo paese per l’insieme dell’Europa, in questo caso dalla Gran Bretagna.
A luglio, i lavoratori francesi di Nortel avevano scelto di spettacolarizzare la loro protesta per bucare lo schermo e farsi sentire: avevano piazzato bombole di gas nella loro fabbrica, minacciando di farla esplodere. Erano state ritirate all’apertura dei negoziati, 465 dipendenti sono stati poi licenziati il 31 luglio, ottenendo però un indennizzo supralegale di 7 mila euro a lavoratore e un interessamento ai prodotti delle cessioni di attività che dovrebbe andare dai 20 ai 40 mila euro a persona.
In Italia, i lavoratori stanno moltiplicando le proteste: sciopero a oltranza almeno fino al 22 settembre, stato di assemblea permanente e tre lavoratori in sciopero della fame – poi diventati tre «per le condizioni di salute che erano diventate preoccupanti», spiegano quelli di Nortel sul loro blog http://nortelitaliainlotta.blogspot.com – in via di Grotta Perfetta. Nonostante ciò, la Ernst & Young ha rifiutato ieri la mediazione del ministero del lavoro, l’incontro per ora è stato rinviato al 23 settembre. Una «decisione gravissima e irresponsabile», per la Fiom Cgil.
Sull’edificio di Grotta Perfetta ci sono appese le gigantogradie dei figli dei lavoratori, le stesse sono anche stampate sulle loro magliette, con la scritta «Ernst&Young e Nortel licenziano il nostro futuro».
«Siamo lavoratori altamente qualificati – scrivono i 38 a rischio licenziamento delle sedi di Roma e Milano, in una lettera aperta – ingegneri, progettisti e tecnici delle telecomunicazioni, che Ernst&Young, in qualità di amministratore, sta licenziando su due piedi senza indennità e senza tfr».
Lo scorso 16 settembre, in un incontro al ministro del lavoro, la Ernst&Young aveva fatto sapere di voler «licenziare i lavoratori, di vendere ‘a pezzi’ le attività che rimangono alla Nortel per ricavare più soldi possibile, e di liquidare tutto in Italia entro marzo 2010. Licenziare i 38 lavoratori, quindi, non servirebbe a salvare l’azienda, ma è semplicemente una prima operazione di ‘ripulitura’ per vendere le attività facendo più profitti e chiudere comunque l’azienda tra qualche mese», spiega la Fiom Cgil.
Ernst&Young ha quindi respinto la proposta di usare la cassa integrazione e ha fatto sapere che non ha nessuna intenzione di presentarsi alla convocazione del ministero dello sviluppo economico, il 22 settembre.
«L’atteggiamento di Ernst& Young è gravissimo. L’Italia non è un paese a sovranità limitata – ha dichiarato Roberta Turi della segreteria Fiom Cgil di Roma – Ernst & Young rifiuta qualsiasi proposta alternativa al suo disegno perché a questa multinazionale non interessa il mantenimento dell’attività produttiva e dell’occupazione, l’unico suo obiettivo è di intascare più soldi possibili a discapito di chi lavora e che rappresenta la vera ricchezza di Nortel. Chiediamo al Ministero dello Sviluppo Economico e al Governo, di intervenire in maniera decisa su chi, in un momento di crisi come questo, vuole speculare sulla pelle di chi lavora, utilizzando risorse della collettività».
Il 22 settembre, quelli della Nortel hanno convocato un presidio dalle 13 davanti al ministero dello sviluppo economico, in via Molise. Stasera invece è previsto un loro intervento dal palco della festa della Cgil romana, alle 18 a Caracalla.
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mercoledì 16 settembre 2009
IMPREGILO : annuncia l'apertura a gennaio dei cantieri del Ponte
Impregilo annuncia l'apertura
a gennaio dei cantieri del Ponte
A gennaio 2010 partiranno i lavori del Ponte: dopo l’annuncio di Anas e governo arriva quello dell’impresa vincitrice. Ma l’avvio non riguarda il cantiere principale – di cui ancora non esiste il progetto definitivo – ma quelli preliminari. «Come realizzare una scala esterna per una casa che ancora non c’è». Nel frattempo, Impregilo lamenta l’eccesso di burocrazia in Italia. E tace del suo imbarazzante curriculum, fatto di autostrade mai finite in Calabria, smaltimento illegale di rifiuti in Toscana, ecoballe campane… Agli annunci dei politici ed ai proclami dell’Anas non crede più nessuno. Ma adesso parla Alberto Rubegni, amministratore delegato di Impregilo: «Tra pochi mesi iniziamo il lavori del Ponte». Più esattamente i «cantieri preliminari», cioè i lavori a terra annunciati per gennaio. Si tratta del delirio di strade e ferrovie che stravolgeranno l’area urbana dello Stretto, e che risulteranno perfettamente inutili fino al completamento del Ponte. Al momento, tuttavia, non è stato neanche completato il progetto definitivo. «E se dovesse essere valutato come inattuabile, a cosa saranno servite opere che si giustificano solo ed esclusivamente in funzione del Ponte?», si chiede Guido Signorino, docente di economia, uno dei massimi esperti dei conti della mega-infrastruttura. «Cosa ne sarebbe di lavori frettolosamente realizzati con un anticipo di 6-7 anni? È come realizzare una scala esterna per una casa che non c’è. Insomma, una follia, che potrebbe finire col costituire un danno erariale di proporzioni gigantesche».
