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sabato 28 marzo 2020

Italia deve Requisire la Sanità Privata per il Coronavirus



Italia deve Requisire la Sanità Privata per il Coronavirus


La crisi sanitaria con cui ci stiamo lentamente abituando a convivere, avanza inesorabilmente e da più parti arrivano le disperate richieste di aiuto di medici e infermieri, stremati da turnazioni ripetute e costretti a operare in strutture sanitarie ormai quasi al collasso.


Le corsie sovraffollate e la carenza dei posti in terapia intensiva, rischiano di affondare il sistema ospedaliero. Per ora la provincia di Bergamo è quella che sta pagando il prezzo più salato in termini di vita umane, ma la situazione è grave in tutto il nord del paese. Dal sud i governatori regionali,paventano che se si replicassero situazioni analoghe di incremento nei contagi, i presidi ospedalieri delle proprie regioni non sarebbero in grado di reggerne l'urto.


Decenni di tagli al sistema sanitario in nome dell' austerity e del liberismo, ci hanno condotti ad una situazione come quella odierna, ad un sistema che stenta a reggere l'onda alta di un virus che come suggeriscono gli esperti ha la peculiarità di espandersi velocemente e di portare un'alta percentuale (si parla dell' 8%-10%) della gente necessitante del ricovero ospedaliero, in terapia intensiva.


Nei mesi precedenti in Italia come in tutta Europa del resto, non si sono presi provvedimenti, limitandosi guardare a distanza con irriverenza e sospetto la Cina, il primo stato che ha affrontato l'emergenza mettendo in campo risorse umane ed economiche ingenti, finendo però per vincere poi la propria sfida contro il virus.

Italia deve Requisire la Sanità Privata per il Coronavirus


Nel nostro paese, non solo non sono state prese misure di prevenzione e di contenimento, anzi spesso nelle t.v. e nei giornali abbiamo assistito a scherno e derisione contro i cinesi, proseguiti fino a quando il virus non si è affacciato nella parte più produttiva e ricca del nostro paese, la Lombardia e il Veneto, per poi diffondersi a macchia d'olio in tutta la penisola.


Tagli alla sanità pubblica da una parte, risorse pubbliche indirizzate alla sanità privata dall'altro, ci hanno portato allo stato deficitario attuale: manca personale sanitario,
mancano posti letto, respiratori e forniture mediche.

Italia deve Requisire la Sanità Privata per il Coronavirus


Quelli passati sono anche stati gli anni dell'accesso a numero chiuso alla facoltà di medicina, in nome di una concezione elitaria di questa professione che stenta a morire e proprio oggi che scopriamo invece che i medici sarebbero serviti, si ci trova costretti a richiamare in servizio personale già in pensione, che per la fascia d'età d'appartenenza è tra quelli più esposti
a complicazioni in caso di contagio.


Si è negli anni invocato l'autonomia regionale sanitaria, quel modello cioè che è risultato in queste circostanze insufficienti e che ha minato la cabina di regia nazionale che invece dall'inizio avrebbe dovuto guidare e coordinare la crisi.


Oggi che l'Italia sta riscoprendo l'importanza di un sistema sanitario pubblico, dovremmo ricordarci di chi in passato non ha esitato a picconarlo in nome dell'ideologia liberista.


Si è scoperto poi che alcuni dei cosiddetti paesi canaglia sono quelle che più stanno aiutando il nostro Paese nel momento del bisogno. dalla Cina che fornisce equipe mediche specialistiche e forniture di materiali ( a pagamento e non), alla piccola Cuba che su richiesta della Lombardia ha dato la propria disponibilità ad inviare il proprio personale medico in Italia, analogamente a come ha già fatto in passato impegnando a proprie spese migliaia di cooperanti in missioni
sanitarie praticamente in tutto il mondo.


Il virus ha poi messo in luce l'egoismo di un Europa del tutto assente, come ha dichiarato pubblicamente il Presidente Serbo, Aleksandar Vucic, così come quello degli Usa che capitanati da Trump stanno scoprendo a proprie spese gli effetti nefasti di una sanità totalmente in mano ai privati che lascia scoperti e vulnerabili milioni di persone non coperte da assicurazione sanitaria, un egoismo reso ancor più evidente dal tentativo dello stesso Trump di garantirsi a suon di milioni di dollari, un potenziale vaccino da un'azienda tedesca per un possibile
uso esclusivo americano tagliando fuori gli altri paesi.


Proprio in questo quadro emergenziale che ridisegna tradizionali alleanze e introduce nuove priorità sociali, quasi ispirata dal caso spagnolo anche l' Italia costretta
dalle circostanze si è fatto un po' più audace.


Quasi timidamente, il governo ha infatti inserito nel *decreto legge del 17 marzo 2020 , n. 18 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Straordinaria una disposizione che consente “la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, nonché di beni mobili di qualsiasi genere, occorrenti per fronteggiare la predetta emergenza sanitaria, anche per assicurare la fornitura delle strutture e degli equipaggiamenti alle aziende sanitarie o ospedaliere ubicate sul territorio nazionale, nonché per implementare il numero di posti letto specializzati nei reparti di ricovero dei pazienti affetti da detta patologia.”


La richiesta dovrà partire dal Capo del Dipartimento
della protezione civile Commissario straordinario.


E' ora però che dalle parole si passi ai fatti, sperando che le disposizioni attuate non restino solo sulla carta, in quanto in gioco c'è il benessere di tutta la collettività.


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In 10 anni sono stati tagliati 37 miliardi dalla sanità pubblica. E così il sistema, spiega l’Agi, in trincea contro il coronavirus, arriva all’appuntamento debilitato: malgrado le risorse recuperate negli ultimi anni, il trend è rimasto discendente...
https://cipiri5.blogspot.com/2020/03/in-10-anni-tagliati-37-miliardi-alla.html


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mercoledì 25 marzo 2020

In 10 anni Tagliati 37 miliardi alla Sanità Pubblica

In 10 anni Tagliati 37 miliardi alla Sanità Pubblica

In 10 anni Tagliati 37 miliardi alla Sanità Pubblica

In 10 anni Tagliati 37 miliardi alla Sanità Pubblica



 Persi 70mila posti letto e chiusi 359 reparti

Il rischio pandemia è molto reale. Coronavirus, Oms: "La pandemia sta accelerando"
Coronavirus in Italia, 69.176 casi totali e 6.820 morti
In 10 anni sono stati tagliati 37 miliardi dalla sanità pubblica. E così il sistema, spiega l’Agi, in trincea contro il coronavirus, arriva all’appuntamento debilitato: malgrado le risorse recuperate negli ultimi anni, il trend è rimasto discendente, tanto che, stando al report della Fondazione Gimbe del settembre 2019, il finanziamento pubblico è stato decurtato di oltre 37 miliardi in dieci anni, di cui circa 25 miliardi nel 2010-2015 per tagli conseguenti a varie manovre finanziarie ed oltre 12 miliardi nel 2015-2019, quando alla sanità sono state destinate meno risorse
di quelle programmate per esigenze di finanza pubblica.


In termini assoluti il finanziamento pubblico in 10 anni è aumentato di 8,8 miliardi, crescendo però in media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua. Un taglio che si traduce inevitabilmente in un calo nel livello di assistenza: viene stimata una perdita di oltre 70.000 posti letto negli ultimi 10 anni, con 359 reparti chiusi,
oltre ai numerosi piccoli ospedali riconvertiti o abbandonati.



Non a caso i dati OCSE aggiornati al luglio 2019 dimostrano che l’Italia si attesta sotto la media, sia per la spesa sanitaria totale, sia per quella pubblica, precedendo solo i paesi dell’Europa orientale oltre a Spagna, Portogallo e Grecia. Nel periodo 2009-2018 l’incremento percentuale della spesa sanitaria pubblica si è attestato al 10%, rispetto a una media OCSE del 37%. La metà dei 37 miliardi in meno alla sanità nel decennio, sottolinea Gimbe, riguarda peraltro il personale sanitario. Con il risultato, che oggi preoccupa ancora di più un Paese sotto choc, che siamo arrivati in Italia a 3,2 posti letto per mille abitanti. La Francia ne ha 6, la Germania 8.


