Presidio Lavoratori Jabil
Nokia – Siemens si affida a James Bond.
Pubblicato in:: Numero111-12
Dopo Polesel ( ex dirigente Jabil e poi propietario di Competence da cui si è
dimesso lasciando 70 milioni di debito, plurinquisito in varie regioni italiane per
motivi simili cit. Corsera Roma 24-01-2012 ), incaricato da Nokia – Siemes per il
lavoro sporco di licenziare 325 lavoratori di Jabil a Cassina de' Pecchi, Nokia –
Siemes si è affidata ad uno 007, nonostante strombazzi encomiabili caratteristiche
etiche.
Nokia non aveva messo in conto la resistenza degli operai Jabil, - che occupano la
fabbrica da 4 mesi, col presidio sui cancelli da 10 - ed ora pensa di aggirare la
richiesta della continuità produttiva, affidandosi allo 007 Carlo Del Bo, per
svuotare la fabbrica dai macchinari e avere mano libera sull'area.
Lo 007 Carlo Del Bo.
1) Nel curriculum ufficiale Carlo Del Bo si presenta con la specializzazione di
“supportare i clienti nella progettazione e soluzione della sicurezza”.
2) La sua formazione comincia a metà degli anni 80, con un “Master of Arts in
Business intelligence”. (Tradotto e semplificato: spionaggio industriale), conseguito
nientemeno, udite udite, nella filiazione della Università di Malta, in una
Università privata a Roma.
3) Alla Northeastern University di Boston nel 1988 – 1999, Carlo Del Bo si
specializza in “Giustizia Criminale”. Un ossimoro degno dell'autentico James Bond.
4) Ormai in carriera lo troviamo a capo della Sicurezza del gruppo Gucci, dove viene
denunciato e va sotto inchiesta a seguito - come scrivono i giornali del periodo –
degli accertamenti della squadra mobile che lo accusano di aver violato banche dati
riservate, compresa lo Sdi del ministro degli Interni.
5) Nel 1990 – 1991 Carlo Del Bo alla Università Bocconi di Milano, supera
brillantemente il “Master in Security Management”.
6) All'Università Cattolica di Milano nel 2005 – 2006 frequenta il corso
“Criminology”.
Ma perchè Nokia ricorre agli 007?
I casi sono 2: o Nokia ha sbagliato cavallo, oppure considera gli operai che
rifiutano il licenziamento, alla stregua di pericolosi criminali.
Resta da chiedersi se agli occhi di Nokia, a dar lustro alle credenziali di Carlo Del
Bo, siano i giorni da lui passati in galera, in seguito all'ordinanza del gip di
Firenze Anna Sacco, che lo accusa, insieme ad altri 11, di “associazione per
delinquere finalizzata alla rivelazione di segreti d'ufficio, alla corruzione di
pubblico ufficiale e all'accesso illecito a banche dati”. Accuse nate, come scrive il
quotidiano “Il Tempo” da azioni di spionaggio dai sistemi informativi del ministero
degli Interni, della Difesa, e delle Finanze. Gli indagati sono accusati da PM Ettore
Squillace Greco, di associazione a delinquere, corruzione rivelazione di segreti
d'ufficio e accesso abusivo di sistemi informatici. L'inchiesta era partita dal
suicidio di un poliziotto nel 2006, che veniva compensato dagli investigatori privati
per le informazioni rese. (Corriere della Sera ed. fiorentina 22- 12- 2010).
Forse Nokia ha bisogno dello spionaggio e dei servizi quasi segreti, per vincere la
resistenza degli operai licenziati da Jabil che occupano la fabbrica per la sua
continuità produttiva?
Si vuole piegare la resistenza degli operai con la soluzione militare?
A questo serve l'aggancio con gli spioni?
La soluzione della continuità produttiva della ex Jabil, non può venire dagli 007.
27 aprile 2012 (Da ricerche effettuate dai lavoratori licenziati da Jabil
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domenica 29 aprile 2012
venerdì 27 aprile 2012
BLOG DI CIPIRI: Wall Street, manifestanti tolgono i soldi dal cont...