Alle strutture secondarie, si affiancano le «opere compensative»: un fiume di soldi finalizzato teoricamente a ripagare dei danni sociali ed ambientali dei cantieri, in pratica a «comprare» il territorio e sopirne le proteste, l’ultima delle quali ha portato inaspettatamente in piazza a
Messina 8 mila manifestanti.
«Il recupero del fronte-mare, lo spostamento della stazione, la metropolitana del mare, eccetera non hanno alcuna connessione ‘tecnica’ col
Ponte e servono alla città di Messina non ‘a causa’ del ponte, ma ‘indipendentemente’ da esso; meglio ancora: ‘invece’ del Ponte», dice ancora Signorino. «Considerando il prezzo che la città ha pagato alla sua funzione di snodo per l’attraversamento dello Stretto, la ‘compensazione’ è dovuta per la funzione svolta nell’ultimo cinquantennio a servizio del sistema nazionale dei trasporti, non per la morte civile che le si vuole regalare in omaggio alla realizzazione di un’opera faraonica quanto inutile».
Come molte imprese italiane, Impregilo ama sputare nel piatto in cui mangia. Vive della rendita delle commesse statali, ma si lamenta dell’«eccesso di burocrazia». Secondo Rubegni, ci sarebbe «più certezza dei diritti» all’estero, dove la società di Sesto San Giovanni ha ottenuto l’appalto per l’allargamento del Canale di Panama, un contratto da 3 miliardi di dollari, ed è in corsa per un dissalatore a Dubai ed uno in Arabia Saudita, finanziato coi petrodollari della famiglia reale.
Eppure in Italia la società non se la passa male: ha in tasca i contratti del Ponte, della Pedemontana Veneta, della Tem [Tangenziali Esterne di Milano] e probabilmente riuscirà a strappare ancora qualcosa dall’Alta Velocità, altra vicenda di cantieri eterni. Forse, quando parlano di «eccesso di burocrazia», i dirigenti Impregilo pensano ai provvedimenti della magistratura nelle vicende campane, tra ecoballe ed inceneritori; o il cantiere lumaca della Salerno – Reggio Calabria, avviato nel 1997, perennemente infiltrato dalle ‘ndrine storiche del reggino e segnato da sette inchieste giudiziarie; le polemiche seguite al crollo dell’ospedale dell’Aquila; la condanna [in primo grado] di Rubegni per «smaltimento
illecito di rifiuti» durante i lavori di costruzione della tratta ferroviaria dell’Alta velocità Firenze-Bologna; per finire con la meno nota vicenda della Milano-Genova, il cui terzo valico è stato lanciato nell’ottobre 1991 come ramo secondario dell’Alta velocità e che nel 2009 è ancora fermo per un contenzioso tra Impregilo e Ferrovie. Un curriculum imbarazzante di cui qualcuno, ad esempio Anas, dovrebbe chiedere conto. Ma non accadrà nulla del genere, anzi proseguirà la strategia delle «mucche da mungere», il neo-interventismo statale finalizzato alla socializzazione delle perdite ed alla costruzione di partnership pubblico-privato, utili a portare profitto a pochi contractors, a prescindere da tutto e tutti, a cominciare dai movimenti accusati di miopia ed egoismo ed invece al momento unica forma di opposizione allo sciacallaggio di poche aziende.
Antonello Mangano www.terrelibere.it
AGGIORNAMENTO
L'Europa sta per cancellare i fondi per il ponte di >Messina , Buttati 250 milioni di euro
L'Europa sta per cancellare i fondi per il ponte di Messina ,
Buttati 250 milioni di euro
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leggi anche
http://cipiri.blogspot.it/2014/03/ponte-sullo-stretto-di-messina-12.html
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1,2 miliardi per non costruirlo
Il Ponte sullo Stretto: 1,2 miliardi per non costruirlo.
Grazie a Silvio Berlusconi .
Lo Stato dovrà spendere più di un miliardo di euro per non realizzare il Ponte sullo Stretto...
Il fautore della più grave regressione antropologica, culturale, sociale, economica e legale della storia Italiana
Un giorno dovremo vergognarci con i nostri figli di aver messo al potere per 12 anni e 4 governi
un evasore fiscale frequentatore di prostitute minorenni
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I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
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martedì 15 settembre 2009
Metalmeccanici, la Fiom indice lo sciopero nazionale il 9 ottobre
Metalmeccanici, la Fiom indice lo sciopero nazionale il 9 ottobre
Il Comitato centrale della Fiom ha adottato all’unanimità la proposta del segretario generale, Gianni Rinaldini, di uno sciopero nazionale per il 9 ottobre. Lo sciopero sarà di 8 ore e sarà accompagnato da manifestazioni a livello interregionale.
Il segretario della Fiom ha convocato il comitato centrale dell’organizzazione il giorno stesso dell’abbandono del tavolo della trattativa per il rinnovo del contratto delle tute blu, lo scorso giovedì. Federmeccanica aveva infatti avviato l’incontro con le controparti sindacali annunciando che la piattaforma Cgil era «non negoziabile» e che il confronto sarebbe avvenuto sulla base delle piattaforme presentata da Fim e Uilm.
A sua volta la Fiom ha presentato al tavolo una proposta alternativa alla discussione della piattaforma di rinnovo che prevede la sospensione delle regole stabilite dalla riforma «separata» del modello contrattuale e una soluzione transitoria per la parte salariale. Nel frattempo la Fiom attende una risposta formale da Federmeccanica sulla sua proposta di moratoria, mentre l’organizzazione delle imprese tornerà ad incontrare Fim e Uilm il prossimo 17 settembre.