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Perché in Lombardia
Fontana e Gallera non raccontano tutta la storia.
Perché in Lombardia mancano le mascherine protettive? Perché 12 contagiati su 100 in regione appartengono al personale sanitario ? Di chi è la responsabilità ?
https://cipiri5.blogspot.com/2020/03/mancano-le-mascherine-protettive-dal.html

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Debito Pubblico Italiano ecco il Problema

Debito Pubblico Italiano ecco il Problema


..il problema dei problemi italiani
non si chiama euro
né si chiama unione europea...
il problema n° 1 italiano
si chiama ..
DEBITO PUBBLICO 134% ! ( 2500 miliardi )
IPOTECA DEL PASSATO SUL PRESENTE E FUTURO DELLA NAZIONE !
L' Italia
ha il 3° debito pubblico al mondo,
65 miliardi di solo interessi annui fortunatamente l'euro
altrimenti
il costo degli interessi
sarebbe minimo minimo ...doppio !
💰💰💰💰💰💰💰💸
🤔DA CHI È STATO FATTO
IL DEBITO PUBBLICO??
Nei " favolosi " anni 80
abbiamo più che R A D D O P P I A T O
il debito pubblico
dal 55% del 1978 al 115 % del 1990
..il debito pubblico
servì allora a garantire
per decenni i consensi alla coalizione di governo del pentapartito
di Bettino Craxi, Forlani e Andreotti
( DC, PSl, pli psdi,Pri)
..il debito pubblico
fu utilizzato negli anni 80
per creare un falso benessere socioeconomico
( la Milano da bere che molti ancora rimpiangono !!)
drogando l' economia stampando lire per dare privilegi con ;
☠ Eserciti di falsi invalidi.
💀 Baby pensionati con solo 15 anni di . contributi lavorativi che andavano in pensione a 40 anni di età.
☠ Buoni del tesoro con il 20 % di rendimento statale annuo.
💀 Cassa del mezzogiorno.
☠ Case popolari per tutti.
💀 Finanziamenti a fondo perduto .
☠ Evasione fiscale tollerata,
💀 corruzione dilagante ecc ecc.
...finché la situazione
divenne insostenibile
...nel 1992 scoppiò inevitabilmente mani pulite
e ...Craxi scappò in Tunisia
lasciando la sua creatura
Silvio Berlusconi tessera p2 n1816
..il resto è storia recente che conosciamo tutti !
Adesso
gli eredi di quella classe politica
vogliono ritornare come nel passato
..nuovamente alla Milano da bere
ma per fare ciò
serve loro uscire dall' UE
per avere libero accesso alla sovranità monetaria
per poter aumentare nuovamente il debito pubblico..da scaricare sulle future generazioni 
come adesso stiamo subendo noi !
E QUESTO È IL SOVRANISMO CHE FANNO CREDERE AL POPOLO BUE !
.. . ricordate
NON C' È COSA PEGGIORE
PER PERDERE LA SOVRANITÀ MONETARIA E NAZIONALE
come quella di AUMENTATARE il debito pubblico !
..e il centrodestra
se escludiamo i governi tecnici di emergenza 
( per colpa del centrodestra)
hanno SEMPRE AUMENTATO
Deficit e debito pubblico
senza mai ABBASSARE le tasse anzi...




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Coronavirus, Mascherine per l'Italia Sequestrate dalla Repubblica Ceca


Coronavirus, Mascherine per l'Italia Sequestrate dalla Repubblica Ceca


 L'ambasciata italiana: "Praga si è impegnata a inviarci un numero uguale"


In attesa che si concluda l'indagine su quanto è accaduto, il governo, secondo quanto riporta una nota della nostra sede diplomatica, ci manderà lo stesso quantitativo che è stato sequestrato. Il caso sollevato dal GR1 grazie al lavoro del ricercatore ceco Lukas Lev Cervink

di ANDREA TARQUINI

GRAVE caso di mancanza di solidarietà da parte della Repubblica ceca ai danni dell'Italia. Lo aveva denunciato ieri il GR1 grazie alla denuncia di un onesto e coraggioso ricercatore ceco, Lukas Lev Cervinka, membro del partito Pirata (all'opposizione ma al potere al municipio della capitale Praga). Le autorità locali hanno sequestrato arbitrariamente un enorme carico di 110mila mascherine - alcuni avevano parlato addirittura di 680mila - e migliaia di respiratori, che la Repubblica popolare aveva inviato al nostro Paese per aiutarci. Solo oggi pomeriggio, dopo passi appropriati della Farnesina, l'ambasciata d´Italia a Praga ha detto che le autorità ceche si sono impegnate a restituire il materiale medico inviato da Pechino e destinato a Roma per aiuto e solidarietà.

Dice la nota della nostra sede diplomatica a Praga: "Questa mattina il ministro degli Affari Esteri della Repubblica ceca, Tomas Petricek, ha comunicato all'ambasciatore Nisio che, in attesa che si concluda l'inchiesta della polizia ceca sul furto del materiale sanitario avvenuto a Lovosice, la Repubblica ceca invierà al più presto all'Italia 110mila mascherine dalle proprie scorte, in numero pari a quelle che avrebbero dovuto raggiungere il nostro Paese e che invece sono state trafugate e sequestrate dalle autorità ceche".

"Il carico partirà entro 48 ore", prosegue la nota dell'ambasciata, e spiega ancora: "A fronte dell'urgenza di forniture mediche il governo ceco, in stretta collaborazione con l'ambasciata d´Italia a Praga, ha deciso di inviare subito il carico destinato al nostro Paese senza attendere la conclusione dell'inchiesta tuttora in corso, e focalizzata a scoprire come l'ingente refurtiva sia stata trafugata e dove. La complessità del caso, che si dirama su altri Paesi, richiederebbe altri giorni, ma la situazione in Italia non consente attese". Il comunicato annuncia poi "sull'argomento il ministro Tomas Petricek sta scrivendo una lettera personale al titolare degli Esteri in Italia Di Maio".
 
I fatti, come mi ha raccontato al telefono Lukas Lev Cervinka confermando totalmente la notizia data dal Gr1, sarebbero andati così. Martedì le autorità ceche avevano vantanto un grande successo nella lotta a chi specula sui costi di mascherine e altro materiale medico indispensabile per fermare la pandemia. "La versione ufficiale con i primi comunicati diceva all'inizio che si trattava di mascherine e respiratori confiscati, parlando di materiale rubato a imprese ceche da criminali senza scrupoli che volevano venderle a costo maggiorato sul mercato internazionale, sfidando i severi limiti all'export medico imposti in Cechia come altrove dall´emergenza". Ma poi sono apparsi foto e filmati mostrati da Cervinka e dalle ong democratiche ed europeiste, che hanno fatto capire la brutta verità. Almeno gran parte del materiale sequestrato e fotografato a bordo di camion della polizia erano scatoloni con le bandiere cinese e italiana, e scritte in italiano inglese e mandarino in cui le autorità di Pechino scrivevano "Forza Italia, siamo al tuo fianco",
lanciavano saluti, incoraggiamenti e desiderio di aiuto all'Italia.

"Il ministero dell'Interno ceco è stato contattato", continua Lukas Lev Cervinka, "e all'inizio ha insistito nella versione ufficiale, ripetendo la menzogna del sequestro di materiale destinato a vendite illegale. Tutti i media diffusero allora la storia, ma poi la verità è stata scoperta, e si vedevano chiaramente le etichettature sugli scatoloni inviati da Pechino: aiuto umanitario cinese per l'Italia. Eppure il governo ceco ci ha messo tre giorni prima di dire, all'inizio non ufficialmente ma solo con tweet del ministero dell´interno, che ammetteva che almeno parte, cito i tweet, del carico, in realtà veniva dalla Repubblica popolare ed era destinato al vostro Paese come aiuto umanitario. Aggiungendo in termini generici che l'Italia non avrebbe perso nulla". Poi davanti alle denunce e alla pronte reazioni della diplomazia italiana si è arrivati al chiarimento, spiegato appunto oggi domenica pomeriggio dalla nota della nostra ambasciata a Praga.

Inizialmente, si era venuto a sapere ieri sabato pomeriggio che l'azienda responsabile del trasporto degli aiuti cinesi in Italia aveva deciso d'accordo con Pechino e Roma di assicurare l'arrivo in Italia di un secondo equivalente carico di aiuti cinesi. "Questa domenica si è giunti a un chiarimento ma quanto accaduto nei giorni scorsi non è affatto un gesto di politica europea, è una storia molto vergognosa", mi dice Lukas Lev Cervinka. E lascia capire che come dice il movimento giovanile e della società civile ceco, la "Nuova primavera" guidata da Verdi, Pirati, gruppi giovanili, ong, associazioni culturali, un movimento europeista, ambientalista e per la difesa della democrazia contro Babis, dall'autocrate e dai suoi ci si può sempre aspettare il peggio.




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AI 2 SCIACALLI

Se proprio non volete dare una mano, 
abbiate almeno la decenza di finirla con le vostre cialtronate 
e fake news che ogni giorno fate girare 
https://cipiri12.blogspot.com/2020/03/sciacalli-in-azione-contro-il-popolo.html





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Grazie a Cuba ed ai Medici

Grazie a Cuba ed ai Medici


Grazie a Cuba ed ai Medici

Al suo sistema sanitario, modello contro i tagli
Arrivati in Lombardia dal centro-America 52 unità
di personale medico specializzato nella cura delle malattie infettive.
 Sui social il Partito della Rifondazione Comunista esulta,
 la questione non è solo sanitaria italiana ma internazionale e politica.