Wall Street, manifestanti tolgono i soldi dal conto
A Wall Street, i manifestanti, hanno capito che la loro forza è questa, cioè togliere i soldi dal conto e mettere in serie difficoltà il sistema
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BLOG DI CIPIRI: Wall Street, manifestanti tolgono i soldi dal cont...: A Wall Street, i manifestanti, hanno capito che la loro forza è questa, cioè togliere i soldi dal conto e mettere in serie difficolt...
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BLOG DI CIPIRI: Reddito minimo di cittadinanza
Reddito minimo di cittadinanza
SEI DISOCCUPATO?
LO SAPEVI CHE ANCHE IN ITALIA PUOI OTTENERE IL REDDITO MINIMO GARANTITO?
FAI VALERE I TUOI DIRITTI; FIRMA QUI http://
BLOG DI CIPIRI: Reddito minimo di cittadinanza: SEI DISOCCUPATO? LO SAPEVI CHE ANCHE IN ITALIA PUOI OTTENERE IL REDDITO MINIMO GARANTITO? FAI VALERE I TUOI DIRITTI; FIRMA...
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mercoledì 25 aprile 2012
Il Governo ha fallito, il LAVORO è la cura
Il Governo ha fallito, il centrosinistra è la cura
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L’Italia dei Valori condivide il monito del presidente della Repubblica che dice di voler restituire centralità al lavoro. Peccato che non ci sia nessuna possibilità di riuscirci andando avanti con misure come la modifica dell’art. 18 invece di combattere i veri problemi che sono la burocrazia imperante, la corruzione dilagante e una politica asfittica, troppe volte utilizzata solo trovare una sistemazione ai politicanti o ai loro clientes.
Su questa via non si arriva da nessuna parte. Non si restituisce centralità al lavoro, non si ridà speranza ai cittadini, non si rilancia l’economia: si porta solo l’Italia verso l’abisso. C’è voluta la Corte dei Conti per certificare quello che ogni persona di buon senso e priva di paraocchi ideologici capiva da sola: che se strizzi un paese come un limone e massacri di tasse la povera gente, poi nessuno ce la fa più a comprare niente, i consumi si deprimono, l’economia arretra, al posto dello sviluppo arriva la recessione e il rimedio si dimostra peggiore del male.
E’ in questa situazione che ci troviamo oggi. Berlusconi, pensando solo ai propri interessi, ha lasciato passare anni senza affrontare la crisi e facendo marcire la situazione. Il governo dei professori ci ha provato ma con gli strumenti sbagliati e ha fallito. Nessuno lo dice, perché il sistema dell’informazione è peggio che ai tempi dell’Istituto Luce, ma i risultati concreti stanno lì a dimostrarlo.
C’è bisogno di mettere subito in cantiere una nuova cura, opposta a quella controproducente del governo Monti. Noi, ad esempio, riteniamo che sul piano delle entrate si debba ridurre, come ha detto la Corte dei Conti, il carico fiscale, e aumentare la lotta all’evasione. E se c’è da fare qualche altro sacrificio e chiedere altri soldi, bisogna prenderli da chi li ha in abbondanza, a cominciare dagli speculatori finanziari, e imponendo la tobin tax a chi ha patrimoni importanti e non a esodati, pensionati, cassaintegrati o, addirittura, a chi ha preso una borsa di studio.