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Il Comitato centrale della Fiom ha adottato all’unanimità la proposta del segretario generale, Gianni Rinaldini, di uno sciopero nazionale per il 9 ottobre. Lo sciopero sarà di 8 ore e sarà accompagnato da manifestazioni a livello interregionale.
Il segretario della Fiom ha convocato il comitato centrale dell’organizzazione il giorno stesso dell’abbandono del tavolo della trattativa per il rinnovo del contratto delle tute blu, lo scorso giovedì. Federmeccanica aveva infatti avviato l’incontro con le controparti sindacali annunciando che la piattaforma Cgil era «non negoziabile» e che il confronto sarebbe avvenuto sulla base delle piattaforme presentata da Fim e Uilm.
A sua volta la Fiom ha presentato al tavolo una proposta alternativa alla discussione della piattaforma di rinnovo che prevede la sospensione delle regole stabilite dalla riforma «separata» del modello contrattuale e una soluzione transitoria per la parte salariale. Nel frattempo la Fiom attende una risposta formale da Federmeccanica sulla sua proposta di moratoria, mentre l’organizzazione delle imprese tornerà ad incontrare Fim e Uilm il prossimo 17 settembre.
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sabato 12 settembre 2009
Ventitrè suicidi alla France Telecom
Ventitrè suicidi alla France Telecom, i sindacati: intervenga il governo
di Marina Mastroluca
L’ultima è stata una donna, quasi una ragazza. A 32 anni ha aperto la finestra dell’ufficio dove lavorava ed è volata giù dal quarto piano. È la ventitreesima dipendente di France Telecom a suicidarsi in poco più di un anno. Per l’azienda «era una persona fragile», che non è riuscita a stare al passo nonostante le fosse stato alleggerito il carico di lavoro proprio in ragione delle sue difficoltà. «Aveva appena saputo che avrebbe avuto un nuovo capo», spiegano a France Telecom, come se bastasse. Per i sindacati questa ragazza che a 32 anni preferisce piuttosto schiantarsi su un marciapiede è il segno che il malessere dei lavoratori ha ampiamente superato la soglia critica. «Non chiediamo più l’intervento della direzione di France Telecom, ma quello del governo», ha detto Pierre Morville, delegato sindacale di Cfe-Cgc.
Ventitrè suicidi sul lavoro su 100.000 dipendenti, gli ultimi sei quest’estate. Due solo nell’ultima settimana: mercoledì scorso un tecnico di Troyes si è piantato un coltello nell’addome durante una riunione nella quale aveva appreso che il suo posto di lavoro sarebbe saltato. L’11 agosto scorso un giovane tecnico di 28 si era ucciso lasciando una lettera in cui raccontava il suo disagio e la sua «collera» nei confronti dell’azienda e dei colleghi «che non rispondono quando c’è bisogno di loro» e che lo avevano relegato ad una mansione che considerava «squalificante».
Ed è sempre il lavoro - il lavoro che non c’è più, che cambia, che viene dequalificato - il perno intorno al quale ruotano le ultime parole della schiera di suicidi di France Teelcom. I sindacati hanno sintetizzato in un loro «decalogo» le ragioni della sofferenza: «intensificazione dei ritmi di lavoro», «soppressione dei posti di lavoro», mobilità, perdita di identità professionale, pressioni dell’azienda per spinegere a dimissioni volontarie, «tecniche di management che ricorrono all’intimidazione».
Che l’azienda stia facendo di tutto per spingere i lavoratori ad andarsene non è un mistero. In tre anni 22.000 dipendenti di Framnce Telecom hanno lasciato volontariamente il lavoro. Per Christophe Dejours, co-autore di uno studio sul suicidio nei posti di lavoro, la sofferenza è legata alla riorganizzazione seguita alla privatizzazione dell’azienda condotta «con grande brutalità». Ma non è solo questo. Da oltre un decennio in Francia si sono moltiplicati i suicidi sul lavoro: 300-400 casi all’anno. Tante le cause d’origine ed un solo denominatore comune: il venir meno dela solidarietà tra lavoratori, la perdita del concetto di lavoro collettivo. Senza il paraurti della collettività, l’individuo resta solo. Molti ne soffrono, qualcuno ne muore.
Suicidi a catena si sono verificati anche in altre aziende francesi, come la Renault, la Peugeot e Edf. Ma il caso di France Telecom ha i contorni di una vera emergenza. Giovedì scorso i dipendenti avevano protestato contro le condizioni di lavoro e i metodi di management, responsabili a loro dire dell’impennata di suicidi. L’azienda - in un’indiretta ammissione di responsabilità - ha proprosto la sospensione provvisoria della mobilità e l’avvio di negoziati sullo stress da lavoro, a partire dal 18 settembre prossimo. Tra le misure annunciate anche l’arruolamento di 100 responsabili delle risorse umane e di altri medici del lavoro. Lunedì prossimo il ministro del lavoro Xavier Darcos dovrebbe incontrare i responsabili dell’azienda «per lavorare insieme a soluzioni adeguate». Prima che qualcun altro si getti nel vuoto.