Grazie a Cuba ed ai Medici


Oggi a Crema, in Lombardia, sono arrivati 37 medici e 15 infermieri cubani specializzati nel trattamento di malattie infettive per aiutare il personale sanitario che si sta occupando dei malati di covid-19. L’arrivo è stato preannunciato nei giorni scorsi dal ministro del welfare Giulio Gallera. Sono stati salutati calorosamente e con applausi alla loro partenza nell’aeroporto di La Havana.
https://youmedia.fanpage.it/video/aa/XndS1uSwH3PFLOLg

Il partito della Rifondazione comunista esulta sui social e ringrazia. “Cuba è una piccola nazione da decenni sotto embargo economico- scrive il partito di Rc di Molfetta-  nonostante tutto “sforna” migliaia di medici di altissimo livello come confermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il suo sistema sanitario pubblico è all’avanguardia nel mondo e i suoi medici si spostano in tante parti del mondo, su base volontaria, per sostenere i popoli soprattutto nelle zone del cosiddetto “terzo e quarto mondo”. Oggi un gruppo di 52 medici è arrivato in Italia per sostenere la sanità Italiana in difficoltà non tanto per la virulenza del Coronavirus ma per i miliardi di tagli che ha dovuto subire a favore della sanità privata. Oggi diciamo grazie a Cuba e al suo sistema sanitario pubblico, domani speriamo quel modello diventi un punto di riferimento anche in Italia dove la generosità e la bravura del nostro personale medico si è dovuta scontrare con le folli politiche di tagli delle risorse”.

Grazie a Cuba ed ai Medici


“Dopo aver accolto i malati della nave di crociera britannica che nessun porto voleva ricevere, dopo avere offerto al mondo i medicinali da loro preparati (tra cui l’Interferone Alfa 2B) oggi Cuba viene a aiutare il popolo italiano in questo difficile momento per il mondo intero.
Non dimenticheremo questo gesto di profonda solidarietà umana, forse incomprensibile per i predicatori di odio che hanno speculato sui media in questi giorni.
Mentre gli Stati Uniti bombardano, provocano guerre ed inviano le loro truppe per pericolose esercitazioni militari nella UE, Cuba ha offerto la sua mano al nostro popolo senza speculazioni, quando altri hanno gravemente e colpevolmente danneggiato la nostra salute smantellando la sanità pubblica. Mentre anche i governi europei esportano armi, bombe e guerre, Cuba invia migliaia di medici in tutto il mondo, tenendo vivo l’esempio internazionalista di Ernesto Che Guevara. La salute ritorna ad essere un diritto sociale prioritario, ed un bene comune che richiede solidarietà, umanesimo e soprattutto politiche pubbliche”. Dalla pagina facebook di Rc San Giovanni Rotondo, le parole di Maurizio Acerbo, Resp. Area Esteri Segretario Nazionale.
La questione da sanitaria è diventata politica.

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https://cipiri5.blogspot.com/2020/03/ai-medici-cubani-che-arrivano-oggi-in.html

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Ai Medici Cubani che arrivano oggi in Italia diciamo Grazie

Ai Medici Cubani che arrivano oggi in Italia diciamo Grazie


Atterrano oggi a Milano 65 cubani: medici, infermieri, tecnici specializzati inviati dal proprio Paese ad aiutare l’Italia contro il Coronavirus. La Giunta Regionale lombarda gli chiederà di andare a Crema, ad aiutare una delle aree lombarde più colpite, quasi allo stremo. Quella Giunta così di destra, così orgogliosamente “sovranista”, così legata al precedente Governatore Formigoni che dalla sanità pubblica lombarda ha sottratto indebitamente oltre 70 milioni di euro, ha chiesto aiuto alla Repubblica Socialista di Cuba: e Cuba ha risposto immediatamente.

Atterrano oggi a Milano 65 cubani: medici, infermieri, tecnici specializzati inviati dal proprio Paese ad aiutare l’Italia contro il Coronavirus.

Atterrano oggi a Milano 65 cubani: medici, infermieri, tecnici specializzati inviati dal proprio Paese ad aiutare l’Italia contro il Coronavirus.

Atterrano oggi a Milano 65 cubani: medici, infermieri, tecnici specializzati inviati dal proprio Paese ad aiutare l’Italia contro il Coronavirus.



Non è la prima volta che lo fa: nel 2014 mandò oltre 250 medici nell’Africa Occidentale a combattere un virus ancora più spaventoso di questo, l’Ebola. Fu il New York Times, allora, ad ammettere che Cuba aveva avuto un ruolo da “leader” nella vittoria contro quel Male. E i medici cubani erano ad Haiti, qualche anno prima, quando un terremoto devastò l’isola provocando una terribile epidemia di colera. Erano pronti a partire anche per New Orleans, dopo il terrificante uragano Katrina- ma Bush rifiutò il loro aiuto, condannando la propria popolazione alle sofferenze che conosciamo.

Medici e infermieri di Cuba sono, ad oggi, in quasi 70 paesi del mondo: portando esperienza, aiuto, soluzioni. “Non offriamo ciò che ci avanza: condividiamo quello che abbiamo” è il loro slogan. E quello che hanno è un sistema sanitario completamente pubblico, fortemente finanziato dallo Stato e implementato da un sistema scolastico e universitario (pubblico, certo) tra i più strutturati al mondo: una Sanità che l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce come la più efficiente e avanzata di tutto il continente Latinoamericano.

Il sistema sanitario cubano non nasce certo a caso: ma nasce dalle idee di un giovane medico argentino capitato a Cuba per la Rivoluzione. Si chiamava Ernesto Guevara de la Serna e scrisse che il dovere del “medico rivoluzionario” e della “medicina sociale” era concepire un sistema che non tenesse mai in conto il profitto, ma una concezione che legasse il benessere del singolo corpo a quello di tutta la collettività: attraverso la scuola, l’alimentazione e il lavoro: “Educare e sfamare i bambini… ripartire le terre tra i contadini è la più grande opera di medicina sociale mai fatta.” Dunque oggi stanno arrivando medici e infermieri da Cuba per aiutarci a sconfiggere il Coronavirus. Non hanno chiesto niente in cambio, non ci hanno chiesto nemmeno di provare a convincere il nostro principale “alleato”, gli Stati Uniti di Donald Trump, a mitigare il feroce embargo che cerca da decenni di affamare la loro isola. Portano la loro esperienza, portano le loro medicine, portano la propria vita: e la mettono a nostra disposizione, contro il virus, per combattere insieme.
Hasta la victoria!

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sabato 21 marzo 2020

CORONAVIRUS Non è stato il "pipistrello"





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giovedì 19 marzo 2020

Perché Costruire un Ospedale in Fiera a Milano ?

I Posti Letto per ricoverare i pazienti COVID-19 ci sono già in Lombardia, basta attivarli.

C’è già l’ex Nosocomio di Legnano con 2 padiglioni attrezzati.
La denuncia di un sindacalista.

I Posti Letto per ricoverare i pazienti COVID-19 ci sono già in Lombardia, basta attivarli.
È la pesante denuncia di Riccardo Germani, portavoce di ADL Cobas Lombardia, nonché lavoratore dell’Ospedale di Legnano.

Secondo Germani, infatti, mentre il Pirellone in pompa magna ha annunciato di aver affidato al neo-commissario Guido Bertolaso la realizzazione di un ospedale da 500 posti presso i padiglioni della ex Fiera di Milano, a una decina di chilometri da quei padiglioni esiste «una struttura che ha tutte le potenzialità per accogliere velocemente nuovi pazienti». È l’ex Ospedale Civile di Legnano, nosocomio attivo fino a 9 anni fa, tutt’ora dotato del «vecchio monoblocco e di ben due padiglioni realizzati e predisposti 10 anni fa, con tutte le attrezzature».

Secondo Germani, la struttura che è sostanzialmente integra, è dotata di «camere già attrezzate con predisposizione di ossigeno, una rianimazione, reparti di terapia intensiva, reparti che oggi sono chiusi. Mentre è aperto e funzionante in una struttura nuovissima un prezioso laboratorio di analisi. A nostro avviso sarebbe una soluzione immediata se si rendesse operativa questa struttura con l’investimento di meno risorse economiche che potrebbero, invece, essere utilizzate per materiali, dispositivi e per assumere il personale sanitario necessario per gestire più di 500 posti letto, i quali si renderebbero disponibili senza alcuno spreco di risorse e di tempo».