Per questo c’è bisogno di un’alleanza politica capace di applicare quella cura nuova ed efficace per ridare davvero fiato all’economia italiana. Dopo l’affermazione del centrosinistra nel primo turno delle elezioni francesi, alla vigilia di elezioni amministrative nelle quali l’alleanza di Vasto si presenta in 1480 comuni su 1500, mi chiedo e soprattutto chiedo agli amici del Pd e di Sel: cosa stiamo aspettando ancora?
http://www.antoniodipietro.it/2012/04/una-cura-diversa-per-litalia-malata#more-4951
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venerdì 20 aprile 2012
LE OPERAIE DELLA OMSA HANNO VINTO
La Omsa licenzia, boicottaggio su Facebook
La Omsa licenzia, il boicottaggio corre su Facebook
LEGGI LA STORIA QUI:
http://cipiri5.blogspot.it/2010/03/la-storica-calze-omsa-chiude.html
http://cipiri5.blogspot.it/2012/01/la-omsa-licenzia-boicottaggio-su.html
LEGGI RISPOSTA DELLA DITTA
http://cipiri.blogspot.com/2012/01/web-batte-omsa-1-0.html
http://cipiri5.blogspot.it/2011/12/chi-lotta-per-il-lavoro.html
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lunedì 16 aprile 2012
BLOG DI CIPIRI: esodati : senza lavoro e senza pensione
esodati : senza lavoro e senza pensione
esodati :
senza lavoro
e senza pensione
Quando il destino tira brutti scherzi. Storia vera di uno che si trova a metà del guado......
BLOG DI CIPIRI: esodati : senza lavoro e senza pensione: esodati : senza lavoro e senza pensione Quando il destino tira brutti scherzi. Storia vera di uno che si trova a metà del...
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domenica 15 aprile 2012
ARTICOLO 18, LANDINI:
ARTICOLO 18, LANDINI:
"SE LA CGIL SI PIEGA, LA FIOM FARA' DA SOLA:
DALLO SCIOPERO GENERALE FINO AI REFERENDUM"
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venerdì 13 aprile 2012
art. 18
Non condivido il il giudizio positivo espresso dalla
segreteria della CGIL sul provvedimento del governo relativo all'art.
18.
Scollegare poi questo giudizio da una valutazione
d'insieme sul nuovo mercato del lavoro dove la precarietà, sotto tutte le forme,
è dichiarata strutturale al modello economico e sociale, è politicamente
irresponsabile.
Da oggi tutti saremo precari, perchè anche il contratto,
solo nominalmente, a tempo indeterminato, può essere interrotto in ogni momento,
come già accade per le aziende sotto i 15 dipendenti, rendendolo quindi sempre a
tempo determinato.
Giusto 10 anni dopo la grande manifestazione del 23 marzo
del 2002, padroni e governo si sono ripresi la rivincità ed hanno
raggiunto il loro obiettivo di svuotare l'art. 18 dello statuto dei lavoratori,
cancellando la norma che sino ad ora ha reso nulli i licenziamenti senza
giusta causa o giustificato motivo. I padroni che vorranno licenziarti
dovranno solo non essere così stupidi da scrivere nella motivazione che ti
cacciono perchè sei loro antisimpatico. Tutto il resto, compreso il sempre
verde "voglio guadagnare di più" dovrà solo essere accompagnato da un
indennizzo economico. ( Daltronde già oggi le lettere di licenziamento, chi le
ha ricevute lo sa, cominciano sempre con unipocrito " siamo spiacenti
di doverLe comunicare...). Quindi se uno si dichiara in premessa "spiacente"
avrà certamente un giustificato motivo!
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La conoscenza anche tecnica dei provvedimenti è fondamentale per fare
controinformazione tra i lavoratori e le lavoratrici. Per questo nei prossimi
giorni dobbiamo continuare ed approfondire le analisi e socializzare le
conoscenze.
A tale proposito vi allego i testi estratti dal sito dell'INPS che
illustrano ciò che questo ente eroga attualmente come ammortizzatori sociali e
sostegno al reddito.
Comparando l'esistente con ciò che verrà approvato dal Parlamento si
può facilmente comprendere come se da un lato si tolgono i diritti ( art. 18 e
precarietà) dall'altro si va verso una contrazione anche del sostegno al
reddito, già molto misero e limitato nel tempo.
Non dobbiamo dare per persa la partita anche se ormai sono anni che
sul terreno del mercato del lavoro subiamo pesanti sconfitte senza che vi sia
una reale opposizione ne politica ne sociale.