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di Marina Mastroluca
L’ultima è stata una donna, quasi una ragazza. A 32 anni ha aperto la finestra dell’ufficio dove lavorava ed è volata giù dal quarto piano. È la ventitreesima dipendente di France Telecom a suicidarsi in poco più di un anno. Per l’azienda «era una persona fragile», che non è riuscita a stare al passo nonostante le fosse stato alleggerito il carico di lavoro proprio in ragione delle sue difficoltà. «Aveva appena saputo che avrebbe avuto un nuovo capo», spiegano a France Telecom, come se bastasse. Per i sindacati questa ragazza che a 32 anni preferisce piuttosto schiantarsi su un marciapiede è il segno che il malessere dei lavoratori ha ampiamente superato la soglia critica. «Non chiediamo più l’intervento della direzione di France Telecom, ma quello del governo», ha detto Pierre Morville, delegato sindacale di Cfe-Cgc.
Ventitrè suicidi sul lavoro su 100.000 dipendenti, gli ultimi sei quest’estate. Due solo nell’ultima settimana: mercoledì scorso un tecnico di Troyes si è piantato un coltello nell’addome durante una riunione nella quale aveva appreso che il suo posto di lavoro sarebbe saltato. L’11 agosto scorso un giovane tecnico di 28 si era ucciso lasciando una lettera in cui raccontava il suo disagio e la sua «collera» nei confronti dell’azienda e dei colleghi «che non rispondono quando c’è bisogno di loro» e che lo avevano relegato ad una mansione che considerava «squalificante».
Ed è sempre il lavoro - il lavoro che non c’è più, che cambia, che viene dequalificato - il perno intorno al quale ruotano le ultime parole della schiera di suicidi di France Teelcom. I sindacati hanno sintetizzato in un loro «decalogo» le ragioni della sofferenza: «intensificazione dei ritmi di lavoro», «soppressione dei posti di lavoro», mobilità, perdita di identità professionale, pressioni dell’azienda per spinegere a dimissioni volontarie, «tecniche di management che ricorrono all’intimidazione».
Che l’azienda stia facendo di tutto per spingere i lavoratori ad andarsene non è un mistero. In tre anni 22.000 dipendenti di Framnce Telecom hanno lasciato volontariamente il lavoro. Per Christophe Dejours, co-autore di uno studio sul suicidio nei posti di lavoro, la sofferenza è legata alla riorganizzazione seguita alla privatizzazione dell’azienda condotta «con grande brutalità». Ma non è solo questo. Da oltre un decennio in Francia si sono moltiplicati i suicidi sul lavoro: 300-400 casi all’anno. Tante le cause d’origine ed un solo denominatore comune: il venir meno dela solidarietà tra lavoratori, la perdita del concetto di lavoro collettivo. Senza il paraurti della collettività, l’individuo resta solo. Molti ne soffrono, qualcuno ne muore.
Suicidi a catena si sono verificati anche in altre aziende francesi, come la Renault, la Peugeot e Edf. Ma il caso di France Telecom ha i contorni di una vera emergenza. Giovedì scorso i dipendenti avevano protestato contro le condizioni di lavoro e i metodi di management, responsabili a loro dire dell’impennata di suicidi. L’azienda - in un’indiretta ammissione di responsabilità - ha proprosto la sospensione provvisoria della mobilità e l’avvio di negoziati sullo stress da lavoro, a partire dal 18 settembre prossimo. Tra le misure annunciate anche l’arruolamento di 100 responsabili delle risorse umane e di altri medici del lavoro. Lunedì prossimo il ministro del lavoro Xavier Darcos dovrebbe incontrare i responsabili dell’azienda «per lavorare insieme a soluzioni adeguate». Prima che qualcun altro si getti nel vuoto.
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venerdì 11 settembre 2009
Palermo, in piazza anche oggi gli operai Fincantieri
Palermo, in piazza anche oggi gli operai Fincantieri
Sono tornati in piazza anche oggi, a Palermo, gli operai dello stabilimento Fincantieri, dopo la manifestazione di ieri mattina. Chiedono il rilancio del cantiere navale con un piano di investimenti la cui assenza suscita preoccupazioni per il futuro produttivo. Centinaia i dimostranti che hanno sfilato lungo via Crispi, paralizzando il traffico nella zona del porto, per raggiungere la prefettura.
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Sono tornati in piazza anche oggi, a Palermo, gli operai dello stabilimento Fincantieri, dopo la manifestazione di ieri mattina. Chiedono il rilancio del cantiere navale con un piano di investimenti la cui assenza suscita preoccupazioni per il futuro produttivo. Centinaia i dimostranti che hanno sfilato lungo via Crispi, paralizzando il traffico nella zona del porto, per raggiungere la prefettura.
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Regolarizzazione delle badanti nel caos
Regolarizzazione delle badanti nel caos
La regolarizzazione di colf e badanti va a rilento e, come facilmente prevedibile, mettendo in difficoltà sia i lavoratori che le famiglie. Domina, l’associazione nazionale datori di lavoro domestico, spiega la lentezza delle domande con la preoccupazione «dei datori di lavoro, quindi le famiglie italiane, in merito alle possibili sanzioni in cui possono incorrere in caso di rigetto della domanda». Il ritmo è di cinquemila richieste al giorno. «La mancata corsa potrebbe dipendere da tanti fattori. Non sono infatti chiari, nonostante siano stati interpellati gli uffici competenti, né la tempistica entro la quale le famiglie verranno chiamate per la stipula del permesso di soggiorno, né i procedimenti che verranno aperti – dice l’associazione – Sono altresì molti i datori di lavoro che hanno alle loro dipendenze un lavoratore, nel 90 per cento extracomunitario, acquisito dopo il primo aprile 2009 e di cui pertanto non e’ possibile regolarizzare il rapporto lavorativo. Queste famiglie si trovano nella difficile decisione tra sostituire la badante adatta, reperita con fatica, o dichiarare il falso».