Ironia della sorte, l’ultimo padiglione costruito nel vecchio ospedale di Legnano era stato proprio il reparto specializzato in malattie infettive, terminato nel 2002, una costruzione iniziata ben 10 anni prima. Reparto che aveva funzionato solo per pochi anni, visto che poi Regione Lombardia – erano i tempi del saccheggio alla Sanità del presidente Roberto Formigoni – aveva deciso di costruirne un altro, a pochi chilometri di distanza. Con una spesa complessiva sui 150 milioni. «Un’operazione in project financing, dove i privati guadagnano, grazie all’affitto pagato dal Pirellone», spiega Germani a Business Insider Italia, «Quello fu un vero saccheggio della sanità pubblica, si figuri che ancora oggi le casse pubbliche stanno pagano i mutui
delle ultime costruzioni nel vecchio ospedale», aggiunge amaro.



«È lodevole ogni iniziativa per trovare nuovi posti letto», commenta l’on. Riccardo Olgiati (M5s) «tuttavia, prima di costruirne una ex novo da 500 posti, forse sarebbe stato meglio vedere se si potevano riconvertire quelle già esistenti ed attrezzate. E a me risulta che mai alcun sopralluogo sia stato fatto a Legnano». Non solo, Olgiati aveva anche interessato della questione il Direttore Generale della ASST Milano Ovest, Fulvio Adinolfi, il quale aveva però risposto che «la strada era stata valutata, ma poi abbandonata per una questione di tempi e di risorse».

Una risposta che per Olgiati suona quasi come una beffa «considerando tutti i soldi che per fortuna stanno arrivando dalle donazioni». Per l’on. M5s, insomma, sarebbe stato molto meglio ristrutturare che impiegare tempo e risorse per approntare un punto sanitario in padiglioni destinati ad ospitare la Fiera del Ciclo e Motociclo…

A confutare però la tesi dell’utilizzabilità della struttura, il consigliere regionale di +Europa, Michele Usuelli, che è anche un medico, il quale nel pomeriggio riferisce sulla sua pagina Facebook che secondo il capo ufficio tecnico dell’ospedale in questione la riconversione sarebbe infattibile. E aggiunge: «Continuo a chiedere che sia chiara e trasparente la strategia con cui si sta pensando ai 500 posti in fiera, che mi pare terribilmente difficile realizzare ed utile solo a certe condizioni. O, meno miracolisticamente, continuiamo ad usare le sale operatorie chiuse, già armate di anestesisti ed infermieri. Lì dentro ci sono i letti di risveglio, che sono letti di terapia intensiva con tutti gli allacciamenti. Sono stati già usati tutti?».

E, proprio mentre scoppiava la polemica sull’inutilizzo di Legnano, il presidente Attilio Fontana, l’assessore Giulio Gallera e il presidente di Fondazione Fiera, Pazzali
presentavano il cantiere del futuro ospedale alla stampa.

«Il centro di terapia intensiva alla Fiera di Milano sarà pronto in 10 giorni», aveva detto Gallera lunedì 16 marzo ad alta voce, aggiungendo (ma a voce un po’ più bassa) che quei dieci giorni sarebbero partiti solo  «da quando riusciremo a recuperare i respiratori, che sono l’elemento più importante, e il personale». Cioè ad oggi si sta lavorando, ma non si sa quando si potrà essere operativi. Del resto, l’assessore è ben conscio che la Protezione Civile nei giorni precedenti aveva chiaramente specificato di non essere in grado di fornire il materiale sanitario richiesto e che avrebbe preferito che Regione Lombardia puntasse sul rafforzamento
di strutture già esistenti (come Legnano, per esempio).



Tuttavia il Pirellone ha scelto di continuare sulla sua strada. Si tratta di una scelta politica, un modo per ribadire la propria autonomia da Roma, per marcare le distanze dal governo. Un progetto che poggia su due pilastri: dipingere Bertolaso come “l’eroe padano” («Guido Bertolaso ha gestito emergenze in tutto il mondo, contiamo che lui possa avere i canali (per ottenere i respiratori, ndr)», ha dichiarato Gallera) e dall’altro, far vedere quanto sono bravi i nuovi vertici di Fondazione Fiera. Quegli stessi vertici nominati da Matteo Salvini quando era al governo, compresa la ex compagna del Capitano, Giulia Martinelli, già capa della segreteria di Fontana e ora vice-presidente della Fondazione, come raccontato da Business Insider Italia.

Una strategia condivisa da tutta l’opposizione: non è affatto un caso infatti che martedì 17 marzo Silvio Berlusconi dal suo prudenziale esilio da Nizza ha fatto sapere di aver staccato un assegno da 10 milioni di euro, proprio «la somma necessaria per la realizzazione del reparto di 400 posti di terapia intensiva alla Fiera di Milano», ha twittato un giubilante Bertolaso. Che non ha nascosto la sua gratitudine nei confronti del vecchio protettore: «Grazie Presidente per questo gesto d’amore per la sua città e per il suo Paese», ha infatti aggiunto subito dopo l’annuncio.

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Probabilmente Il commissario straordinario Bertolaso
non è a conoscenza della presenza di una struttura
che ha tutte le potenzialità per accogliere velocemente nuovi pazienti
proprio qui vicino all'ex zona fiera...
https://cipiri5.blogspot.com/2020/03/riapriamo-il-vecchio-ospedale-invece-di.html
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Riapriamo il vecchio Ospedale invece di Farlo in Fiera

Riapriamo il vecchio Ospedale invece di Farlo in Fiera

Non vogliamo entrare in polemica sulle vecchie vicissitudini e lo spreco di denaro pubblico della nostra storia sanitaria regionale ma, sottolineiamo che proprio a Legnano, a poca distanza dalla zona fiera, esiste il "vecchio monoblocco" e ben 2 padiglioni realizzati   e predisposti 10 anni fa con tutte le attrezzature.

 Ci ha già provato l'onorevole legnanese Riccardo Olgiati. Respinto dal direttore generale della Asst Ovest Milano, dr.Fulvio Odinolfi. Oggi, nuovo... attacco ad infrangere il muro di negatività sulla apertura del vecchio ospedale. Lo ha mosso con fermezza Riccardo Germani, portavoce di ADL Cobas Lombardia, nonché lavoratore dell'Ospedale di Legnano, con una lettera ai vertici della Regione Lombardia, della stessa Asst Milano Ovest e al commissario straordinario Guido Bertolaso.


Raccolgo la proposta di un gruppo di lavoratrici e lavoratori dell’Ospedale e la rendo pubblica.

Ci rivolgiamo a quanti in indirizzo, perché in questo momento crediamo
che l'aiuto di tutti sia un bene prezioso.

Sappiamo che la Regione ha chiesto di coordinare la possibilità di costruire un ospedale per pazienti di Covid 19 a Giudo Bertolaso, che sta cercando di allestire, presso i padiglioni della ex Fiera di Milano, nuovi posti letto.

Probabilmente Il commissario straordinario Bertolaso
 non è a conoscenza della presenza di una struttura
 che ha tutte le potenzialità per accogliere velocemente nuovi pazienti 
proprio qui vicino all'ex zona fiera.

Non vogliamo entrare in polemica sulle vecchie vicissitudini e lo spreco di denaro pubblico della nostra storia sanitaria regionale ma, sottolineiamo che proprio a Legnano, a poca distanza dalla zona fiera, esiste il "vecchio monoblocco" e ben 2 padiglioni realizzati 
e predisposti 10 anni fa con tutte le attrezzature.

Infatti, essendo una brutta pagina politica di questa Regione, sembra che pochi si ricordino ciò che oggi potrebbe essere invece una risorsa per garantire immediatamente,
centinaia e centinaia di nuovi posti letto.

Infatti, ci sono: camere già attrezzate con predisposizione di ossigeno, una rianimazione, reparti di terapia intensiva che sono chiusi, mentre resta aperto e funzionante in una struttura nuovissima un prezioso laboratorio di analisi.

A nostro avviso sarebbe una soluzione immediata se si rendesse operativa questa struttura con l'investimento di meno risorse economiche che potrebbero, invece, essere utilizzate per materiali, dispositivi e per assumere il personale sanitario che servirebbe a gestire più di 500 posti letto che si renderebbero disponibili senza alcuno spreco di risorse e di tempo.

Invitiamo per tanto a fare un sopralluogo, a verificare
quanto stiamo asserendo sicuri di quanto affermiamo.

Noi lavoriamo all'ospedale attualmente attivo a Legnano che è di recente costruzione ed oggi sta operando con grande professionalità dei lavoratori e delle lavoratrici tutte, come meglio può per accogliere i malati di covid 19, anche grazie ad un’amministrazione che da subito ha affrontato in maniera pragmatica l'emergenza mettendo a disposizione reparti da destinare ai malati e personale, ma come dappertutto i posti non sono mai abbastanza.