Se il PD ha contribuito a scrivere i testi su art 18 e precarietà la
CGIL sta dimostrando la totale subalternità a questo partito e conseguentemente
alle scelte del Governo Monti. In meno di un anno abbiamo visto la CGIL firmare
l'accordo del 28 giugno, documenti con Confidustria che chiedevano la parità di
bilancio in Costituzione, accettare passivamente la riforma delle Pensioni
con un allungamento di 7 anni della vita lavorativa. Ed ora siamo all'ammaina
bandiera sulla difesa dell'art. 18.
E tutto ciò senza che su nulla vi sia stato uno straccio di
consultazione tra i lavoratori e le lavoratrici.
anche per questo vi propongo di sottoscrivere questo appello promosso
da delegati e delegate.
per aderire potete andare a:
Occorre ridare voce e protagonismo ai diretti interessati. Non c'è
altra strada per risalire la china.
Maurizio Scarpa
componente direttivo Filcams nazionale
vice presidente direttivo CGIL nazionale
NO ALL'IMBROGLIO SULL'ARTICOLO 18!
I
sottoscritti Rappresentanti Sindacali CGIL chiedono a Susanna Camusso e alla
Segreteria Nazionale CGIL di modificare il parere positivo espresso in merito al
DDL sul Mercato del Lavoro, relativamente alle modifiche apportate all’articolo
18.
Siamo davanti
ad una controriforma che, e sono parole del Presidente del Consiglio, rende la
reintegra nel posto di lavoro un caso estremo e raro, assai improbabile nella
sua applicazione concreta.
La segreteria
della Cgil quindi sbaglia profondamente e compromette una battaglia per il
lavoro che è tanto più necessario nel momento in cui la crisi si
aggrava.
La sostanza
del provvedimento è che l'articolo 18 viene scardinato, rendendo la reintegra
nel posto di lavoro l'ultima ed estrema soluzione in caso di licenziamento
ingiusto. La nuova legge renderà possibile licenziare senza la reintegra,
concedendo solo un piccolo indennizzo.
Siamo
convinti che la stragrande maggioranza degli iscritti della Cgil non siano
d’accordo con la loro segreteria, che accetta questa drastica riduzione della
tutela dei lavoratori.
Inoltre il
provvedimento non riduce la precarietà, non rende universali per tutte le forme
di lavoro e per tutte le imprese gli ammortizzatori sociali e il sostegno al
reddito.
Continuiamo a
riconoscerci nelle parole d’ordine che la CGIL ha riportato sui moduli per la
raccolta delle firme per difendere l’Articolo 18:
“Il lavoro non è una merce “
“Salviamo la dignità del lavoro e delle persone che
lavorano”
“Il lavoro non può essere usa e
getta”
La
mobilitazione va ripresa in ogni posto di lavoro, gli scioperi che vengono
mantenuti devono diventare scioperi contro la truffa sull’articolo 18 e la
controriforma sul lavoro, il Direttivo CGIL del 19 deve confermare lo Sciopero
Generale in difesa dell'Articolo 18.
RSU/RSA in difesa dello Statuto dei
lavoratori
Per adesioni:
vai a
oppure invia una email a
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mercoledì 11 aprile 2012
LA NON RIFORMA DEL LAVORO : ART 18
Il testo della riforma del lavoro è stato, finalmente, partorito. Il risultato, però, è dei più tragici (per non dire tragicomici): non solo il testo, così com’è ora, riforma ben poco, ma – se si può – peggiora la situazione vigente, con un reintegro assolutamente inconsistente e nebuloso per quanto riguarda l’articolo 18, un potere arbitrario in mano ai giudici e meno restrizioni all’abuso di contratti temporanei. E l’apprendistato, così come concepito, rischia di non garantire un percorso verso la stabilità.
Il trio ABC, alla fine, ha sorriso. Soddisfatto. Convinto di aver fatto un’opera di mediazione, tra governo e parti sociali, degna della più alta politica. Frottole. Quello che abbiamo, infatti, è una riforma attorno alla quale ci si è gonfiati il petto con parole di orgoglio, ma che nei fatti riforma ben poco. Una non-riforma, potremmo dire. Ma andiamo a vedere cosa prevede la riforma nei suoi ambiti principali: articolo 18, reintegro e indennità, precariato e, infine, apprendistato.