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La regolarizzazione di colf e badanti va a rilento e, come facilmente prevedibile, mettendo in difficoltà sia i lavoratori che le famiglie. Domina, l’associazione nazionale datori di lavoro domestico, spiega la lentezza delle domande con la preoccupazione «dei datori di lavoro, quindi le famiglie italiane, in merito alle possibili sanzioni in cui possono incorrere in caso di rigetto della domanda». Il ritmo è di cinquemila richieste al giorno. «La mancata corsa potrebbe dipendere da tanti fattori. Non sono infatti chiari, nonostante siano stati interpellati gli uffici competenti, né la tempistica entro la quale le famiglie verranno chiamate per la stipula del permesso di soggiorno, né i procedimenti che verranno aperti – dice l’associazione – Sono altresì molti i datori di lavoro che hanno alle loro dipendenze un lavoratore, nel 90 per cento extracomunitario, acquisito dopo il primo aprile 2009 e di cui pertanto non e’ possibile regolarizzare il rapporto lavorativo. Queste famiglie si trovano nella difficile decisione tra sostituire la badante adatta, reperita con fatica, o dichiarare il falso».
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Il MEGLIO DEI CURRICULUM (DIVERTENTE)
Il MEGLIO DEI CURRICULUM (DIVERTENTE)
"Richiedo un salario commiserato con la mia vasta esperienza".
"Ho imparato Word Perfect 6.0 ed altri programmi come figli.
"Ho ricevuto una tacca come Venditore dell'Anno". (sparategli!!!)
"Interamente responsabile per il fallimento di due (2) istituzioni finanziarie". (questo ha pure il pedigree!!)
"Bocciato all'esame per magistrato con voti relativamente alti".
"Consiglio al datore di lavoro di non farmi lavorare con altre persone".
"Incontriamoci, cosi' potrai meravigliarti della mia esperienza".
"Mi farai diventare il tuo Super-Mega Boss in pochissimo tempo".
"Sono un perfezzionista, e raramente anzi anzi quasi mai dimentico i dettagli".
"Lavoravo per mia madre, finche' non ha deciso di trasferirsi".
"Stato civile: Nubile. Non sposata. Non fidanzata. Senza relazioni sentimentali. Senza impegni futuri." (che sia racchia?)
"Sono diventato completamente paranoide, non credo in niente e nessuno". (quindi se ti assumono non ci credi? E ti credo!!! Chi e' il fesso che ti darebbe lavoro?)
"Il mio obiettivo e' diventare meteorologo, ma poiche' non ho un titolo di studio in quel settore, credo che posso anche provare a diventare agente di borsa".
"Interessi personali: Donare il sangue. Finora ne ho donati 50 litri".
"Ho rivestito un ruolo essenziale nel rovinare un'intera operazione per l'acquisto di una catena di negozi".
"Nota: Si prega di non interpretare male il fatto che ho cambiato 14 lavori. Non ho mai dato le dimissioni da un lavoro". (azzo 14 licenziamenti: un record!)
"Sposata: spesso. Bambini: svariati". (no comment!)
"Ragione per la quale si e' lasciata l'ultima occupazione: Insistevano che tutti gli impiegati andassero al lavoro alle 8:45 ogni mattina. Non potevo lavorare sotto quelle condizioni". (gia', che capo schiavista vero?)
"La ditta ha fatto di me un capro espiatorio, proprio come i miei tre precedenti datori di lavoro". (che combinazione!)
"Sono risultato ottavo in un esame al quale hanno partecipato dieci candidati".
"Possibili referenze: Nessuna. Ho lasciato un cammino di distruzione dietro di me".
E per coloro che hanno gia' un lavoro, queste frasi sono tratte da vere valutazioni sul rendimento sul lavoro:
"Dall' ultimo mio rapporto, questo impiegato ha raggiunto il fondo ed ha cominciato a scavare".
"Io non permetterei a questo impiegato di riprodursi".
"Questo socio non e' tanto un ex-possibilita', ma proprio una possibilita' inesistente".
"Lavora bene quando viene tenuto costantemente sotto osservazione e messo con le spalle al muro come un topo in trappola".
"Dire che ha una intelligenza profonda e' come dire che una pozzanghera in un parcheggio e' un abisso".
"Questa giovane ha delle manie di adeguatezza".
"Si pone delle mete molto facili da raggiungere e poi regolarmente non riesce a raggiungerle".
"Questo impiegato sta' privando, da qualche parte, un villaggio del suo idiota". (questa e' forte per davvero!)
"Questo impiegato dovrebbe andare lontano - E prima ci va', meglio e'".
Frasi che si suppone derivino da Curriculum veri e da domande di impiego.
INTESTAZIONE Spettabile Reclutement Supervisor- ROMA: l=3DEC 9mbre 1995 MI:8bre- NA:7mbre
Cavagliere illustrissimo- Esimio dottor.- Gent.Mo Lider
Allego mio profilum vite - Le mando il mio cuniculum
Ritengo indispensabile la circoncisione del curriculum
Spett. Spermarcati [supermercati]
Sono guardia giurata, esperto pistola, difesa personale, giudo ...
Sono disintegrato da un mese [disoccupato+cassintegrato]
Il mio menage lavorativo e' cominciato ...
Vi scrivo senza occhiali perche' non li trovo piu', scusate iceroglifici ...
Vi scrivo questa unica missiva in questo frangente in cui trovami...
Vorrei diventare un manager con la 'A' maiuscola ...