Abbiamo una risorsa e ci aspettiamo che venga attivata per il bene comune di tutta la regione.

Riccardo Germani
Portavoce ADL Cobas Lombardia

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Confermata la Condanna di Berlusconi

Confermata la Condanna di Berlusconi

La Cassazione ordina soltanto di ricalcolare
 la durata dell'interdizione dai pubblici uffici,
 ma la condanna a 4 anni per Frode Fiscale è Definitiva

La Corte di Cassazione ha deciso di confermare la condanna a quattro anni di reclusione per frode fiscale contro Silvio Berlusconi, ex presidente del Consiglio, relativa al cosiddetto processo Mediaset. La Cassazione ha deciso però di annullare la condanna all’interdizione dei pubblici uffici, stabilendo che i termini dovranno essere ricalcolati e che la decisione in materia debba essere presa in un altro processo d’appello davanti ai giudici di Milano. I quattro anni di carcere sono diventati uno in base all’applicazione dell’indulto.

La legge n.251 del 5 dicembre 2005 – la “legge ex Cirielli”, chiamata anche “legge salva-Previti” – stabilisce che nel caso in cui la persona condannata abbia compiuto 70 anni al momento dell’inizio dell’esecuzione della pena – Berlusconi ha 76 anni – questa possa essere scontata nella propria abitazione o in un altro luogo pubblico di cura, assistenza e accoglienza (salvo poche eccezioni in cui Berlusconi non ricade). Oltre alla detenzione domiciliare i condannati a una pena inferiore ai tre anni possono chiedere l’affidamento ai servizi sociali.

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha diffuso questo comunicato:

La strada maestra da seguire è sempre stata quella della fiducia e del rispetto verso la magistratura, che è chiamata a indagare e giudicare in piena autonomia e indipendenza alla luce di principi costituzionali e secondo le procedure di legge. In questa occasione attorno al processo in Cassazione per il caso Mediaset e all’attesa della sentenza, il clima è stato più rispettoso e disteso che in occasione di altri procedimenti in cui era coinvolto l’on. Berlusconi. E penso che ciò sia stato positivo per tutti. Ritengo ed auspico che possano ora aprirsi condizioni più favorevoli per l’esame, in Parlamento, di quei problemi relativi all’amministrazione della giustizia, già efficacemente prospettati nella relazione del gruppo di lavoro da me istituito il 30 marzo scorso. Per uscire dalla crisi in cui si trova e per darsi una nuova prospettiva di sviluppo, il paese ha bisogno di ritrovare serenità e coesione su temi istituzionali di cruciale importanza che lo hanno visto per troppi anni aspramente diviso e impotente a riformarsi.

Il caso Mediaset riguarda la compravendita dei diritti televisivi e cinematografici con società statunitensi per 470 milioni di euro delle reti di Silvio Berlusconi e risale al 2003. Con il verdetto della Cassazione è stato accertato che gli acquisti fatti da Fininvest – società di proprietà della famiglia dell’ex PresdelCons – sono stati fatti attraverso due società off-shore, le quali hanno rivenduto i diritti con una forte maggiorazione di prezzo a Mediaset allo scopo di aggirare il fisco italiano. La differenza tra il valore reale e quello finale ha consentito di mettere da parte “fondi neri” per 280 milioni di euro.

La fase preliminare del processo era iniziata nel 2005. Il 26 ottobre del 2012 Silvio Berlusconi è stato condannato in primo grado a 4 anni di carcere e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. La Corte d’Appello di Milano, l’8 maggio del 2013, ha confermato la condanna stabilendo che Berlusconi «è stato l’ideatore fin dei primordi del gruppo di un’attività delittuosa tesa a una scientifica e sistematica evasione di portata eccezionale». La condanna per frode fiscale faceva riferimento a circa 7 milioni di euro tra il 2002 e il 2003; le precedenti, che ammontavano a 280 milioni di euro, sono state prescritte. Il 9 luglio del 2012 gli avvocati di Berlusconi avevano presentato ricorso. Il processo è dunque arrivato alla Cassazione, terzo e ultimo grado di giudizio nell’ordinamento italiano: la sentenza, basandosi sui tempi medi dei processi, era attesa per settembre-ottobre. La Cassazione aveva però fissato l’udienza il 30 luglio, molto prima del previsto, cosa che ha provocato molta agitazione nel PdL e la sospensione, per un giorno, dell’attività parlamentare.



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Mancano le Mascherine Protettive dal Corona Virus

Perché in Lombardia mancano le mascherine protettive?

Perché in Lombardia
Fontana e Gallera non raccontano tutta la storia.

Perché in Lombardia mancano le mascherine protettive? Perché 12 contagiati su 100 in regione appartengono al personale sanitario? Di chi è la responsabilità? Domande che da giorni rimbalzano nella Lombardia che lotta contro il Corona Virus. Una polemica tra Pirellone e Protezione Civile rimasta a lungo sotto traccia ed esplosa definitivamente dopo le parole pronunciate venerdì 13 marzo dall’assessore regionale al Welfare Gallera che ha attaccato frontalmente la Protezione Civile per un’inadatta fornitura di presidi medici: «A noi servono mascherine del tipo fpp2 o fpp3 o quelle chirurgiche e invece ci hanno mandato un fazzoletto, un foglio di carta igienica, di Scottex».



Tuttavia la storia è molto più complicata. Per comprenderla bisogna partire da un punto : Regione Lombardia non ha mai avuto un “Piano Emergenze” che stabilisse in modo chiaro a chi spettasse l’acquisto di presidi medici come mascherine, guanti e occhiali protettivi. Quindi, ogni singola amministrazione ha sempre agito per conto suo.



Non l’aveva prima, non l’ha neanche adesso. Una scoperta fatta dai consiglieri regionali del Pd, che però non è mai stata confermata ufficialmente dalla giunta Fontana, anche perché l’attività del Consiglio regionale è paralizzata e la possibilità ispettiva delle opposizioni
sull’operato della giunta è praticamente nulla.

Tanto che il 10 marzo scorso, in una lettera a Fontana, i consiglieri Pd chiedevano formalmente se: “È stato predisposto e aggiornato periodicamente, negli anni, il Piano Emergenze dal quale tutto il personale sanitario potesse trarre le indicazioni operative omogenee per affrontare un’epidemia di queste dimensioni? Possiamo avere copia degli aggiornamenti dei piani via via predisposti?”. Una richiesta caduta nel vuoto.



Comunque, una prova della disomogeneità operativa è che domenica 15 marzo il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha potuto annunciare sulla sua pagina Facebook che: «Da sempre Milano mantiene ottimi rapporti con le principali città cinesi: nei giorni scorsi ho fatto un po’ di telefonate alla ricerca di mascherine, e la risposta non si è fatta attendere. Ieri sera è arrivato un primo carico: le distribuiremo ai medici di base, agli ospedali e al personale del Comune al lavoro per assicurare i servizi. Nei prossimi giorni ne attendiamo alcune centinaia di migliaia: le metteremo a disposizione dei cittadini, cominciando dalle fasce più deboli». Se fosse stato operativo un protocollo unico regionale, Milano non avrebbe potuto fare da sola.



Secondo dato certo è che Regione Lombardia, a metà febbraio – quindi a emergenza già in atto – ha bloccato tutti i singoli ordini di presidi medici inviati in precedenza dalle sue propaggini amministrative (Asst, ospedali, ecc…), centralizzando gli acquisti nell’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti (Aria Spa). Una procedura che ha avuto come conseguenza un ritardo oggettivo negli approvvigionamenti, anche perché si è subito dimostrato più difficoltoso il reperimento di grandi stock di materiale, rispetto a di ordini di minor grandezza. Inoltre, con l’avanzare del contagio a livello globale, si è fatto sempre più difficile trovare fornitori con magazzini pieni. E infine i prezzi sono schizzati alle stelle.



In seguito – e questo lo ha scoperto l’inchiesta di Fabrizio Gatti su “L’Espresso” – è accaduto che il Pirellone ha firmato un ordine per 4 milioni di mascherine che – aveva assicurato il governatore lombardo Attilio Fontana – sarebbero dovute arrivare entro il 27 febbraio. Ma quelle mascherine non sono mai giunte, tanto che il 2 marzo il maxi ordine viene annullato dalla Regione. Secondo la versione ufficiale perché il “fornitore non è stato in grado di adempiere agli obblighi assunti”. Secondo il giornalista perché le aziende scelte dal Pirellone non producevano più quel tipo di presidi medici. Quindi un ordine sbagliato.