ARTICOLO 18, CLAMORO PASSO INDIETRO. TANTE PAROLE E POCA CHIAREZZA. AD AMMETTERLO LO STESSO MONTI – Alla fine si è deciso di reinserire il reintegro nell’articolo 18. Il testo parla chiaro: in caso di licenziamento discriminatorio, economico o disciplinare illegittimo, il giudice “ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro”. Tutto risolto, sembrerebbe. E invece no.
Nei fatti a decidere se sia il caso di reintegrare sarà il giudice. E, a quanto pare, in maniera del tutto arbitraria. Nella riforma, infatti, si dice che il giudice, per quanto riguarda il licenziamento economico, è tenuto ad applicare il reintegro immediato “nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo”. Ma in cosa consista questa insussistenza non è specificato. Stesso dicasi per il licenziamento disciplinare: reintegro previsto se “il fatto non sussiste”. Tante parole, dunque, ma poca chiarezza. Ad ammetterlo, d’altronde, è stato lo stesso Mario Monti. Le sue parole durante la conferenza stampa di presentazione del testo – sebbene nessun giornale le abbia riprese - lasciano intendere molto. “Il nuovo articolo 18 della Fornero – ha detto - è illeggibile e di difficile comprensione, da lasciare senza fiato. Dal reintegro per legge si passa, infatti, sempre per legge, al reintegro incomprensibile”.
Che un Presidente del Consiglio apostrofi in questo modo una riforma del suo stesso governo dovrebbe far riflettere. Ma andiamo oltre. C’è da chiedersi infatti perché, allo stesso tempo, Monti ha parlato anche di “svolta storica”. Sembrerebbe paradossale. Qualche suggerimento, tuttavia, potrebbe arrivare da quanto detto in seguito dallo stesso premier. Sempre commentando la riforma, infatti, ha aggiunto: “Le imprese sono insoddisfatte perché avrebbero voluto la sparizione della parola reintegro, ma col tempo capiranno che ciò avverrà in presenza di fattispecie molto estreme e improbabili”. Insomma, come a dire: care imprese, il reintegro c’è, ma vedrete che le condizioni sono così aleatorie e nebulose che nessuno vi ricorrerà.
LA BEFFA DEL REINTEGRO: COSI’ COM’E’ CONCEPITO NESSUNO FARA’ RICORSO – Ma andiamo oltre. Cosa potrebbe succedere se un lavoratore licenziato ingiustamente facesse ricorso nonostante la poca chiarezza? Le condizioni imposte dalla riforma, infatti, sono tutt’altro che convenienti per il lavoratore.
Ammettiamo, ad esempio, che i lavoratori riescano ad ottenere il reintegro. Nel testo si legge che l’indennità risarcitoria sarà “commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria non potrà essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto”. Consideriamo, ora, i tempi della giustizia italiana: in un Paese in cui i processi, come documentato alcuni giorni fa da Il Sole 24 Ore, durano anche più di dieci anni, come potrebbe un lavoratore accettare un risarcimento di sole 12 mensilità? Senza dimenticare, poi, che da tale risarcimento sono previste deduzioni nel caso non sia riuscito a trovare un nuovo lavoro. E chi lo deciderà? Ancora il giudice, in maniera del tutto arbitraria. Pensiamo, ora, a quante famiglie nel nostro Paese campano sulle spalle di un solo lavoratore, magari operaio. Avrà costui la possibilità di fare ricorso, attendere per anni l’esito di un processo e vedersi, poi, risarcire per sole 12 mensilità (se tutto va bene)?