La Vostra offerta mi inebria (sparategli!!!)
STATO CIVILE
Annullato dalla sacra Ruota
Coniata
Coniugato fino al ...
Divorato
Inguaiato
Italiano
Matrimonio in vista
Mollato
Nobile
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"Richiedo un salario commiserato con la mia vasta esperienza".
"Ho imparato Word Perfect 6.0 ed altri programmi come figli.
"Ho ricevuto una tacca come Venditore dell'Anno". (sparategli!!!)
"Interamente responsabile per il fallimento di due (2) istituzioni finanziarie". (questo ha pure il pedigree!!)
"Bocciato all'esame per magistrato con voti relativamente alti".
"Consiglio al datore di lavoro di non farmi lavorare con altre persone".
"Incontriamoci, cosi' potrai meravigliarti della mia esperienza".
"Mi farai diventare il tuo Super-Mega Boss in pochissimo tempo".
"Sono un perfezzionista, e raramente anzi anzi quasi mai dimentico i dettagli".
"Lavoravo per mia madre, finche' non ha deciso di trasferirsi".
"Stato civile: Nubile. Non sposata. Non fidanzata. Senza relazioni sentimentali. Senza impegni futuri." (che sia racchia?)
"Sono diventato completamente paranoide, non credo in niente e nessuno". (quindi se ti assumono non ci credi? E ti credo!!! Chi e' il fesso che ti darebbe lavoro?)
"Il mio obiettivo e' diventare meteorologo, ma poiche' non ho un titolo di studio in quel settore, credo che posso anche provare a diventare agente di borsa".
"Interessi personali: Donare il sangue. Finora ne ho donati 50 litri".
"Ho rivestito un ruolo essenziale nel rovinare un'intera operazione per l'acquisto di una catena di negozi".
"Nota: Si prega di non interpretare male il fatto che ho cambiato 14 lavori. Non ho mai dato le dimissioni da un lavoro". (azzo 14 licenziamenti: un record!)
"Sposata: spesso. Bambini: svariati". (no comment!)
"Ragione per la quale si e' lasciata l'ultima occupazione: Insistevano che tutti gli impiegati andassero al lavoro alle 8:45 ogni mattina. Non potevo lavorare sotto quelle condizioni". (gia', che capo schiavista vero?)
"La ditta ha fatto di me un capro espiatorio, proprio come i miei tre precedenti datori di lavoro". (che combinazione!)
"Sono risultato ottavo in un esame al quale hanno partecipato dieci candidati".
"Possibili referenze: Nessuna. Ho lasciato un cammino di distruzione dietro di me".
E per coloro che hanno gia' un lavoro, queste frasi sono tratte da vere valutazioni sul rendimento sul lavoro:
"Dall' ultimo mio rapporto, questo impiegato ha raggiunto il fondo ed ha cominciato a scavare".
"Io non permetterei a questo impiegato di riprodursi".
"Questo socio non e' tanto un ex-possibilita', ma proprio una possibilita' inesistente".
"Lavora bene quando viene tenuto costantemente sotto osservazione e messo con le spalle al muro come un topo in trappola".
"Dire che ha una intelligenza profonda e' come dire che una pozzanghera in un parcheggio e' un abisso".
"Questa giovane ha delle manie di adeguatezza".
"Si pone delle mete molto facili da raggiungere e poi regolarmente non riesce a raggiungerle".
"Questo impiegato sta' privando, da qualche parte, un villaggio del suo idiota". (questa e' forte per davvero!)
"Questo impiegato dovrebbe andare lontano - E prima ci va', meglio e'".
Frasi che si suppone derivino da Curriculum veri e da domande di impiego.
INTESTAZIONE Spettabile Reclutement Supervisor- ROMA: l=3DEC 9mbre 1995 MI:8bre- NA:7mbre
Cavagliere illustrissimo- Esimio dottor.- Gent.Mo Lider
Allego mio profilum vite - Le mando il mio cuniculum
Ritengo indispensabile la circoncisione del curriculum
Spett. Spermarcati [supermercati]
Sono guardia giurata, esperto pistola, difesa personale, giudo ...
Sono disintegrato da un mese [disoccupato+cassintegrato]
Il mio menage lavorativo e' cominciato ...
Vi scrivo senza occhiali perche' non li trovo piu', scusate iceroglifici ...
Vi scrivo questa unica missiva in questo frangente in cui trovami...
Vorrei diventare un manager con la 'A' maiuscola ...
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Annullato dalla sacra Ruota
Coniata
Coniugato fino al ...
Divorato
Inguaiato
Italiano
Matrimonio in vista
Mollato
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mercoledì 9 settembre 2009
Siena. Gli operai occupano la Vannini metalli
Siena. Gli operai occupano la Vannini metalli
I lavoratori della Vannini metalli e impianti di Castellina Scalo [Siena] hanno occupato stamani la fabbrica per difendere i loro 35 posti di lavoro. Lo rendono noto le Rsu aziendali. «Nella speranza che la vicenda legale in corso tra la Moncini industrie e la Vannini non ricada drammaticamente sui lavoratori – si legge nella nota – ci auguriamo che si possa giungere nel più breve tempo possibile ad una soluzione che garantisca il proseguimento dell’attività produttiva e il mantenimento di tutti i posti di lavoro».