“L’ordine di quattro milioni di mascherine è stato annullato (…) dalla centrale di committenza regionale, in quanto il fornitore non è stato in grado di adempiere agli obblighi assunti. Sono stati perfezionati ulteriori ordini con una serie di altri fornitori per i quantitativi di mascherine necessari. L’acquisizione dei dispositivi sta avvenendo presso diversi operatori economici e, alla data di lunedì, abbiamo già ricevuto e distribuito 57.440 mascherine tipo ffp2; 22.620 tipo ffp3 e 496.600 chirurgiche”, aveva risposto ufficialmente il Pirellone a L’Espresso.



Così Regione Lombardia si è ritrovata a cercare affannosamente i presidi sul mercato mondiale. Che ne frattempo era andato in tilt. Con l’esplosione globale del virus, infatti, non solo trovare i fornitori si è rivelato difficile, ma anche riuscire a far arrivare i carichi è divenuta un’impresa, visto che la fame di mascherine ha spinto numerosi paesi di transito delle navi a requisire i carichi. E il Pirellone non è sfuggito alla regola: si vede infatti bloccare un cargo in Turchia a fine febbraio e un altro, proveniente dall’Olanda, viene bloccato e requisito in Germania. E poi ci sono le truffe, come svela il consigliere regionale M5s, Dario Violi: «La Regione ha fatto un ordine da 7 milioni di euro a un’azienda che poi si è rivelata inesistente.
Sembra che fortunatamente sia poi riuscita a recuperare i soldi».



È in questo marasma che è partita la richiesta di aiuto di Fontana alla Protezione Civile per una fornitura extra di mascherine e guanti. Quella stessa fornitura poi attaccata platealmente dall’assessore Gallera. A quanto risulta a Business Insider Italia la Protezione Civile ha consegnato alla Lombardia:

398.140 mascherine modello Ffp2 ed Ffp3
97.200 mascherine chirurgiche;
707.000 mascherine Montrasio;
10.800 occhiali protettivi;
930 mila guanti monouso
3.013 indumenti protettivi;
113 ventilatori polmonari intensivi;
103 ventilatori polmonari sub-intensivi 103


«La verità è che la Protezione Civile ha consegnato alla sola Regione Lombardia in pochissimo tempo oltre mezzo milione di mascherine di diversa tipologia: ffp2, chirurgiche e simil-chirurgiche», attacca Violi, «Le mascherine contestate dagli assessori regionali lombardi sono solo una parte della fornitura e sono state acquistate con la garanzia che siano idonee all’uso per le quali sono state progettate. Ricordiamo inoltre allo smemorato assessore che sono state acquistate in tempi super celeri perché chi era stato incaricato all’approvvigionamento di questi dispositivi, ovvero la Regione, HA SBAGLIATO L’ORDINE?? Questo i signori della Lega non verranno mai a dirvelo che era loro compito procedere all’acquisto di mascherine e che si sono affidati ad una ditta estera la quale ha tirato il bidone lasciandoli e lasciandoci sprovvisti. È quindi intervenuta la Protezione Civile per coprire la falla aperta da quelli “capaci” di Regione Lombardia con ordinativi urgenti e rapidi».

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«Tutto quello che abbiamo, trasferiamo alle Regioni per cercare di ovviare alle carenze. Al momento non abbiamo altre mascherine, ma la Lombardia ne ha avute un numero superiore a quello delle altre proprio perché è in una situazione drammatica», ha dichiarato domenica al “Corriere della Sera” Luigi D’Angelo, responsabile emergenze della Protezione civile, al Corriere della Sera.

«Finora alle Regioni abbiamo dato 5 milioni di mascherine. Il fabbisogno mensile è di 90 milioni e noi abbiamo contratti per 56 milioni nelle prossime quattro settimane. All’inizio dell’emergenza c’era una disponibilità maggiore. Adesso che il virus si è diffuso in tutto il mondo i Paesi di transito fermano le forniture e le requisiscono. Ecco perché ogni Stato deve produrle e soprattutto riuscire ad aumentare questa produzione».

Ma il fronte dello scontro Pirellone-Protezione Civile riguarda anche lo stop al previsto ospedale d’emergenza che Regione Lombardia aveva annunciato nel padiglione della Fiera di Milano. Gallera aveva infatti annunciato un accordo con la Protezione Civile per creare una maxi struttura con 500 letti di terapia intensiva, dove avrebbero operato «circa 500 medici e dai 1.200 ai 1.500 infermieri». Un’idea poi decaduta polemicamente. Sempre a causa della Protezione Civile, ha sostenuto Fontana, rea di non esser stata in grado di mantenere le promesse fatte
e di non aver recapitato le forniture promesse.

Anche a questo ha risposto D’Angelo: «Le tempistiche per avere le attrezzature sono lunghe, almeno 15 giorni. Per allestire un ospedale ci vuole un mese. Ma il vero problema è il personale: ci volevano almeno 400 medici e 800 infermieri e non abbiamo la possibilità di destinare tutte queste forze per una nuova struttura. Per questo abbiamo preferito aumentare i posti letto in altri ospedali in modo da poter procedere in pochissimi giorni», ha spiegato.

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domenica 15 marzo 2020

Scandali ed Arresti in Lombardia per la Sanità

Scandali ed Arresti in Lombardia per la Sanità


La grande Torta della sanità in Lombardia

Ci vorrebbe non una pagina di giornale, ma un volumone da Enciclopedia Britannica per raccontare i mille scandali nella sanità scoppiati in Lombardia. Ogni volta il politico di turno promette che sarà l’ultima, assicura che la mela marcia è stata isolata, che il sistema sarà riformato; poi le cronache s’incaricano di smentirlo. Ogni scandalo della sanità, in Lombardia, è sempre il penultimo. Il motivo sta tutto in due cifre, 18 e 75: 18 miliardi di euro all’anno è la spesa pubblica sanitaria in Lombardia, il 75 per cento del bilancio della Regione. Un bottino che fa gola.

Ora tocca a quattro primari di due importanti ospedali milanesi. Storia nuova, ma che s’incastra a cannocchiale su storie vecchie, se è vero che la quinta arrestata, Paola Navone, direttore sanitario dell’Ortopedico Paolo Pini, fu sfiorata da un’inchiesta di una decina di anni fa che riguardava la falsificazioni di cartelle cliniche per ottenere più rimborsi sanitari all’ospedale San Carlo. Quel processo si concluse con l’assoluzione degli imputati, come tanti altri in cui non è stato possibile dimostrare che venivano pagati più soldi di quanto giustificato dalle prestazioni fornite.

La madre di tutti gli scandali è, nel 1997, la macchina messa in piedi da Giuseppe Poggi Longostrevi, medico e proprietario di cliniche private. Aveva assoldato una rete di medici di famiglia che mandavano i loro pazienti nei suoi laboratori, molte volte a chiedere esami inutili, o più costosi di quelli davvero eseguiti, oppure mai realmente forniti. In cambio, ai medici arrivavano un regalino a Natale o un compenso, 50 o 100 mila lire. Ma il suo sistema è costato alla Regione Lombardia (o meglio: ai cittadini lombardi) almeno 60 miliardi di lire.

Per far funzionare questo meccanismo ci voleva un santo in paradiso, o almeno al Pirellone. Era Giancarlo Abelli, braccio “sanitario” del presidente della Regione Roberto Formigoni e poi devoto a Silvio Berlusconi: i magistrati scoprirono che Poggi Longostrevi aveva pagato ad Abelli una mazzetta da 72 milioni di lire, ma lui spiegò che era una consulenza, benché non fatturata, e la storia finì con un processo per false fatture da cui fu assolto. E subito premiato con l’assessorato alla sanità in Lombardia e poi con un posto in Parlamento.

Furono premiati anche i manager “politici” della sanità coinvolti in un vecchio scandalo con epicentro all’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Ma ad elencarli tutti, gli scandali sembrano le litanie dei santi: San Carlo, Santa Rita, San Giuseppe, San Raffaele… Se in principio fu Poggi Longostrevi, l’evoluzione della specie arriva, nel 2011, con l’esplosione del sistema Formigoni e gli scandali San Raffaele e Fondazione Maugeri. Arrestato Pierangelo Daccò, ciellino e mediatore tra il “Celeste” e le strutture sanitarie private “dell’eccellenza lombarda”: beneficate con 250 milioni di euro, soldi pubblici regionali, in cambio di “benefit” (forma postmoderna di tangente) a Formigoni per 70 milioni di euro in viaggi, cene, vacanze, yacht, sconti su una villa in Sardegna.

Il fondo è stato toccato con “la clinica degli orrori”, la Santa Rita di Milano, in cui il primario di chirurgia toracica Pier Paolo Brega Massone eseguiva operazioni superflue, inutili o dannose, pur di portare a casa i rimborsi della Regione. Arrestato nel 2007, è stato condannato in appello all’ergastolo, per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà, per la morte di quattro pazienti e 45 casi di lesioni.