E NEL CASO DI NON REINTEGRO? L’INDENNIZZO VIENE RIDOTTO. COME RICHIESTO DA CONFINDUSTRIA - Nel caso in cui il giudice decida che il fatto non sussista e che, dunque, il lavoratore non abbia diritto al reintegro, come sappiamo, riceverà un indennizzo. Ma anche qui il testo presenta pesanti passi indietro. Se infatti nel testo presentato a marzo l’entità degli indennizzi andava dalle 15 alle 27 mensilità, ora viene sensibilmente ridotto. Si legge nel testo: nel caso in cui si accerti che “non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro”, il giudice condanna il datore di lavoro al pagamento di “un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto”. Si passa, dunque, da 15-27 a 12-24 mensilità. È facile intendere il motivo di questa riduzione: è il prezzo da pagare per il reintegro nel caso di licenziamento illegittimo (sebbene, abbiamo visto, contemplato solo a parole). Il contentino per le aziende, in pratica.
LE FALSE PROMESSE AI PRECARI – Per quanto riguarda quella grande sacca di lavoratori atipici (oltre 5 milioni) nessun aiuto previsto. Come già abbiamo avuto modo di documentare, infatti, nonostante il segno ufficiale della riforma sia di contrasto al precariato, a leggere nei dettagli il testo c’è il rischio di una liberalizzazione che renda il precariato stesso ancora più stabile di quanto non lo sia. A favore, ancora una volta, delle imprese. Come ci ha detto, infatti, il professore Franco Scarpelli, docente di diritto del lavoro all’Università di Milano – Bicocca, “si dice che si è voluto contrastare la cattiva flessibilità a favore di una buona flessibilità. Peccato che un po’ a sorpresa – e questa è una cosa che in pochissimi hanno notato – è entrata una regola, quella che prevede che il primo contratto a termine non debba essere giustificato dall’impresa, quella che in pratica toglie la causale del primo contratto a termine, che è una cosa che sostanzialmente liberalizza il primo contratto a termine”.
Si legge, infatti, nel testo della riforma: “il requisito di cui al comma 1 (che prevede appunto la causale, ndr) non è richiesto nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato di durata non superiore a sei mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore”. In sostanza, dunque, si liberalizzano i contratti a tempo determinato, permettendo alle imprese di poter passare da un lavoratore all’altro senza assumere nessuno a tempo indeterminato.
Si dirà: questo non accadrà perché è stato previsto (art.36 del testo) un aumento delle aliquote contributive per i collaboratori. Tale aumento, a carico delle imprese, dal 27% passerà “al 33 per cento a decorrere dall’anno 2018”. Ma sarà davvero a carico dei datori di lavoro? Poco probabile. Come denunciato dalla Nidil-Cgil, infatti, è facile pensare che a pagare saranno ancora loro, i lavoratori. Un esempio chiarificatore: poniamo che un’impresa paghi mille euro un collaboratore a progetto, a cui al netto arrivano 900 euro dopo il pagamento degli oneri; il prezzo del lavoro, come quello di altri fattori economici, raramente si può determinare dall’alto, con legge, e il rischio è che, alzando l’onere contributivo a carico dell’impresa, il datore di lavoro semplicemente decida di mantenere immutato il salario lordo e, quindi, molto semplicemente farà arrivare in tasca allo stesso identico dipendente precario meno soldi. Purtroppo, per il lavoratore precario il posto di lavoro non è una scelta, è una necessità; ed è realistico che accetti anche una (ulteriore) decurtazione al suo salario.
APPRENDISTATO, INGRESSO NEL LAVORO PER I GIOVANI? SI’, MA COL TRUCCO – I dati della disoccupazione giovanile, come sappiamo, sono spaventosi. L’ultima rivelazione Istat parla di un tasso del 31,9%. Un problema a riguardo, ad esempio, è il ricorso all’utilizzo scorretto di forme contrattuali, soprattutto di lavoro non subordinato come i contratti a progetto o le cosiddette partite iva, ovvero i contratti di collaborazione professionale, o ancora gli stages. Per evitare questa patologia, il governo ha pensato bene di fare leva sull’apprendistato, come canale di ingresso verso la stabilità. Peccato, però, che anche qui ritroviamo falle significative. In effetti, a ben leggere il testo della riforma, si potrebbe essere licenziati alla scadenza del percorso formativo senza ricevere alcun compenso. È possibile per il datore, infatti, recedere il contratto “durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa”. Ma chi deciderà il “licenziamento per giusta causa”? Il giudice, ancora una volta. In maniera del tutto arbitraria.
