Suscita un certo clamore l’impegno pre elettorale del M5S sul reddito di cittadinanza.
La cosa ha un suo senso se inserita in un discorso complessivo e ben articolato, che possa prevedere corsi di formazione finalizzati all’assunzione oppure forme di impiego utili verso la collettività. Ciò in parte è presente nella proposta, tuttavia il reddito minimo garantito, perché di questo si tratta, andrebbe ad incidere solo su una determinata fascia di popolazione.
In sostanza il reddito minimo garantito, che in Europa viene distinto dal reddito di cittadinanza, stabilisce una soglia base di stipendio, per chi già lavora ovviamente, oltre la quale non si può scendere. Nella offerta pentastellata sono inseriti anche i non occupati tra i 18 e i 25 anni. Questi devono essere in possesso di una qualifica professionale, di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado o superiore o la frequenza ad un corso di formazione. Così bisogna essere iscritti ai centri per l’impiego e dimostrare di spendere almeno 2 ore al giorno per la ricerca di lavoro. Inoltre bisogna dare la disponibilità ad una formazione in progetti di utilità sociale di 8 ore alla settimana. Le offerte di lavoro si potranno rifiutare per un massimo di 3 volte, pena la perdita del diritto. Anche i pensionati sono inseriti nel discorso sulla soglia minima.
L’idea ha già suscitato un certo scalpore nel mondo politico e in ambito informativo. Da un lato c’è un certo anti meridionalismo dozzinale, soprattutto in determinati settori della Lega, per il fatto che al sud una massa di sfaticati attende il contributo per campare. Dall’altro, come non costatare la tendenza all’assistenzialismo nel meridione.
Qui c’è una questione reale legata al problema disoccupazione. Pensiamo a quella giovanile, con stratosferiche percentuali nelle provincie di Napoli e Caserta. Se questa cosa sia legata all’impoverimento del tessuto produttivo, ma anche alla povertà intellettuale e spirituale dei molti, è un dato sul quale riflettere. A maggior ragione l’unica soluzione, a questo problema, è l’aumento di produttività e l’inserimento al lavoro, anche oltre i 25 anni.
Non l’aumento delle soglie di reddito minimo.
Il M5S ha preso moltissimi voti al sud, ma non principalmente per questo. Esso è, agli occhi dei cittadini, un movimento anti sistema, e come tale l’hanno votato. Non si poteva veramente pretendere che in Campania si votasse in massa per la Lega, dopo anni di offese gratuite e inutili verso i meridionali. Certo si attacca lo stereotipo, ma non tutti capiscono ciò.
Il problema di fondo è che la proposta chissà se andrà in porto e quando, e come abbiamo visto sarebbe comunque insoddisfacente per il vero problema locale. A tutti gli effetti il M5S ha effettuato una promessa elettorale, sulla scorta di quelle fantasmagoriche degli altri partiti in competizione.
Tuttavia c’è il fattore demagogia che sembra sfiorare poco i grillini, e per la loro visione politica limitata. Fomentare il dèmos, non è mai stata cosa buona. Un po’ di lezioni di storia ai cari Di Maio, Di Battista, Fico e compagnia varia non guasterebbero. O forse sono essi stessi l’espressione rinnovata del giacobinismo, senza però avere i pregi di quello originario.
Il discorso è che anche il movimento populista deve procedere con un certo ordine e con principi dominanti ai quali fare fede. Questi principi risiedono inevitabilmente nella testa, nell’intelletto razionale della dirigenza politica, non nel sollecitamento della pancia del popolo. Chissà cosa accadrà quando i molti illusi da questo provvedimento, si accorgeranno che esso è carta straccia o inefficace. Ci ritroveremo masse di senza lavoro, che già spesso manifestano per le strade, ulteriormente sobillate e da un partito politico “nazionale” ad ambizione governativa!
Oppure dovremmo ipotizzare che questo movimento, ampiamente cooptato dai poteri finanziari internazionali, sia nato per tenere bloccato un certo potenziale anti establishment? Il M5S già corrisponde, in uno schema politico svecchiato, ad una nuova sinistra “globalista” che si oppone ad una nuova destra “nazionalista” che è la Lega. Non a caso Eugenio Scalfari ha promosso il partito di Grillo a “nuova sinistra”.
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