Uscito di scena Formigoni, al Pirellone è arrivato Roberto Maroni che ha subito annunciato una riforma della sanità, realizzata dal suo braccio destro per il settore, Fabio Rizzi, medico e leghista. Bobo non fa in tempo a magnificare la bontà dei suoi cambiamenti che arrivano i gendarmi ad arrestare Rizzi. Il 16 febbraio 2016 scattano 21 manette: Operazione Smile, la chiamano, perché stavolta le ruberie hanno a che fare con le cure odontoiatriche e il personaggio più rilevante, accanto al leghista Rizzi padre della nuova riforma che cambia il nome alle Asl in Ats, è l’imprenditrice Maria Paola Canegrati, detta “Lady Dentiera”. Le sue società in una decina d’anni avevano conquistato il monopolio dei servizi odontoiatrici appaltati in esterno dagli ospedali lombardi e pagati con i soldi della Regione.

A finire in carcere, l’anno prima, è stato invece l’uomo più potente di Forza Italia in Lombardia: Mario Mantovani, console berlusconiano, ras della sanità e già vice di Maroni in Regione. Accusa: corruzione e concussione per appalti nella sanità, compresa una gara sul trasporto dei dializzati.

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Sanità, Tasse, Migranti e Lavoro tutti i Disastri di Berlusconi

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Il Decennio nero dell’Italia

Silvio è tornato. E tanti si sono dimenticati chi è.
Ecco un libro per rinfrescare la memoria ed evitare di ricascarci

“Fatti e misfatti, disastri e bugie, leggi vergogna e delitti (senza castighi) dell’ometto di Stato che vuole ricomprarsi l’Italia per la quarta volta”.
Anticipiamo alcuni stralci dal capitolo “Quando c’era Lui”.

La lista nera dei disastri dei tre governi Berlusconi (1994, 2001-06, 2008-11) è talmente lunga che, da sola, occuperebbe un paio di Treccani. Ma ora Silvio Berlusconi si ripresenta per la settima volta agli elettori travestito da “usato sicuro” capace, europeista e moderato contro gli “incompetenti”, gli “antieuropeisti” e gli “estremisti”, e trova persino a sinistra chi ci casca o almeno finge di cascarci. Eugenio Scalfari ha dichiarato: “Con Berlusconi al governo le cose sono andate più o meno come andavano con gli altri governi”. Quindi è il caso di riepilogare in estrema sintesi l’inventario dei danni che è riuscito a fare ogni volta che ha avuto la ventura
di governarci e noi la sventura di essere governati da lui (…).

Vediamo come, negli anni delle vacche grasse, (non) approfittò della congiuntura favorevole. Salvo poi gridare al golpe e al complotto quando, nel 2011, tutti i nodi aggravati dalla crisi mondiale vennero al pettine.

Il decennio nero. Dai dati del Fondo monetario internazionale risulta che, fra il 2001 e il 2011, il nostro Pil reale pro capite, cioè la ricchezza prodotta da ogni singolo italiano tenendo conto dell’inflazione, sia crollato del 3,1%. La peggiore performance di tutta l’Eurozona, visto che nel Vecchio continente in quel periodo solo l’Italia ha avuto il segno “meno”. Nel decennio, 2001-2011, mentre noi precipitavamo, tutti gli altri Paesi crescevano: dai tedeschi (del 12,9%) ai greci, sì persino i greci. Non solo: se nel 2001 la differenza fra il nostro Pil pro capite e quello tedesco era di 1.610 euro, nel 2011 si era quadruplicata a 6.280 euro. Gli italiani in condizioni di povertà assoluta toccavano la cifra record di 3 milioni e mezzo. E l’occupazione cominciava a calare soprattutto fra i giovani, mentre il Cavaliere non trovava di meglio che produrre più precariato con la legge 30 del 2003. In quel decennio nero, Berlusconi ha governato 8 anni su 10.

La finanza pubblica. Nel 2011 l’ultima manovra della coppia B.-Tremonti lascia un’eredità pesante: misure senza copertura per 20 miliardi di euro. Soldi da trovare entro il 30 settembre 2012 con una riforma – neanche abbozzata – delle agevolazioni fiscali. In alternativa, scatteranno i tagli lineari. Il governo Monti si accolla gran parte del prezzo di impopolarità e trova poi, prelevandoli dai ceti più deboli, 13,4 di quei 20 miliardi, mentre il resto si trascinerà sui governi successivi.

Le tasse. “Meno tasse per tutti” e “Rivoluzione fiscale”. Sono questi gli slogan dominanti di tutte e sette le campagne elettorali berlusconiane. Peccato che poi, una volta al governo, il Cavaliere non sia mai riuscito a rivoluzionare né l’Irpef né tantomeno l’intero sistema tributario. Nel suo secondo governo, l’unico durato l’intera legislatura, la pressione fiscale (cioè l’incidenza delle tasse sul Pil) scende in cinque anni di un paio di decimali, senza che nessuno se ne accorga. Cioè (dati Istat) passa dal 40,1% del 2001 al 39,1 del 2005. Nei tre anni del suo terzo governo, senza una sola misura di austerità per fronteggiare la crisi finanziaria globale, la pressione fiscale aumenta addirittura: dal 41,3 del 2008 al 41,6 del 2011. Altro che “Meno tasse per tutti”: meno tasse solo per gli evasori e i frodatori, beneficati da continui condoni e “scudi fiscali”.

La spesa pubblica. La ragione del mega-flop fiscale è semplice: da quel grande populista che è sempre stato, B. non ha mai voluto ridurre la spesa corrente (come invece ha fatto Prodi), rendendo impossibile qualunque riduzione permanente del carico fiscale. Tra il 1999 e il 2005 (biennio D’Alema-Amato e quinquennio berlusconiano), la spesa per consumi finali della Pubblica amministrazione, dove si annidano i veri sprechi, è salita del 3,3% annuo. E si è fermata solo con il secondo governo Prodi (2006-2008). Vediamo il dettaglio, riassunto di recente da Sergio Rizzo su La Repubblica. La spesa pubblica nel 2001 superava di poco i 600 miliardi, mentre alla fine del 2011 sfiorava gli 800 (797.971), con un aumento monetario del 32,8 per cento e una crescita reale (detratta l’inflazione) dell’8,5: cioè di 62 miliardi. Soldi ben spesi? Vediamo. Di quei 62 miliardi, 57 sono finiti nel capitolo Welfare: per la stragrande maggioranza, pensioni. “Quel capitolo – scrive Rizzo – che assorbiva nel 2001 il 36,1% della spesa pubblica, aveva raggiunto nel 2011 il 40,4%. C’entra di sicuro l’esborso enorme per l’assistenza causato dalla crisi. Ma è incontestabile che la fetta più rilevante di quei 57 miliardi abbia a che fare con l’incremento della spesa previdenziale. Per giunta, mentre il conto per le pensioni saliva in modo inarrestabile, la spesa per l’istruzione si riduceva del 10,2%: 7 miliardi e mezzo reali svaniti. In quei dieci anni si è dunque investito sugli anziani disinteressandosi dei giovani”. Poi ci sono i soldi buttati. Per esempio in spese militari, aumentate del 35,2%, mentre quelle per la cultura scendevano del 31,7.

Debito pubblico. Il sedicente risanatore della finanza pubblica non ha fatto che aumentare vieppiù il debito pubblico: + 539 miliardi, quasi tutti merito suo. Per fortuna, il tanto deprecato euro, nello stesso periodo, faceva scendere gli interessi sui titoli di Stato di quasi 18 miliardi reali.

Sanità. Nel secondo governo Berlusconi il finanziamento al fondo sanitario nazionale esplode dai 71,3 miliardi del 2001 ai 93,2 del 2006 (da allora salirà in 10 anni di soli altri 20 miliardi). Motivo: le esigenze di rigore per l’ingresso nell’euro si sono esaurite e i bassi tassi di interesse consentono di aumentare i fondi alla sanità pubblica (e privata convenzionata, letteralmente scoppiata soprattutto nelle regioni governate dal centrodestra). Ma quella stagione, e ancor di più quella del terzo governo Berlusconi, verranno ricordate per ben altre ragioni: il fallimento del federalismo sanitario (voluto sia dal centrosinistra sia dal centrodestra), che avrebbe dovuto responsabilizzare le Regioni dando loro un budget e precisi standard da rispettare (i Lea: livelli essenziali di assistenza). Invece non funzionerà mai. Anzi – come spiega l’economista Gilberto Turati, specialista di politiche sanitarie dell’Università Cattolica di Roma – sotto Berlusconi si afferma il principio che, “per garantire i Lea, serve almeno la spesa dell’anno precedente, così le regole di fatto incentivano le Regioni a spendere sempre di più”. Così, per ingrassare le clientele e le mafie sanitarie, si taglia selvaggiamente sul sociale. Dal 2008 e al 2011 il fondo per le politiche per la famiglia passa da 346,5 milioni (2008) a 52,5 (2011), quello per le politiche giovanili da 137,4 milioni a 32,9, quello per la non autosufficienza che finanzia l’assistenza ai malati più gravi da 300 milioni a zero.