«L’attuale gestore dell’impianto – ricordano le Rsu nella nota – ha cessato da tempo di pagare le rate dell’affitto dell’immobile alla Moncini industrie, tant’è che il giudice ha già emesso un’ordinanza di sfratto esecutivo. Aspettiamo una soluzione che garantisca tutti i posti di lavoro, ma siamo disposti ad andare avanti ad oltranza perché questa situazione non ricada sui lavoratori».
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I lavoratori della Vannini metalli e impianti di Castellina Scalo [Siena] hanno occupato stamani la fabbrica per difendere i loro 35 posti di lavoro. Lo rendono noto le Rsu aziendali. «Nella speranza che la vicenda legale in corso tra la Moncini industrie e la Vannini non ricada drammaticamente sui lavoratori – si legge nella nota – ci auguriamo che si possa giungere nel più breve tempo possibile ad una soluzione che garantisca il proseguimento dell’attività produttiva e il mantenimento di tutti i posti di lavoro».
«L’attuale gestore dell’impianto – ricordano le Rsu nella nota – ha cessato da tempo di pagare le rate dell’affitto dell’immobile alla Moncini industrie, tant’è che il giudice ha già emesso un’ordinanza di sfratto esecutivo. Aspettiamo una soluzione che garantisca tutti i posti di lavoro, ma siamo disposti ad andare avanti ad oltranza perché questa situazione non ricada sui lavoratori».
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venerdì 4 settembre 2009
Precari della scuola, schiaffo del governo
Precari della scuola, schiaffo del governo
Ricatto ed elemosina.
La cosiddetta «risposta del governo» alla crescente protesta dei precari della scuola è uno schiaffo in faccia. Vediamo perché.
Il consiglio dei ministri ha ufficializzato i contenuti della proposta portata al «tavolo tecnico» di ieri mattina, al ministero dell’istruzione, presenti alcuni sindacati. Promette al più presto una «norma di legge» per istituire i «contratti di disponibilità». In pratica, le scuole che si troveranno alle prese con qualche buco di organico (le «supplenze brevi»), dovranno attingere alla platea dei precari abilitati che negli ultimi anni hanno prestato servizio. Una convenzione con l’Inps permetterà di conferire una «indennità di disoccupazione» a copertura dei periodi di non lavoro. La durata di questa copertura è di soli 8 mesi (12 per gli ultracinquantenni). Non è stata precisata nemmeno la cifra necessaria a coprire l’intera platea, ma alcuni calcoli di fonte sindacale limitano a 15-18mila le persone che potranno rientrare in questo programma. In cambio, i pochi «fortunati» dovranno dare la propria «disponibilità» ad andare in qualsiasi posto vengano comandati. Pena la perdita del sussidio. Dal prossimo anno, in ogni caso, fine dei giochi. Come scrive una nostra lettrice, «si punta a ridurre i docenti a braccianti pugliesi dell'Ottocento, con la coppola sull'ombelico, le spalle curve, ammucchiati sulla piazza, ad aspettare il caporale di turno che gli dice: "tu sì, tu no"».
Continua invece la rissa sulle cifre dei posti tagliati quest’anno, mentre neppure il ministero nega che saranno oltre 100.000 alla fine dei tre anni. Però minimizza: «è solo l’8%». I Cobas, che hanno prodotto lo studio più dettagliato, parlano 31.379 docenti e di 14,226 Ata in meno sul solo «organico di diritto»; una situazione che sarà ovviamente aggravata prendendo in esame l’«organico di fatto».
La riduzione del personale non è dovuta alla riduzione delle iscrizioni. «Anzi – spiega una delle precarie in presidio davanti al ministero – nelle materne sono persino aumentate». Si tratta invece di una scelta politica, prima ancora che finanziaria. Si accorpano classi fino a comporne di 30-34 alunni (violando le norme contrattuali che fissano il limite a 25, per ovvie ragioni didattiche). Si costringono i precari che ricevono una cattedra ad accettare orari di lezione prolungati a 20-22 e persino 24 ore (anche qui in violazione dei contratti), generalizzando una «deroga» che valeva solo per l’insegnamento dell’italiano, altrimenti produttore di cattedre di sole 14 ore. Si è introdotto il «maestro unico» nelle elementari, riducendo anche il «tempo pieno». Si estendono a più materie «contigue» le abilitazioni già possedute dai docenti, ma soprattutto viene quasi abolito il turnover. «A fronte di 25.000 docenti andati in pensione ne verranno assunti a tempo indeterminato soltanto 8.000, per poter conservare un esercito di precari da cacciare alla bisogna», spiegano ancora i Cobas.
Le proteste intanto continuano. Anche a Bari, Messina e in altre città sono cominciati i presìdi; mentre continuano quelli già esistenti altrove, nonostante i massicci nuclei di «forze dell’ordine» inviati allo scopo di spaventare. A Roma, sotto il ministero, ce n’è stato uno molto visibile organizzato dai sindacati del «patto di base» (Cobas, RdB, Sdl), che annuncia fra l’altro uno sciopero generale di tutte le categorie per il prossimo 23 ottobre e assemblee cittadine nei prossimi giorni. Il momento più grave però si sta producendo a Palermo, dove diversi docenti – sotto il locale provveditorato – sono in sciopero della fame da quasi dieci giorni. Le condizioni di salute sono andate peggiorando nelle ultime ore e da numerose città gli stessi colleghi in lotta hanno cominciato a invitarli a soprassedere – per ora – a questa forma di protesta.
Francesco Piccioni
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giovedì 3 settembre 2009
Scuola. Esposto del Codacons contro il ministro Gelmini
Scuola.