di Carmine Gazzanni
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Marchionne chiude in Italia
IL GRUPPO FIAT
CONFERMA LA SEMPRE MAGGIORE
DELOCALIZZAZIONE
Marchionne chiude in Italia,
ma investe 200 milioni
in Argentina
BUENOS AIRES (ARGENTINA) - Ormai quella I di "Italiana" dall'acronimo Fiat la si può anche levare. L'ultimo episodio, con una concatenazione dei tempi non certo casuale, dimostra che il gruppo sta lasciando sempre più l'Italia. Infatti solo la settimana scorsa il Lingotto aveva annunciato la sua decisione di chiudere lo stabilimento Irisbus di Avellino, per costruire autobus in Francia (e quindi non certo perchè in Francia è assente l'articolo 18 o perchè le buste paga sono più basse, ndr). Ed oggi annuncia l'intenzione di investire 200 milioni in Argentina, dopo un accordo fatto con la presidente Cristina Fernandez de Kirchner, per potenziale la fabbrica della Case New Holland, la divisione della Fiat che si occupa di costruire macchinari agricoli, come trattori e trebbiatrici.
In totale, nel Paese sudamericano già attualmente vengono prodotti cinque diversi tipi di trattori, oltre alla Nuova Palio. Ed ora, con questo investimento, verranno create nuove linee di prodotti "che vanno incontro alla domanda interna e degli altri mercati dell'America Latina". Questo in attesa che venga completato il nuovo stabilimento di Cordoba, annunciato l'anno scorso dallo stesso Marchionne. di Antonio Rispoli
http://www.julienews.it/notizia/economia-e-finanza/marchionne-chiude-in-italia-ma-investe-200-milioni-in-argentina/107338_economia-e-finanza_4.html
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domenica 8 aprile 2012
ARTICOLO 18.IL REINTEGRO DALLA REGOLA ALL'ECCEZIONE.
CONFERMATE E RAFFORZATE LE MOTIVAZIONI DELLO SCIOPERO GENERALE
dichiarazione di Gianni Rinaldini, coord.naz.La CGIL che Vogliamo
In questo Paese,dalla legge 30 in poi, se un lavoratore viene licenziato illegittimamente viene reintegrato nel suo posto di lavoro con sentenza del giudice.
Questa la regola semplice, di facile comprensione,persino elementare nella sua evidenza.
Con un provvedimento abile per la sua stessa farraginosità il Governo trasforma quella che era una regola universale in un artificio in virtù del quale il risarcimento economico diventa la regola fondamentale e il reintegro nel posto di lavoro l'eccezione.
Questo il risultato di aver ,con grande abilità, spacchettato le motivazioni del licenziamento in disciplinare, discriminatorio, economico per cancellare il principio di fondo che tutela, o meglio tutelava, i lavoratori:un licenziamento o è legittimo o non lo è. E se non lo è è sacrosanto che al lavoratore venga riconosciuto il diritto del ripristino della condizione quo ante, cioè che quel licenziamento venga dichiarato nullo.
Questo il risultato di una trattativa su materie di stretta pertinenza sindacale, scippata alle organizzazioni sindacali, costrette a commentare il risultato della mediazione del Governo con le forze politiche.
I lavoratori sono oggi più deboli sia nei loro diritti sia nell'esercizio della loro stessa prestazione. Gli effetti di questa normativa nell'attuale recessione, gli abusi alla luce anche della stretta sul sistema degli ammortizzatori sociali e dei guasti determinati dalla riforma previdenziale, saranno devastanti.
Le motivazioni per lo sciopero generale proclamato dalla CGIL risultano ulteriormente confermate e rafforzate.
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