Scuola, università e grandi opere. Le “riforme” berlusconiane dell’istruzione pubblica, targate Letizia Moratti (2003) e Maria Stella Gelmini (2008), improntate a una filosofia “privatistico-confindustriale”, suscitano ostilità quasi unanimi di insegnanti, studenti e famiglie, senza risolvere i problemi principali del settore, anzi aggravandoli. Il terzo governo Berlusconi, poi, completa l’opera tagliando il fondo per il finanziamento ordinario dell’Università dai 7,4 miliardi del 2008 ai 6,9 del 2011. Tornerà sopra i 7 miliardi soltanto nel 2014.

Quanto invece alle inutili opere faraoniche, l’asso nella manica di Berlusconi, la Legge obiettivo, si è rivelata un disastro epocale per il bilancio pubblico. Avrebbe dovuto velocizzare la realizzazione delle infrastrutture garantendo prezzi certi? Ebbene, a fine 2011 risultavano ultimati appena il 10% dei lavori previsti, con i costi ovunque esplosi. Senza contare alcuni regalini maleodoranti tipo quelli gentilmente offerti dalla vicenda della corruzione al Mose di Venezia. Omaggi che, secondo uno studio del governo Monti, avrebbero fatto salire la spesa per gli appalti pubblici perfino del 40%.

Immigrazione. Il Berlusconi che oggi tuona contro l’immigrazione sparando cifre a casaccio (“È una bomba sociale: 630 mila clandestini”), è lo stesso che nel 2011 deliberò la partecipazione dell’Italia alla guerra in Libia contro il suo amico e compare Gheddafi, cedendo alle pressioni di Obama, Sarkozy e Napolitano, con il conseguente aumento esponenziale degli sbarchi. Ma non solo: porta la sua firma, oltreché i voti di FI, An e Lega Nord, la più grande sanatoria di immigrati “clandestini” o irregolari (circa 800 mila domande, di cui 694.224 accolte, nel solo 2002, in concomitanza con l’approvazione della legge Bossi-Fini). Nel 2003 è il governo Berlusconi a sottoscrivere senza batter ciglio la Convenzione europea detta “Dublino II”: chi sbarca in Italia resta in Italia. Nel 2009 il terzo governo B., sempre con i voti della Lega, vara una seconda mega-sanatoria di immigrati irregolari (294.744 domande accolte).

Le leggi vergogna. Che faceva Berlusconi mentre l’Italia andava in malora? Si occupava dei fatti suoi, con un’attenzione e una competenza davvero degni di miglior causa. Per scongiurare i due pericoli che nel 1993 l’avevano portato a creare Forza Italia: il fallimento delle sue aziende e la galera. Con una raffica di leggi vergogna da brivido. Noi qui riassumeremo soltanto le 60 che hanno portato vantaggi a lui, ai suoi cari, ai suoi amici (e amici degli amici mafiosi), ai suoi coimputati e alle sue aziende. Nei quattro settori chiave della giustizia, del fisco, della televisione e degli affari. Tutte leggi mai previste dai programmi elettorali di Forza Italia, o della Casa delle Libertà, o del Popolo delle Libertà, dunque mai votate dai cittadini. Infatti non riguardano tutti noi: riguardano soltanto lui e pochi altri fortunati vincitori.

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lunedì 9 marzo 2020

Il Sistema Formigoni tra Eccellenza e Corruzione

Il Sistema Formigoni tra Eccellenza e Corruzione


 I rapporti con le strutture sanitarie private alla base del «modello Lombardia»
Un giro d’affari da oltre tre miliardi di euro all’anno.
di Simona Ravizza

Roberto Formigoni, 71 anni, ha guidato la Regione dal 1995 al 2013

Nell’epoca che fu, lungo il corridoio che dall’atrio conduce all’ufficio al trentacinquesimo piano di Palazzo Lombardia dell’allora governatore Roberto Formigoni, si snoda la scritta: «La politica è azione per il bene comune». E la politica, durante i 18 anni di governo formigoniano coincide soprattutto con la Sanità che muove 18,5 miliardi (ossia l’85% del budget regionale). È prima la delizia, poi la croce del Celeste, 71 anni, da venerdì nel carcere di Bollate per scontare una condanna di 5 anni e 10 mesi per corruzione. La Sanità lo rende grande, la Sanità finisce col distruggerlo per l’inchiesta San Raffaele-Maugeri. Formigoni rimane intrappolato nel «modello lombardo» di cui è l’ideatore: in nome della libertà di scelta del paziente nel 1997 vengono messi sullo stesso piano gli ospedali pubblici e i privati accreditati. Gli anni successivi, fino al 2002, sono quelli del boom delle strutture dei vari Gianfelice Rocca (Humanitas), Giuseppe Rotelli (Gruppo San Donato), Umberto Veronesi (Ieo), Daniele Schwarz (Multimedica). Da quel momento il sistema, che va avanti tuttora, si cristallizza: gli accreditamenti di nuovi letti nelle strutture private vengono bloccati e viene fissato un tetto di spesa con il riconoscimento di un budget predefinito. Oggi, su un totale di 1,4 milioni di ricoveri l’anno, gli ospedali privati ne garantiscono 494,5 mila, pari al 35%, con un fatturato che supera i 2 miliardi (su 5,4). Lo stesso vale per le visite e gli esami ambulatoriali: su 160 milioni di prestazioni totali, 67 milioni (42%) vengono erogate fuori dagli ospedali pubblici
 per un valore di 1,2 miliardi di euro (su 2,9).



I risultati positivi del «modello lombardo» sono principalmente due: 1) con la concorrenza tra pubblico e privato (che non ha diritto al ripianamento delle perdite), la Sanità lombarda è in pareggio di bilancio; 2) l’eccellenza delle cure, dimostrata anche dall’arrivo di pazienti dal resto d’Italia in Lombardia che in termini di attrattività non ha pari a livello nazionale (ogni anno vengono curati 150.769 malati extra-regione che valgono 665 milioni). Sono successi che, anche se a fatica, resistono. Il «modello lombardo» porta, però, anche a enormi storture emerse dagli scandali giudiziari, primi tra tutti quelli del San Raffaele e della Maugeri. Provvedimenti come «le funzioni non tariffabili» e «le maggiorazioni tariffarie» sulla carta vengono varati per riconoscere più rimborsi a chi fa attività complesse (come il pronto soccorso, i trapianti, la riabilitazione e la ricerca). In realtà, come emergerà dalle carte della Procura, dietro l’approvazione di numerose delibere c’è il lavoro dei lobbisti Pierangelo Daccò e Antonio Simone, amici di Formigoni, che dietro ricompense milionarie fanno gli interessi del San Raffaele di don Luigi Verzé e della Maugeri di Pavia. A sua volta il Celeste, per i giudici che l’hanno condannato anche in terzo grado,
ha vantaggi quantificati in 6,6 milioni di euro.


L’inchiesta
In realtà, anche dopo la caduta del Celeste, poco viene fatto per correggere i meccanismi del «modello lombardo» che non devono portare a impoverire gli ospedali pubblici per fare guadagnare i privati più propensi a programmare la propria attività in base ai fatturati. Poche settimane fa il governatore Attilio Fontana ha annunciato la volontà di cambiare rotta, con l’intenzione di chiedere ai privati di programmare la propria attività in base alle cure considerate più necessarie e di evitare il ricorso a ciò che è maggiormente remunerativo, ma clinicamente meno rilevante. È la scommessa su cui si gioca l’XI legislatura: salvare quel che di buono nonostante tutto c’è nel «modello Formigoni», avendo però il coraggio di eliminarne le storture. Nell’interesse dei malati.

Burioni , ha ragione. Se non prendiamo la situazione con il pugno di ferro, moriranno molte persone.E finiamola di dare la colpa al Governo. Negli ultimi dieci anni la sanità è stata stuprata dai ladroni di turno ...La Sars era il banco di prova, e nessuno ha fatto nulla.Complotti, e cagate varie, non aiutano.Ma guardiamoci attorno:sconvogimenti climatici, virus sconosciuti che saltano fuori dai ghiacciai che si sciolgono, spore rimaste ibernate per milioni di anni che si risvegliano .Facciamo i duri, guerre, razzismo, odio viscerale, spendiamo miliardi di dollari o euro per costruire armi, per mandare l'uomo su Marte, invece di investirli nella ricerca e nella sanità. Il Sistema sanitario è quasi al collasso!!! E loro? i politici da 4 soldi, CONTINUANO A SPERPERARE MILIARDI .

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