Esposto del Codacons contro il ministro Gelmini
Il Codacons ha presentato un esposto contro il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini e i direttori regionali scolastici a 104 procure della Repubblica per interruzione e turbativa di pubblico servizio e violazione delle norme sulla sicurezza delle classi che superano i 25 alunni. E quanto rende noto un comunicato del Codacons in cui si spiega che nelle classi in cui si inseriranno più di 25 alunni per sopperire alla mancanza di docenti decisa dalla Gelmini si commette un grave reato: si mette a repentaglio la sicurezza dei ragazzi e si violano le norme di igiene pubblica sul limite minimo di spazio che un’aula deve avere.
Le norme richiamate – sulla base delle quali il Codacons chiede non solo di avviare l’azione penale contro il ministro e i direttori regionali scolastici, ma anche di sequestrare le classi illegali – sono, tra le altre, l’art. 5 del D.M. 26.08.1992 [recante «Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica»] che afferma: «il massimo affollamento ipotizzabile è fissato in 26 persone per aula [considerati 25 studenti e 1 insegnante – ndr]», e l’art. 12 della legge n. 820 del 1971 che dice: «Il numero massimo di alunni che possono essere affidati ad un solo insegnante non può essere superiore a 25 anche ai fini delle attività integrative e degli insegnamenti speciali di cui all’art. 1».
«E’ dal 1971 che è previsto un limite massimo di alunni per ogni classe», spiega il presidente Codacons, Carlo Rienzi che aggiunge: «Prevedere adesso classi di 30 0 40 alunni è una vera e propria follia che fa correre inutili rischi a studenti e insegnanti. L’esposto è stato presentato oggi nelle 104 Procure della Repubblica italiane e ora sia i docenti precari danneggiati dai tagli che le famiglie i cui figli sono messi a rischio potranno costituirsi parte civile. E quando entrerà in vigore la class action le famiglie potranno agire rappresentate dal Codacons per i danni subiti».
Intanto il malcontento dei precari sfocia anche in un mega ricorso collettivo di almeno 20 mila docenti che aderiranno all’azione legale organizzata dal Codacons davanti al Tar del Lazio. Per aderire occorre inviare una mail all’indirizzo ricorsoprecari@codacons.it .
Nel ricorso che sarà patrocinato dal presidente del Codacons, Carlo Rienzi – che già nel 1990 fece immettere in ruolo 40 mila precari con una sentenza della Corte costituzionale – si contesteranno le disposizioni applicative del Miur e le norme sugli organici che hanno portato a dequalificare il servizio pubblico di insegnamento creando classi di 35-40 alunni dove si potrà apprendere ben poco. Un secondo ricorso dei precari non abilitati chiede di estendere anche a loro il privilegio concesso agli abilitati di presentare le domande di incarico in più di una provincia.
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Esposto del Codacons contro il ministro Gelmini
Il Codacons ha presentato un esposto contro il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini e i direttori regionali scolastici a 104 procure della Repubblica per interruzione e turbativa di pubblico servizio e violazione delle norme sulla sicurezza delle classi che superano i 25 alunni. E quanto rende noto un comunicato del Codacons in cui si spiega che nelle classi in cui si inseriranno più di 25 alunni per sopperire alla mancanza di docenti decisa dalla Gelmini si commette un grave reato: si mette a repentaglio la sicurezza dei ragazzi e si violano le norme di igiene pubblica sul limite minimo di spazio che un’aula deve avere.
Le norme richiamate – sulla base delle quali il Codacons chiede non solo di avviare l’azione penale contro il ministro e i direttori regionali scolastici, ma anche di sequestrare le classi illegali – sono, tra le altre, l’art. 5 del D.M. 26.08.1992 [recante «Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica»] che afferma: «il massimo affollamento ipotizzabile è fissato in 26 persone per aula [considerati 25 studenti e 1 insegnante – ndr]», e l’art. 12 della legge n. 820 del 1971 che dice: «Il numero massimo di alunni che possono essere affidati ad un solo insegnante non può essere superiore a 25 anche ai fini delle attività integrative e degli insegnamenti speciali di cui all’art. 1».
«E’ dal 1971 che è previsto un limite massimo di alunni per ogni classe», spiega il presidente Codacons, Carlo Rienzi che aggiunge: «Prevedere adesso classi di 30 0 40 alunni è una vera e propria follia che fa correre inutili rischi a studenti e insegnanti. L’esposto è stato presentato oggi nelle 104 Procure della Repubblica italiane e ora sia i docenti precari danneggiati dai tagli che le famiglie i cui figli sono messi a rischio potranno costituirsi parte civile. E quando entrerà in vigore la class action le famiglie potranno agire rappresentate dal Codacons per i danni subiti».
Intanto il malcontento dei precari sfocia anche in un mega ricorso collettivo di almeno 20 mila docenti che aderiranno all’azione legale organizzata dal Codacons davanti al Tar del Lazio. Per aderire occorre inviare una mail all’indirizzo ricorsoprecari@codacons.it .
Nel ricorso che sarà patrocinato dal presidente del Codacons, Carlo Rienzi – che già nel 1990 fece immettere in ruolo 40 mila precari con una sentenza della Corte costituzionale – si contesteranno le disposizioni applicative del Miur e le norme sugli organici che hanno portato a dequalificare il servizio pubblico di insegnamento creando classi di 35-40 alunni dove si potrà apprendere ben poco. Un secondo ricorso dei precari non abilitati chiede di estendere anche a loro il privilegio concesso agli abilitati di presentare le domande di incarico in più di una provincia.
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